domenica 29 aprile 2012

Idee in fermento

Succede anche che una persona di buona volontà crei un sito Facebook con la rivoluzionaria etichetta di Idee per.. , aggiungendo il nome di un piccolo centro lucano della provincia di Potenza. Rivoluzionaria perché  le proposte di segno culturale e divulgativo hanno tutte, sia pure in varia misura, la capacità di sconvolgere vecchi equilibri, consentire l'ingresso di nuove voci, aggiungere la foto di uno spaccato di umanità.
Il sito riesce ad ottenere oltre mille aderenti in pochi giorni, pari ad un quinto della popolazione residente. Primo risultato di rilievo assoluto. Ancora, partecipano alle attività persone in prevalenza giovani. Che cominciano ad annusarsi e poi avviano piccoli dibattiti interni. In alcuni casi utili e formativi, in altri meno. Ma è il rischio di iniziative del genere. Si confrontano capacità espressive di diverso livello, ma anche contenuti, con proposte per quello che potrebbe essere il percorso futuro del piccolo centro. Un po' libro dei sogni, ma anche tanto sano buon senso e fiducia in quello che sarà.
La gente delle nostre parti è orgogliosa e puntigliosa. Capita così che nel sito non manchino gli scontri, non sempre in punta di penna, ma spesso veementi.
Sulla piccola collettività in itinere che cerca la sua identità ed i suoi riferimenti scoppia all'improvviso la "febbre elettorale" per le elezioni di domenica prossima, 6 maggio.
Dapprima lo spazio si rivolge a tutti, invitando i competitori al confronto; pubblica i programmi, talvolta penando per i ritardi delle parti interessate. Mostra a tutti gli utenti di FB i comizi delle tre formazioni in lizza. Circostanza quest'ultima di speciale significato, perché rende possibile anche a chi si trovi lontano dal paese di rendersi conto delle proposte e delle persone che intendono rappresentarle.
La piccola quiete del sito viene però definitivamente sconvolta. Accuse di faziosità, ovvero di prendere parte per gli uni piuttosto che per gli altri, invettive personali, candidati in delirio da autoelogio o da eccessiva esposizione. Di tutto, di più, in piena "crisi da web". Accompagnato dalle  lamentele di fondo di quelli che interpretano la divulgazione della corsa elettorale come tradimento della vocazione originaria di Idee per ..
In soldoni, stiamo parlando di democrazia in senso nobile: confronto, dibattiti, prese di posizione, precisazioni e messe a punto, rivendicazioni. Altro che le chiacchiere dei bar o delle panchine.
Resta solo da vedere se questo spazio resisterà alla sua stessa crescita vertiginosa o si farà trascinare nei vortici del "teatrino della politica".
Sarebbe un vero peccato: è nata una piccola stella di democrazia partecipata. Facciamo in modo che diventi una galassia di umanità vera e di speranza per chi oggi ne ha veramente poca.

domenica 22 aprile 2012

archistar e movimentisti: le nuove bugie su Napoli

Un attento lettore di Repubblica Napoli fa giustizia sintetica, ma non superficiale, di molti luoghi comuni e della retorica prevalente a proposito di una delle città più sfortunate del mondo.
Concisi ma assai incisivi i suoi commenti: " La volgarità, la strafottenza, l'approssimazione, il malaffare, la delinquenza ci hanno avvelenato per troppo tempo e continuano a farlo. ..- dobbiamo prendere le distanze da chi la infiocchetta, manco fosse una sciantosa, da nastrini rossi ... Napoli non può essere un luogo dello spirito in cui la fantasia e la creatività sovrastano la realtà e diventano il suo rumore di sottofondo ... una metropoli che ha di questa tutti gli svantaggi e pochissimi vantaggi."
Condivido in larga parte la sostanza di questa argomentata opinione. e ritrovo in questi accenti alcuni spunti già sviluppati in altri post recenti e più risalenti del mio blog.
Ogni volta che abbiamo creduto o sperato in qualche nome nuovo o in qualche movimento che sembrava di rinascita, ci siamo dovuti ricredere. "Impupazzamenti" urbani, finte rivoluzioni di organigrammi e nomi di dipartimenti, proclami forti smentiti da fatti deludenti o fallimentari.
Nella sostanza la effettiva incapacità delle amministrazioni comunali succedutesi nel tempo ad affrontare anche uno solo degli innumerevoli mali da cui è affetta questa grande malata.
E troppo spesso anche l'onesta ammissione dell'enormità del problema e delle ridottissime facoltà degli amministratori è stata taciuta fino alla deflagrazione di questo o quel problema.
A quel punto il rinvio inevitabile alle responsabilità del centro, all'incidenza del grande nemico rappresentato dalla criminalità
Anche negli anni '60 c'era la criminalità napoletana e campana ad opprimere la città. Ma si mantenevano ai confini del malaffare: furti, scippi contrabbando di sigarette, piccoli soprusi di quartiere nel quale regnava la pax assicurata dal guappo di zona.
I veri guai sono cominciati con la contaminazione e poi con la sovrapposizione di crimine e politica. Come si fa a farsi eleggere in Comune? Ci vogliono centomila voti di preferenza? Ecco che scatta lo schema dell'integrazione tra uomini bendati e colletti bianchi. Fino al punto di confondere gli uni con gli altri e di creare gruppi di interesse economico dove non si distingue più capitale e manovalanza.
Città estrema? Oppure ridotta allo stremo dalla sua stessa incapacità di osservarsi e di risollevarsi. Di ritrovare una dignità forse non di popolo, che non è mai stato tale in senso proprio, ma una decenza di comunità civile. Quel minimo etico fatto anche di di convenienza pratica, di intelligenza spicciola, di consapevolezza del tanto da fare.
Sempre peggio invece. Ci blindano la città per una manifestazione nautica sbandierata come grande. Che si rivela un flop da tutti i punti di vista.
Se era il fiore all'occhiello, magari l'unico della nuova giunta, farebbero bene ad archiviarlo presto e a non aggiungere altri danni a quelli già prodotti. Già si sentono le solite sirene stonate di archistar e movimentisti un tanto al chilo che si posizionano rispetto ai fumosi progetti che potrebbero scaturire da quelle rovine da Americas' Cup.
Scomparite per favore, fatevi da parte, non sappiamo chi potrà fare il bene civico. Sappiamo per certo che voi rappresentate una porzione, non trascurabile, dei mali accumulatisi. In un'altra parte del mondo vi avrebbero perseguiti e messi alla gogna. Dobbiamo ancora sopportarvi?


martedì 17 aprile 2012

Storia e manipolazione della verità storica

Dall'intervista al prof. Franco Cardini

Il conformismo è, da sempre, nemico della verità e dell’impegno civico. Specie quello che passa nei manuali scolastici e nelle idées reçues. E soprattutto quello che per illegittima difesa di poco nobili interessi e di chiarissimi obiettivi di potere pretende addirittura di venir tutelato dalla legge, sottraendo temi e problemi storici alla discussione e alla ricerca, per farne oggetto di immobili dogmi attentar ai quali sarebbe un crimine. La verità storica non è un dato assoluto né incontrovertibile: essa dipende sempre e comunque dalla ricerca, dal progresso tecnico e metodologico della ricerca, dalla libertà della ricerca.
Una componente necessaria di tale libertà di ricerca è la verifica, la revisione, quando è necessario la ritrattazione. Uno storico serio, oggi, deve rivendicare con fierezza il diritto di rimettersi in causa se ritiene di avere sbagliato e di cambiar idea tutte le volte che ciò sia reso necessario dall’evidenza dei risultati delle ricerche. È necessario essere revisionisti in tutto e per tutto, a trecentosessanta gradi. Per parafrasare il grande Shakespeare, se c’è qualcuno che vuol vivere di rendita e aver sempre ragione nascondendo la sua ignoranza e la sua malafede dietro la pretesa che le sue menzogne vengano difese da leggi assurde, che si faccia avanti e che parli: perché è lui che noi sfidiamo.

i giostrai non vanno mai a casa

Capita così, ad un certo punto della recente storia italica, che una banda di ladroni inciampi sulla classica buccia di banana da Pio albergo. Un "mariolo" come lo definì il capobastone, invece di capire anche lui che era ora di fuggire. Cosa che lo stesso gran pachiderma farà più tardi, quando avrà completamente perso la faccia. Ma dicevo, in quel tempo difficile, era assai diffusa l'incazzatura di gente normale del nord. Si chiedevano, non a torto, se i loro denari dovessero liquefarsi in tasse e balzelli per ingrassare i soliti porci ingordi. Troppo giusto! A suonare la grancassa fu un astuto nullafacente, che fiutando l'opportunità imperdibile, si inventò letteralmente una affascinante serie di cazzate. Quali la razza padana, la difesa del gruppo etnico, i simboli del nordest. Macroscopiche minchiate, a ben vedere: l'ampolla, il fiume eridanio, la croce celtica, il carroccio, la spada di Alberto da Giussano. Una figura leggendaria della metà del dodicesimo secolo, sulla quale non c'è niente di sicuro o documentato. Non poteva esserci quindi personaggio migliore per sparare menate a più non posso, destinate ad affascinare una popolazione di cultura media che sbottava da tempo contro le conventicole pseudocristiane e falsosocialiste. Così nacque il mito del senatur, incapace di combattere con condizionali e congiuntivi, ma dalla parola tuonante. Roma ladrona, i forconi, le baionette padane, le guardie verdi. Un circo verde, che nel tempo diventava grandioso, sostenuto dai voti di chi credeva alle amenità propinate.
E il furbo ex disoccupato cronico capisce di aver scoperto la sua pietra filosofale che trasforma in oro la feccia e lo strame. Addio miseria, pensava contento e soddisfatto delle sue astute invenzioni e del seguito crescente che otteneva quello spargimento di niente.
E, come tutti i furbi, ad un certo momento del suo oscitante percorso fantapolitico, si tira definitivamente la zappa sui piedi, reso cieco dal proprio delirio di onnipotenza.
Crea un cerchio magico a protezione dei suoi interessi, composto da persone considerate di fiducia massima. E arraffa tutto il possibile a fine proprio e dei suoi approfittando dei tempi bui della politica che hanno fatto consolidare e prosperare una minuscola figura umana e politica. Diventa di questo il maggior alleato, poi il nemico, poi di nuovo la trave di sostegno, leggi il suo ricattatore abituale.
Arriva anche per lui il momento del tramonto e come sempre sono le seconde generazioni a tradire. Su quattro figli avrebbe potuto sperare di averne uno con onde cerebrali medie, insomma normali. Niente! Uno più sfessato dell'altro; ingordi e smaniosi di mostrarsi persino in pubblico, mentre avrebbero dovuto osservare uno strettissimo profilo privato.
Il tutto mentre il nostro a causa di un ictus coperto da pettegolissimi silenzi è ormai arrivato al capolinea.
Gli attacchi interni di ex fratelli di lotta lo mettono nell'angolo definitivo. E da attore consumato recita le sue ultime battute. Che avrebbero dovuto essere: cari amici ci abbiamo provato, ci hanno sgamato, non ci resta che scomparire. E invece no, patetiche confessioni, lacrimose ammissioni di responsabilità minori, anche perché il c.d. movimento esiste. E deve produrre ancora i suoi vantaggi ai nuovi timonieri.
Una storia italiana come altre, certo di proporzioni minori di quell'altra che regge ancora, sostenuta da una delle fortune economiche maggiori del povero paese e di origine assolutamente misteriosa.
E ancora una volta una vicenda umana che insegnerà niente. Tra qualche tempo da qualche cespuglio spunterà un nuovo "masaniello", capace di vendere le sue mercanzie di frottole e promesse e diventerà uno "statista". Perché l'incapacità tutta italiana di porsi le vere domande del pessimo stato in cui è ridotta la nazione prevarrà ancora una volta. E quindi prepariamoci a battere le mani a chi arriverà!

lunedì 9 aprile 2012

Il Grande Fratello è in azione

Il Grande Fratello funziona. Davvero. Alimentato dalla nostra stessa smania di apparire, di condividere, di tentare di essere presenti nel mondo attraverso i social network.
Basterebbe osservare con attenzione la profilatura dei nostri account Facebook per individuare, rapidamente, che persone siamo. Gusti letterari, musicali, preferenze per luoghi turistici, identificazione politica. Basta essere appena attenti alle scelte dei singoli partecipanti per poter creare un identikit abbastanza preciso. E sapere così che cosa ci interessa, per chi votiamo, dove trascorriamo il tempo libero e come; le nostre tendenze in fatto di religione, di sesso, di abitudini correnti. E lo abbiamo voluto noi quando abbiamo "cliccato" la prima volta sul social NW. Anche questa una scelta, mi potrete dire. E a questo punto però è giusto interrogarci sulla effettiva libertà di questa scelta. Troppi condizionamenti ed il timore di sembrare fuori da ogni contesto ci portano ad aderire ad iniziative senza avere l'esatta consapevolezza della portata di un simile passo.
Negli ultimi giorni mi è capitato di assistere su un sito collegato al mio paese di residenza ad un buffo contrasto dialettico tra un signore amico ed una giovanissima sconosciuta. Un uomo di quasi sessanta anni con ampia esperienza umana ed elevata cifra culturale che è inciampato in una "querelle" fantapolitica con una ragazza di 18 anni. E quest'ultima, forte della propria meravigliosa inesperienza, si lancia in affermazioni di segno forte. In parte derivanti dall'atmosfera casalinga ed in parte dal desiderio di contestare un interlocutore molto più grande di lei.
Il contrasto è buffo, dicevo, perché il mio amico, molto soprendentemente, non si è accorto di aver fornito il destro ad una serie di rilievi della sua contestatrice, fornendole una dignità di interlocuzione che diversamente la vivace giovane, senza sua colpa, non potrebbe ancora meritare.
Riflettevo così sul fatto che spesso siamo noi stessi a procurarci disagi ed inutili ronzii, specialmente se ci andiamo a confrontare con improbabili contendenti sul terreno di questi grandi balconi informatici. Dove è possibile dire tutto. E proprio per questo dove maggiore deve essere la capacità di controllo di chi ha elementi per intendere e volere

martedì 3 aprile 2012

compostezza ed imbecilli

Se ad un dirigente aziendale giovane e capace offrono un nuovo ingaggio non c'è nessuno che si sorprenderà del distacco e dell'accettazione nuovo incarico. Si dirà: sta facendo la sua strada, sta costruendo la sua carriera. Questa accettabile e comprensibile logica che determina le scelte di giovani lavoratori non trova più accoglienza se, per caso, non di un manager si tratta, ma di un pedatore. In questo caso subentrano le passioni ispirate dal tifo, se non dal fanatismo, e si interrompe la serie logica. Capita così di assistere a patetiche campagne denigratorie contro il calciatore, reo di aver accettato proposte di ingaggio più interessanti e di maggiore prospettiva professionale. Ancor peggio se quel calciatore lascia la squadra della sua città per andare in altri club.
Da un paio di anni il calciatore Fabio Quagliarella, nato a Castellammare di Stabia, ha accettato le proposte della Juventus e si è trasferito a Torino, dopo un solo anno di alterne vicende nel Napoli, spesso fischiato e contestato in campo dai conterranei. Fiutata l'aria di marcata ispirazione sudamericana che girava negli spogliatoi, il nostro si è accasato a Torino, senza peraltro rilasciare dichiarazioni significative, quasi a voler rispettare quel tacito patto omertoso che da sempre regna nel calcio dei professionisti in circostanze simili.
Dal primo giorno di allontanamento, i sedicenti tifosi partenopei - ma andrebbero definiti diversamente, forse attingendo a termini desunti dalla psichiatria - si sono accaniti a dare del reprobo al povero giocatore. Infiniti i soprannomi denigratori, così come le offese vie internet e gli striscioni di dileggio a questo sventurato. Una specie di bersaglio continuo della torcida azzurra. E lui, mi chiederete? Impeccabile, a mio avviso, senza fare una piega rispetto a tanta dimostrazione di odio ingiustificato.
Così capita, nell'ultima partita di campionato tra Juve e Napoli che Quagliarella segni un gol, dopo aver precedentemente mancato di poco il bersaglio con un tiro beffardo che solo lui poteva concepire. Il nostro, dopo aver visto la rete azzurra gonfiarsi, non ha fatto una piega e non si è lasciato andare ad una liberatoria euforia con tanto di dedica ai suoi denigratori. Ha dimostrato una compostezza ed un controllo personale assolutamente insospettabili, non ha gioito, nonostante le sollecitazioni dei compagni di squadra.
Gli imbecilli pseudotifosi non riusciranno a trarre alcuna lezione da questo comportamento. Altrimenti non sarebbero imbecilli. Però i sostenitori autentici del Napoli, come il vostro etrusco, che ha seguito la squadra sempre ed in ogni momento, triste o gioioso che fosse, non possono che rimanere positivamente colpiti da una simile manifestazione di equilibrio.

lunedì 2 aprile 2012

il miglior atleta da allenare?

Nel mondo dello sport è largamente diffusa una lugubre battuta: il miglior atleta da allenare? Un orfano! C'è una letteratura ormai secolare sulle figure dei genitori degli sportivi. Tanto è stato scritto e tanto ancora c'è da leggere. Il meccanismo è sempre lo stesso: l'ansia da prestazione dei padri e delle madri investe i poveri piccoli sportivi. Che magari volevano fare un po' di moto per stare con i compagni, per non rincretinirsi davanti ai videogiochi, per tenere una linea da ragazzi. Macché. A quel punto entrano in ballo tutte le frustrazioni, la mentalità del guadagno facile, i sogni andati a male. Ed il genitore del piccolo sportivo si manifesta come essere pericolosissimo per l'educazione e la crescita equilibrata del figlio. Genitori che litigano tra loro ai bordi dei vari campi di competizione; altri iingaggiano duspute di alto contenuto tecnico con i maestri e d i preparatori dei piccoli. Altri ancora entrano dalla porta di servizio dello sport come arbitri, componenti di federazioni, responsabili di strutture sportive. Al fine unico di "proteggere" l'espansione dell'attività agonistica del presunto talento. Da oltre 45 anni ho visto che cosa significhi la presenza di questi personaggi nel mondo dello sport e quanto male riescano a fare ai figli.
Nella mia campagna antigenitori non riesco ad essere così prevenuto da non riconoscere che questi soggetti svolgono comunque la funzione di finanziatori e accompagnatori dei piccoli atleti. Ma dovrebbero capire che il loro compito si ferma a quel punto preciso. Senza invadere competenze ed aree di altri che svolgono compiti formativi in forza di un'abilitazione professionale.
L'esperienza insegna che nella quasi totalità dei casi l'ansia dei genitori si tramuta in un flop delle attività dei figli: molti abbandonano, non sopportando il fardello dei genitori; altri conseguono risultati assolutamente inferiori alle possibilità. Esistono anche esempi in senso contrario, ma rari e per di più in sport dove il bacino di utenza è ristretto e i praticanti in numero ridotto.
Come difendere i giovani da questi fanatici in cerca di rivincite personali? Non credo che esista un metodo legalmente e umanamente accettabile. Solo sperare che nei tanti casi del genere il piccolo cresca in fretta e sappia prendere per tempo le distanze, utilizzando l'esperienza per distinguere un sano rapporto padre/figlio dal falso amore e dal frainteso senso di protezione. E che se ne serva per non commettere gli stessi errori nei confronti dei propri figli.