giovedì 30 dicembre 2010

i nostri paesi dimenticati

Senza speranza. Un quadro abbastanza desolante emerge dal confronto sviluppatosi su un social network a proposito della vita in uno dei tanti piccoli paesi del Sud. Afflitti dagli stessi mali, con le speranze dei giovani che si affievoliscono, gli egoismi degli adulti che diventano legge morale, i rimpianti degli emigrati costretti a vite non sempre straordinarie in posti ostili. Mi colpiscono in particolare alcuni interventi: quello accorato e dolente della emigrata al nord con forte tensione e passione sociale; quello del residente, che pur avendo ottenuto alcuni importanti obiettivi personali, lamenta l'ostilità e l'acrimonia dei paesani specie per chi non vive sul posto; quello pieno di termini apparentemente ricercati - ma in realtà privi di contenuto - di un giovane che si nasconde dietro una sigla. Potevo aggiungere il mio commento. Mi sono astenuto con la stessa determinazione mostrata di recente di fronte ad una affettuosa proposta di coinvolgimento nell'amministrazione del Paese. Ho imparato a mie spese e con qualche piccola ferita che il paese è dei paesani. Ogni tentativo di intervento di chi non vive direttamente quella realtà, sia pure in buona fede e per quanto minimo, sarà stroncato dalla piccola minuta critica da bar o da panchina, da circolo degli anziani o da parrocchia. Che fino al momento dell'esposizione si limita all'attenta osservazione, ma non appena "lo sciagurato" osa varcare i limiti invisibili dello spazio interno paesano, da chiacchiera sussurrata diventa ostracismo manifesto. Pronto a tutto con uno sviluppo che va dall'ingiuria, all'offesa sistematica, alla campagna diffamatoria ben articolata. E forse c'è anche da capire questo rifiuto dell'estraneo. Nella sostanza questo atteggiamento traduce un pensiero: tu te ne sei andato a vivere o vivi altrove, hai scelto una dimensione diversa da quella locale. E allora ti è consentito solo venire in vacanza, prenderti quel pochissimo che c'è e lasciare al paesano le scelte, i condizionamenti, i suoi vizi, le sue virtù. Perché la realtà di tutti i giorni la costruiscono i residenti veri con le dinamiche interne che fanno emergere i poteri forti, quelle poche figure che decidono. E tutti gli altri a godere delle briciole cadute da una tavola abbastanza avara.
Giovani, speranze, delusioni? Nel nostro caso ci sono tantissimi ragazzi di valore. Belle teste con spazi ridotti allo zero nell'ambito locale. Che cosa resta da fare? La risposta è scontata, andare via a trovare orizzonti più ampi; come pure scontata è l'assenza di attenzione per alcuni "forestieri" che sarebbero risorse di grande utilità, ma pagano per il loro peccato originale di estraneità.
Teniamoceli così i nostri piccoli centri, ma senza rabbia. Non serve. Oppure torniamoci davvero, lavoriamoci sodo dentro, scontriamoci con le altre forze contrapposte e conquistiamo anche noi il diritto ai nostri egoismi...

la dignità non ha prezzo

La frase del titolo, "la dignità non ha prezzo" è tratta da una dichiarazione del presidente di una squadra di calcio. Garrone, Presidente della Samp, non è tornato indietro nelle sue decisioni ed ha attivato la procedura per la risoluzione contrattuale del rapporto con Cassano. Resistendo così ad una sonora contestazione dei tifosi genovesi e ad una strisciante campagna di stampa che lo invitava a "perdonare" il figliol prodigo. Il quale dopo avergliene dette tante e dopo averlo minacciato fisicamente, si era scusato piagnucolando, improvvisamente ricordandosi della serenità finalmente ritrovata in casa Samp. Garrone è andato, contro tutti, per la sua strada. La commissione arbitrale della Lega ha sentenziato che il calciatore dovesse rientrare nella "rosa", sebbene con lo stipendio ridotto al minimo. E il butterato barese, piuttosto che farsi decurtare gli emolumenti, ha subito trovato una casa ad accoglierlo, quella del Milan, dove fino alla prossima mattana dichiarerà il suo amore per tutto e tutti. Auguri anche a lui, sperando che non faccia ancora peggio di quanto sinora ha fatto, dimostrando che agi e ricchezza non riescono a compensare e sanare le ferite dell'anima subite in quella vita aspra e grama che ha conosciuto da ragazzino. Intanto il Presidente Garrone, - la lettera maiuscola è meritata - ha riconosciuto che con l'addio a Cassano, la squadra si impoveriva di contenuti tecnici. Ma, nonostante tutto, la linea della società manteneva quell'invocato profilo di dignità, concetto che seppure superato per molti, continua ad avere - fortunatamente - qualche seguace.
Complimenti a questo signore, rimasto tra i pochi a continuare a credere in alcuni valori, specie in un contesto dove il potere del denaro ha sostituito ogni altro riferimento. Come il giapponese che a distanza di 40 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, nella boscaglia di un'isola del Pacifico, lontano da qualsiasi forma di comunicazione, continuava a combattere contro gli americani.

giovedì 23 dicembre 2010

la mostra delle mostre

Qualche giorno fa parlavo con un amico, coetaneo sessantenne, che mi confidava di come avesse smesso di cantare e suonare perché i proprietari dei locali, senza mezzi termini, gli avevano fatto capire che la sua fantastica voce e le sue capacità musicali non erano accompagnate ormai da un "look" gradito al pubblico. La sua immagine risultava troppo datata e non attirava più. Mi è venuta così alla mente una gradevole intervista televisiva di Oliviero Toscani, famoso occhio fotografico e provocatore, nel corso della quale ricordava un suo progetto mai realizzato. Aveva proposto ad alcune riviste e network televisivi di realizzare una "mostra delle mostre", raccolta fotografica dei volti resi "mostruosi" dalle modifiche della chirurgia estetica. Raccontava di come la sua idea avesse trovato contrasti e ostracismi immediati tanto dagli interlocutori quanto da parte delle interessate. Per la maggior parte si trattava di donne che fanno parte del mondo dello spettacolo e che nel tempo avevano sottoposto il proprio viso ed il corpo a trattamenti nel tentativo di sconfiggere il tempo. Riaffiorava così alla mente la storia di Dorian Gray, letta troppo frettolosamente ai tempi del ginnasio, come classico inglese. Quella vicenda si concludeva con il protagonista che, rimasto eternamente giovane per un patto col demonio, in un finale impeto di disperazione si lanciava contro il proprio orribile ritratto, reso vecchio ed inguardabile dall'oltraggio del tempo. Per tutti, senza eccezioni, è certamente difficile accettare il peso del tempo che passa. Ancora di più se la propria vita professionale è strettamente legata all'aspetto esteriore. La bellona che invecchia male è inservibile, sotto tutti gli aspetti. E allora ecco che intervengono i falsi guru del ritocco che promettono nuove primavere, la sconfitta della caduta naturale dei corpi gravi, ma che in definitiva riescono ad ottenere soltanto quei faccini di plastica tutti uguali, che talvolta fanno risaltare ancora di più il vuoto degli sguardi, riflesso del vuoto interiore. E che dire degli uomini con le guance riprese e i capelli tinti? Bamboli che ci ricordano "Beautiful", centenaria soap opera popolata di alieni in gara col tempo, grotteschi protagonisti di una società che non sa trovare forme di rispetto per le generazioni più avanti con gli anni. Restare tutti giovani, a qualsiasi costo, omologarsi a stereotipi da spot televisivo, questa la spinta del "grande fratello" che comanda nel mondo.

giovedì 16 dicembre 2010

i ruoli grandi, gli uomini piccoli

Qualche tempo fa fui avvicinato da un ragazzo del mio paese. Con grande garbo e altrettanto pudore, questo giovane, che non conoscevo direttamente, mi parlò di un caso giudiziario nel quale si era trovato coinvolto. Una leggerezza da ragazzi, con possibili ripercussioni sul suo futuro di studente universitario vicino alla laurea. Ebbi un'ottima impressione dell'interlocutore che sembrava vivamente colpito dalla vicenda, specie per le conseguenze sulla sua famiglia, contadini laboriosi che lo mantenevano agli studi. Dentro di me pensai automaticamente a che cosa avrei fatto se il caso avesse riguardato mio figlio. A quel punto un'ispirazione: mi sarei rivolto all'amico magistrato che occupa un importante ruolo per chiedergli un consiglio sul comportamento migliore da suggerire al giovanotto. Tornato a casa lo rintracciai, chiedendogli un appuntamento in ufficio viste le sue ristrettezze di tempi. Spiegai a questo signore la questione, aiutandomi con un documento per evitare di dire fesserie sullo stato del procedimento. Le vicende penali mi sono sostanzialmente estranee e nutrivo il timore di riferire cose inesatte. Lesse e si fece spiegare il tutto, rilevò il nome del magistrato che aveva il caso, uno dei molti che da lui dipendevano. A questo punto ebbe una specie di impennata deontologica, tentando di farmi una morale sulla improprietà delle mie richieste, rivolte a chi aveva un alto magistero da tutelare nel superiore interesse della giustizia, dei cittadini e della società, profondamente lesa dal reato contestato, il possesso di ben 2 grammi di hashish.
Mi resi conto in quel momento di quanto fossi stato leggero a rivolgermi ad un soggetto del genere. Da giovane era un mezzo sfigato, sfottuto da chi lo conosceva per la sua misura umana non proprio eccelsa e per la corrispondente apertura mentale. Superato il concorso in magistratura dopo qualche tentativo, aveva intrapreso una pervicace e fruttuosa opera di diffusione della sua immagine, quasi sempre in contesti che non avevano nulla a che fare con il lavoro. In ogni caso, meriti o demeriti, aveva ottenuto riconoscimenti anche grazie un'accortissima vita di relazione, a vari sgomitamenti e ad una disinvolta attitudine a cambiare casacca e padrini. In quel momento, in quella stanza occupata da oggetti impropri, che non sembrava un ufficio di un palazzo di giustizia, ma soltanto una fisica testimonianza della vanità e dell'autocelebrazione dell'occupante, io persi l'occasione per dirgli che da uno come lui non potevo aver alcun tipo di lezione morale. Invece, colto da una profonda rabbia riferita a me stesso ed alla mia leggerezza, restai quasi muto a farmi fare una specie di predicozzo da quel furbastro che mi parlava, ex catedra.
Per fortuna, il mio giovane conoscente è stato completamente tirato fuori dalla vicenda che non avrà conseguenze, quantomeno sulle sue speranze. Restano le mie amarissime considerazioni sugli uomini e sulle loro miserie e sulla mia profonda ingenuità.

domenica 12 dicembre 2010

farsene una ragione

Sono assai democraticamente incazzato. L'atmosfera da basso impero che ci circonda mi fa venire l'eritema. E non so come difendermi, se non rifugiandomi in retoriche forme di indignazione.Già, perché vorrei avere gli anni e le energie per combattere in un modo o in un altro e non accettare passivamente questo stato di cose generali e particolari. Vivere in uno stato gestito da ladri, corrotti e figure da operetta buffa. Era questa la speranza dei miei anni di vigore? O tentare di contribuire a far progredire questo paese che usciva da una guerra. A pezzi, ma con la voglia di voltare pagina, di abbandonare le satrapie che ci avevano gettato nel baratro, di rifondare la voglia di vivere civile attraverso le forme della solidarietà umana e sociale. Che cosa ne è stato? Macerie maleodoranti che vengono trafugate per nuovi valori e per superamento dei vincoli del passato. Ladri e malfattori considerati personaggi "vincenti" per le loro tracotanti malefatte ed esaltati da vassalli a basso costo. Quanto rimpiangeremo i mediocri servitori dello Stato che erano la parte fondante della società. Con tutti i limiti di una cultura ancora contadina, ma che riconosceva il vero dal falso, l'autentico dal tarocco. Impossibile ripartire da quelle origini, ormai sotterrate dalle frontiere del cosiddetto nuovo che avanza. Le generazioni future ci giudicheranno e non potranno essere benevole con chi ha sprecato in modo così clamoroso l'occasione per diventare una Nazione ed un modello per altri popoli.

mercoledì 8 dicembre 2010

E'aperto il mercato del voto

Grande fermento tra i parlamentari italiani. Tra ruffiani, portaborse, piccoli ras del quartierino, e altre mezze tacche venute fuori dalle ultime elezioni non c'è pace. Giri infiniti di telefonate, appuntamenti segreti ma conosciuti da tutti, cacciatori di teste impegnati a tutto campo, persuasori sempre meno occulti. Insomma è una bufera, a suon di promesse e e di attribuzioni di caparre che durerà fino al fatidico 14 dicembre, giorno in cui finirà la serrata delle camere imposta dai buffoni al governo. E finalmente si voterà, secondo senso e coscienza e nel pieno rispetto di quel mandato elettorale che gli elettori hanno conferito agli eletti nell'interesse del paese. Senza lettera maiuscola, perchè sta offrendo in questo periodo la più rispondente delle fotografie del suo stato reale. Chi guida tutto questo? Un imbroglione, corruttore, degenerato e mentitore. Potrebbe esserci un premier migliore per quello che è rimasto di questa aggregazione di consorterie, associazioni criminali e fazioni definita italia. Concludere senza una speranza? Riesce difficile, se non altro per le giovani generazioni che meriterebbero almeno di coltivare un sogno, un'illusione di tempi diversi. E a questo stato di cose ha contribuito la mia generazione che come fanno i nati nel dopoguerra ha interpretato il senso dello stato in modo egoistico. Usando il benessere e le opportunità che si erano venute a creare solo per costruire agi e garanzie solo per se stessi, ma dimenticandosi in modo assolutamente miope di chi sarebbe venuto dopo.
Intanto il mercato è continuo e le quotazioni di questi omuncoli oscillano di minuto in minuto.
C'è una sola certezza: la gente normale sa bene quanto valgono effettivamente e se dovesse offrire un quarto di centesimo di euro, magari per pietà o per gettarglielo addosso, avrebbe seri dubbi.