giovedì 10 aprile 2008

indignarsi


Accade in via Luca Giordano, centro Vomero alle ore 18,00. Un soggetto di sesso femminile intorno ai 50 parcheggia in seconda fila davanti alle strisce gialle dell’autobus. Sfoggiando la noncuranza di chi sta tenendo un comportamento pienamente normale, la valchiria partenopea, tutta morbida di curve mediterranee distribuite ovunque, abbandona l’auto per un giro di shopping. Il conducente di un autobus della linea V1 che sopravveniva tenta di richiamarla all’ordine. Dopo qualche tentennamento dovuto alla sorpresa dei essere stata richiamata, la disinvolta parcheggiatrice si degna di avviare un colloquio con l’autista ANM e negozia un allontanamento dell’auto. Sbuffando abbandona la sua posizione, seccata assai che qualcuno si fosse permesso di mettere in discussione le sue sacrosante prerogative di automobilista napoletana. Intorno il solito capannello di persone in attesa degli autobus. Gente normale: una signora cingalese esprime con garbo la propria disapprovazione che si unisce alla mia, già in atto e molto meno sommessa. Un distintissimo signore, poi rivelatosi docente universitario, guarda nella mia direzione e si dichiara sorpreso della mia meraviglia ed indignazione. Ne nasce un pacatissimo colloquio sui temi, ormai troppe volte percorsi, della necessità di abbandonare Napoli, città avviata ad un destino di declino ineluttabile. Alle mie obiezioni, alcune di ispirazione ideologica ed altre di pura testardaggine, si unisce la giovane signora cingalese. Deve vivere a Napoli, non ha scelte di comodo e vorrebbe una città più civile. Afferma di non voler arretrare di fronte alla dilagante mancanza di rispetto degli altri. Vuoi vedere che è da questa prospettiva, cioè da quella delle persone che non si possono permettere di abbandonare la città, che è possibile ricreare un sentire comune contro i lazzari, gli arroganti, i falsi indifferenti. Mi farebbe piacere ricevere un commento per ampliare la platea dei resistenti silenziosi, capaci ancora di provare indignazione, poco disposti a lasciare ulteriore spazio a chi di fatto rende ogni giorno meno vivibile questa città.

martedì 8 aprile 2008

quest'uom pagato io l'ho!



Se domandaste a Maria perché "deve" mangiare in braccio a zio Peppe ricevereste una risposta precisa e che non lascia dubbi. Ci ha provato il padre, tentando di farle il consueto predicozzo con le istruzioni prima del pranzo da nonna Ada: mangia al tuo posto, mangia tutto, non ti alzare da tavola se non con il permesso dei grandi etc. Maria, fanciullina pratica e abituata a percorrere strade dirette, ha accettato, non sappiamo quanto in buona fede, una parte delle indicazioni; ma su un punto non ha avuto incertezze: mangerò in braccio a zio! All'obiezione paterna "spiegami perché" non ha esitato ad affermare con assoluta sicurezza: perché è mio! E quando il padre ha tentato di prenderla in giro chiedendole quando mi avesse comprato ha risposto: "me lo hanno messo in uno scatolone ed ho pagato - udite, udite ! - quarantamila euro". La pirchipetola ha accettato in questo discorso surreale la logica del padre, usando il concetto della confezione e del prezzo per non arretrare di fronte al sarcasmo dell'interlocutore. Fino al punto di darmi un valore che non merito di certo. Maria sa, per certo, che io sono suo. da sempre, senza bisogno di parole, non ha avuto bisogno di dichiarazioni o miei abbandoni. Ha istintivamente sentito, da animaluccio selvatico ed intelligente quale è, che io la stavo aspettando per volerle bene. Ed è bastato incontrarci per mettere in chiaro il nostro patto. Ci vorremo bene fino a quando potremo e lei potrà mangiare sulle mie gambe finché ne avrà voglia, chiedendomi di imboccarla anche se non ne ha bisogno o di fare qualche trucco per far sparire cose che non vuole mangiare. E' così ed è stato così anche con Esterina mia quando era piccola. Solo che a sette anni il destino si è messo di traverso e non mi ha più permesso di vederla tutti i giorni o di crescermela come avrei voluto. Vorrei che così non fosse con la piccola Maria. Deciderà lei quando non le servo più ed è giusto che sia così.