martedì 28 giugno 2011

mi dimetto!

Panico. Meraviglia. Sconforto. Queste le reazioni emotive dei fan di Vasco Rossi all'annuncio del cantante di voler abbandonare il ruolo di "rockstar". Si perché di questo si tratta. Un uomo che, arrivato a sessanta anni, non se la sente più di camuffarsi da icona rock e di spendersi davanti a folle oceaniche che lo acclamano. E dice: basta. Continuerò a scrivere musica, a fare qualche concerto o, meglio ancora, ad esibirmi per la folla in modo assolutamente non preventivato. Quando ne avrò voglia.
Sempre che non si tratti di un'operazione di marketing, mi viene voglia di andare al suo paese e stringere la mano del Blasco. Bevendo insieme un bicchiere di quello generoso che abbonda in quelle zone. Esempio quasi unico di personaggio di notorietà ampia che decide di "dimettersi", cioè di adottare una procedura sconosciuta alla gente italica. Ed in particolare a quei nostri connazionali che, in un modo o nell'altro, hanno raggiunto fama e onori di pubblico. Anche la sola idea di una "dimissione" viene dai più considerata come una strana anomalia comportamentale. Ma come? Dopo tanti anni di onorata (?) carriera e pensando agli sforzi per raggiungere il successo, uno che fa? Se ne va.. e lascia il flash adrenalinico di salire su un palco ed "emozionarsi" col pubblico. Non credo alle emozioni seriali, a quelle che si ripetono a comando. Mi sembra piuttosto un modo marchettistico per fingere contatto col pubblico. Un cantante che ripeta per mille sere di seguito anche le note più indovinate, a mio avviso finisce con il detestare anche le proprie creature. Penso a De Gregori che ormai gioca a non scandisce nemmeno più le parole dei propri brani o che inventa tanti diversi arrangiamenti proprio per non entrare completamente nella gogna della "routine".
Quindi per un Vasco che, almeno a quanto sembra, lascia lo spazio e lo sforzo fisico immane di sostenere le folle oceaniche, troppi ne restano che vedremmo quietamente in pensione. E che preferiremmo ritrovare giusto per ricevere, di tanto in tanto, un premio alla carriera.
E invece no! Non è così (Tenco docet). Restano fino all'ultimo fiato, camuffandosi da giovani fin quando è possibile, grottesche maschere che fingono vitalità per una sera, tranne poi a dover fronteggiare i mali di tutti i mortali "anziani". Sciagure che non cito, ma che facilmente, chi è "oversixty" potrebbe aiutarmi ad elencare.
Torno al nostro, Vasco e, salvo ripensamenti, gli dico grazie per le buone cose musicali che ci ha proposte e soprattutto per la decisione di cercare l'ombra della tranquillità.

lunedì 20 giugno 2011

inglese e spagnolo obbligatori

Le peregrinazioni vomeresi sono fonte di riflessione. Il quartiere è quello che è: borghesia di medio livello sociale e culturale. Ma ciascuno degli abitanti pensa di essere in qualche misura un privilegiato a cui deve essere riservato un trattamento speciale per sè e progenie. A nulla conta la sempre più evidente egemonia di un altro e pervasivo elemento sociale. La camorra ha infatti allungato le sue spire su quasi tutte le attività economiche, controllandole con metodi criminali ovvero infiltrandosi e proponendosi come imprenditore commerciale. Negli ultimi 50 anni le facce dei miei vicini di casa o delle persone che incontro sono profondamente mutate. Altro tipo antropologico, modi che niente hanno a che vedere con la mitezza di un tempo. Il cavaliere ed il ragioniere degli anni '60 sono stati soppiantati da ben diverse figure umane. Piccoli e medi faccendieri, apparentemente alla ricerca del "colpo" che risolva i problemi pratici. Commercianti improvvisati che non sanno come trattare l'umanità in genere, figuriamoci il potenziale cliente; e per concludere, sedicenti politici . E intanto diventa sempre più amaro non avere alternative di vita e dover accettare questo muro di violenza che avanza e che in qualche maniera ti schiaccia e riduce i tuoi spazi al minimo.
Un caffè, in un esercizio di quelli aperti da sempre. E l'incontro con un tale, coetaneo e ben noto alle cronache politiche e giudiziarie cittadine, che ti saluta e ti propone la sue ricette per varie problematiche. Intanto ha risolto quello dell'abbondanza eccessiva della categoria degli avvocati con un numero chiuso. Alla mia timida, ma temeraria obiezione, che i giovani laureati in legge di oggi non sanno che fare; mentre, aggiungo, ai tempi nostri c'erano tante possibilità quali enti statali e parastali, assicurazioni, banche. Oggi il neolaureato può solo prendersi una borsa - e una moto quale obbligatorio accessorio - e tentare anche lui la sorte dei vari livelli di corti e Autorità.
Pronto il rimbrotto del compagno di caffè. La competenza farà poi la selezione: basterebbe rendere obbligatori inglese e spagnolo dalle medie e avverrebbe così una prima scrematura. Volevo farmi forza e non replicare. Ma a simili corbellerie non ce la faccio a resistere. E gli ho quasi gridato in faccia che così solo i figli dei borghesi avrebbero avuto qualche possibilità. E gli altri? Gli neghiamo il diritto allo studio? Li espelliamo dall'istruzione iscrivendoli dall'adolescenza al precariato definitivo? Ah, ha concluso: "questo è un altro problema ancora più grosso". A puro titolo di informazione di chi avesse l'avventura di leggermi, dirò che il signore in parola, esponente di partiti di ispirazione democratica, ha avuto incarichi nel Comune ed in strutture sanitarie. Per fortuna le ultime elezioni lo hanno tenuto fuori dalle responsabilità elettive. Ma credo che non mollerà, purtroppo. Di gente come lui c'è ancora tanto bisogno. Quanto meno per pensarla in modo diametralmente opposto..

martedì 14 giugno 2011

http://www.corrieredelsannio.it/2011/06/14/forziati-una-storia-di-marketting-della-salute-presentazione-del-libro-da-loffredo-napoli-alle-18/

il vento del sud pulisce l'aria

Il vento di piazza Tahrir è arrivato fino alle coste italiane. E' proprio così, non ci sono dubbi! Come ogni scirocco che si rispetti, persino quello che ci fa imprecare per la sabbia sulle auto, il vento delle proteste nordafricane ha invaso Europa e Asia. In pochissimi giorni sono stati smantellati apparati statali di profilo dittatoriale, sconvolti equilibri che parevano intoccabili e blindati dalle oligarchie locali. La Libia è in guerra civile, l'Egitto rigirato come un calzino, Yemen e Siria in fermento e colpiti dalla dura repressione. In Spagna, i giovani "indignatos" occupano da oltre un mese una delle piazze maggiori di Madrid.
E' bastato dare fiato alle proteste, ampliate dalla potenza della diffusione tramite web. E persino la povera Italia, resa sonnolenta ed imbolsita dalle sirene delle televisioni commerciali, ha dato segni inequivocabili di riscossa morale. Tanto le elezioni amministrative in grandi città, quanto il referendum hanno fatto riscoprire alla gente il piacere della politica. Di quella con la "P" maiuscola, non di quella pantomima sviluppata ogni giorno dalle tante macchiette di maggioranza ed opposizione. E' bastato che qualcuno, sottovoce, abbia passato un messaggio di speranza: proviamoci! Abbiamo così davanti agli occhi una realtà che fino a pochi giorni addietro sembrava un'utopia.
Si, è vero ! Possiamo disfarci del nano arrapato, delle sue truppe di slinguazzatori, delle ballerine di sesta fila passate per "etoiles".
Ma dobbiamo anche chiederci chi potrà sostituire gli attuali inguardabili saltimbanchi, restituendo dignità alle istituzioni ed efficacia all'azione di uno stato.
E la domanda è di quelle assai difficili. Allo stato possiamo esprimere una certezza. Deve andare via questo pagliaccio degenerato, ma è altrettanto vero che devono scomparire tutti quelli dell'opposizione che hanno vissuto le loro storie politiche e vista crescere la loro visibilità soltanto attraverso la critica sistematica al piccolo uomo.
I referendum, così come le amministrative, hanno confermato che l'elettorato non vuole essere condizionato dalle scelte preconfezionate dei partiti. Vuole invece dare le proprie indicazioni, che rispondono esattamente alle esigenze reali di chi vive la vita di tutti i giorni e si confronta con le difficoltà effettive della vita quotidiana.
Difficilissimo passare dal movimentismo diffuso alla gestione reale della cosa pubblica. Ma il tentativo di buona fede va fatto. Per il Paese e per il suo futuro, peri i suoi giovani disperati e per gli anziani confusi.
Oggi godiamoci questo successo della buona volontà, ma rendiamolo pieno di contenuti positivi.

giovedì 9 giugno 2011

la banana griffata..no!

Un giovane .. amico, che si firma "giochi," mi ha chiesto la pubblicazione di un sua esternazione sull'ennesimo scandalo del calcio scommesse. Negli anni, ho tentato più volte di redimerlo, inducendolo a ripensare alla sua fede calcistica in termini di maggiore pacatezza. Pare che questa volta a fare due più due sia arrivato da solo.
"Mi viene da dire una cosa poco politica nella mia città: se il Napoli è coinvolto nello scandalo scommesse sono felice che non vada in Champions. Eppure la mia fede negli azzurri è certificata, e da alcuni interventi su vari giornali, e dal fatto che sono stato l'organizzatore di eventi come il "Giubileo maradoniano", sorta di omaggio culturale al Pibe de Oro. No, mi spiace: se venisse verificata la non estraneità ai fatti sarei contento di vederli pure finire in B, i miei ex beniamini. Si macchiano del delitto più infame che in uno sport può essere commesso: quello della fine di un sogno. Il sogno si costruisce poco a poco, ti accompagna la domenica e così non fai in tempo a godere della vittoria che già palpiti per la prossima gara. Quest'anno è stato così, con tutti quei successi al novantesimo e tutte quelle prestazioni da sogno, immortalate dalle prodezze di Cavani. E che dire del tramonto del fascino della rimonta? Ricordo la vera prima rimonta cui ho assistito, Napoli Fiorentina dell'89. I viola conducevano 2 a 0 al San Paolo, Baggio aveva appena siglato il gol più bello della sua carriera, alla Maradona, scartandosi anche le panchine. Poi entra Diego, sbaglia un rigoree suona la carica per i suoi compagni che finiscono per vincere a due minuti dalla fine con un insperato 3 a 2. E che dire della rimonta in due gare contro la Juve, in Coppa Uefa, quella della rete di Renica al 120 del secondo tempo supplementare? Insomma, la rimonta è la vera storia del calcio; del calcio è la narrazione, perché di una trama ha tutti gli ingredienti. E' la suspence di fine libro, quello che si ti dicono l'assassino meglio se lo chiudi.
Ma ripeto, se come dicono le notizie dell'ultim'ora, il Napoli si fosse venduto le partite, sarei il primo ad invocare la forca. Già mi vedo orde di supporter chiedere la mia testa, ma quasi mi fa piacere uscire da questa sbornia di cazzate, di gadget azzurri, bambolotti con la faccia del Pocho e banane (davvero, hanno griffato anche quelle) con la scritta "N".
Napoli ha davvero la tifoseria più cretina d'Italia, stupida come mettere la mozzarella in frigo. E mi piacerebbe vedere le miriadi di trasmissioni nate sotto il nostro nuovo miracolo come funghi, chiudere per bancarotta. Con tutto il sottobosco di esperti e opinionisti sul sesso degli angeli. Napoli è una città sempre ridondante: qualunque bel momento, anche agonistico, si riduce al rango della sagra della polpetta di Purchiano. Tutto, magari, per una squadra di mercenari. Ma che è? In quale brutto film di Natale siamo precipitati?
giochi"

mercoledì 1 giugno 2011

il colpo in canna

Elezioni straordinarie, direbbero gli strilloni di una volta, aggirandosi tra la folla. Niente di più vero, proprio quando la morfina subdolamente iniettata nelle coscienze stava per addormentare il senso dell'indignazione. La "ggente" c'è ed è molto migliore dei suoi politici, o meglio di quei rappresentanti che la casta impone. Saranno degni di memoria Scilipoti, Straquadanio, Santanbé e altre simili offese al minimo etico e di buon gusto? Spazzati anche loro come pattume, assieme ai padroni delle scope, rinchiusi nel ripostiglio dell'oblio. Intanto c'è da capire non solo perché si è vinto, ma soprattutto come andare avanti in contesti quasi impossibili. Città con tanti problemi, alcune addirittura oltre la linea del collasso civico. Basterà la serietà degli intenti? O torneranno le logiche di sempre, cioè quelle che vedono in ogni aggregato cittadino un gruppo egemone; capace di uscire vittorioso attraverso ogni bufera e ogni cambiamento. A Napoli, potremo ricordare l'entusiasmo napoletano che seguì all'insediamento del primo Bassolino. In breve fagocitato per limiti culturali propri e di visione politica, dal "sistema borghese" di Napoli. Qualche secolo prima di lui Masaniello, illuso per qualche giorno di essere diventato il capo di una città infame, in grado di smorzare ogni entusiasmo e di vanificare ogni speranza di giustizia e di governo popolare.
A Luigi Der Magistris il compito di guardarsi prima di tutto dal fuoco amico. E poi di mettere mano, secondo il mandato ricevuto, a quella che è riduttivo definire una missione impossibile. Non basteranno la buona fede e la capacità di aver saputo captare il silenzioso grido di protesta. Attraverso le prime scelte degli uomini di contorno capiremo che aria tira.
Intanto un auspicio ben augurante al neo sindaco. E ancor meglio delle parole sarebbe un patto silenzioso. Faccio un esempio, ma altri meglio di me potrebbero rendere concreto il senso della proposta. Ogni napoletano per esprimere soddisfazione e speranza decide di rispettare una sola di quelle regole che (molto probabilmente) quotidianamente aggira o viola. Intendo proprio un impegno d'onore dei cittadini di rendersi degni di quel cambiamento che a parole pretendono.