mercoledì 8 dicembre 2010

E'aperto il mercato del voto

Grande fermento tra i parlamentari italiani. Tra ruffiani, portaborse, piccoli ras del quartierino, e altre mezze tacche venute fuori dalle ultime elezioni non c'è pace. Giri infiniti di telefonate, appuntamenti segreti ma conosciuti da tutti, cacciatori di teste impegnati a tutto campo, persuasori sempre meno occulti. Insomma è una bufera, a suon di promesse e e di attribuzioni di caparre che durerà fino al fatidico 14 dicembre, giorno in cui finirà la serrata delle camere imposta dai buffoni al governo. E finalmente si voterà, secondo senso e coscienza e nel pieno rispetto di quel mandato elettorale che gli elettori hanno conferito agli eletti nell'interesse del paese. Senza lettera maiuscola, perchè sta offrendo in questo periodo la più rispondente delle fotografie del suo stato reale. Chi guida tutto questo? Un imbroglione, corruttore, degenerato e mentitore. Potrebbe esserci un premier migliore per quello che è rimasto di questa aggregazione di consorterie, associazioni criminali e fazioni definita italia. Concludere senza una speranza? Riesce difficile, se non altro per le giovani generazioni che meriterebbero almeno di coltivare un sogno, un'illusione di tempi diversi. E a questo stato di cose ha contribuito la mia generazione che come fanno i nati nel dopoguerra ha interpretato il senso dello stato in modo egoistico. Usando il benessere e le opportunità che si erano venute a creare solo per costruire agi e garanzie solo per se stessi, ma dimenticandosi in modo assolutamente miope di chi sarebbe venuto dopo.
Intanto il mercato è continuo e le quotazioni di questi omuncoli oscillano di minuto in minuto.
C'è una sola certezza: la gente normale sa bene quanto valgono effettivamente e se dovesse offrire un quarto di centesimo di euro, magari per pietà o per gettarglielo addosso, avrebbe seri dubbi.

1 commento:

Sara ha detto...

Ho riascoltato ieri una canzone dei 99 Posse, dei loro esordi. Un testo famoso del 1993 "Curre curre guagliò":è pazzesco quanto tempo abbiamo sprecato, diventando un paese peggiore.
Sara