giovedì 27 giugno 2013

Emozione, ti aspetto!

Capiterà anche a voi di commuovervi? Certamente, non negate. Si può essere cinici e distaccati quanto si vuole, ma ci sono momenti della vita nei quali siamo accerchiati e vinti dalla ineludibile retorica degli affetti. C'è poco da smarcarsi.  A meno di fare parte di famiglie di ispirazione teutonica dove nell'educazione dei giovani viene bandito anche il minimo accenno di abbandono o tenerezza, chi più e chi meno si lascia andare al groppo in gola o alla lacrimuccia di circostanza. È giusto che sia così ? Non me lo chiedete, il vostro etrusco ha più dubbi che certezze. 
Posso soltanto testimoniare le mie fragilità, tutte schierate e pronte ad aggredirmi, in un uno dei momenti topici della vita di un individuo: il matrimonio di un figlio. È possibile affrontare la questione da tanti punti di vista. Tenterò di scrivere meno "insipitorie" possibili - il termine non è mio ma fa parte del lessico di mia suocera, la cara signora Ada, che così  intende bollare in via definitiva tutto ciò che abbia sapore di melensa e forzata manifestazione d'affetto -
Ora, dicevo, tra pochi giorni dovrò accompagnare all'altare mia figlia Ester. E non potete immaginare come sia già sufficientemente agitato, anche se cerco di dissimulare lo stato d'animo con la pretesa di non fare la solita parte del padre meridionale. Quale in realtà io sono, pure se mitigato negli eccessi da un costante tentativo di razionalizzare gli eventi e riportarli  alla loro natura reale. 
Quel giorno, mentre accompagnerò la mia piccola all'altare, piangerò, ne sono certo, senza particolare vergogna. E poco importa dell'impressione poco marziale che ne verra' fuori. Sono convinto che in quel momento ci sarà una tale confusione di pensieri che ne resterò inevitabilmente schiacciato. Da quelli gioiosi di vedere un giorno così a quelli più amari di aver vissuto un'altra tappa del percorso umano. 
Vieni emozione, ti aspetto. So che non mi farai sconti o concessioni. Quali che siano i miei meriti o demeriti, ti divertirai sulla mia pelle. Ed io, come molti milioni di padri prima di me, sarò il tuo trastullo per  un tempo indefinito. Dirò tutte le fesserie di rito, ometterò cose doverose, penserò al giorno in cui la creatura (?) e' nata e mi ricorderò di come già da allora fosse decisa e determinata.   E
 del mio girovagare in città insieme ad una piccola tiranna che intendeva farsi comprare un paio di zoccoli speciali che aveva visto chissà dove. O quando ho tentato di fare il padre soccorritore nelle inevitabili crisi dell'età. Va bene, mi fermo e non vado oltre, prima che i pochi amici che ancora mi stimano perdano ogni considerazione di me. Pudore dei sentimenti? Forse, ma è meglio così.

mercoledì 26 giugno 2013

la nipote di Maometto

Berluscheide, atto decimo, scena (pietosa) ventinovesima. 
Un povero vecchio, rappezzato e malandato, rattoso quanto basta e pateticamente arrapato, viene condannato da una corte di trinariciute giudichesse per aver fatto una telefonata. 
Cose da non credersi: il vegliardo al telefono aveva spiegato agli inginocchiati interlocutori che la ragazza fermata dalla questura era in linea diretta discendente di Maometto, una specie di divinità vivente nel suo Paese. Dal quale si era allontanata, la meschina, per provare le asprezze della vita di strada. Al punto da inventarsi un'esistenza da mignotta. Ed in questo percorso coraggioso "on the road" aveva incontrato questo vecchio rincoglionito che, oltre a tentare di farle provare le ebbrezze del suo amore, l'aveva di fatto adottata. e per farle sentire tutto il calore della sua protezione aveva inviato in questura un'altra fanciulla redenta, tale Nicoletta la Minetta. ( per i napoletani nomen omen). Che con la proverbiale sua maestria di incantatrice di carie e gengive l'aveva condotta in un convento di stretta clausura, la cui madre superiora - in ogni senso - era una antica madama di sesso dubbioso, Suor Conceicao. Nel nome tutto un programma di redenzione ed esempio virtuoso per la animosa nipote del profeta.
Da riscrivere il libro Cuore in versione 2.0 e invece..zac ecco che una giustizia pasdaran ti incrimina mezza questura, una magistrata di servizio quella notte e il Il povero vecchio. Che dopo qualche tentativo di snarcarsi prende sette anni di galera, che non farà mai proprio per la sua età colendissima  - venerabile - E vorrei pure vedere! Uno salva una semidea accusata di furto da una strappona qualsiasi che, non contenta di ospitarla in casa sua, si permette persino di sostenere l'accusa del furto di pochi spiccioli, tremila euro.
Ma la vita è giusta e restituisce in termini di consenso, amorevolezza e solidarietà quello che il destino rio intendeva attaccare. L'anziano trova un'infinità di supporters che convinti della sua buona fede, della sua parola adamantina e della purezza del suo sentire, inscenano ogni sorta di manifestazione di sostegno. Incatenati davanti ai palazzi di giustizia, con pentole e coperchi nelle principali piazze, comprando a proprie spese paginate di giornali, conquistando la simpatia di tutta l'opinione pubblica con i pezzi migliori di questa compagine di missionari. Un nanetto pieno di tic, una signora sfigurata nel volto da anni di applicazioni con il ferro da stiro, un sempre giovane già radicale, demosocialista, portavoce di tutte le cause giuste. 
Perchè la vera giustizia alla fine trionferà e con le prossime elezioni restituiremo, noi e loro, all'anziano il giusto livello della sua dignità.
State pensando a farlo diventare guardiano di orinatoi in un bar equivoco di un Paese orientale? Non scherzate, gli spetta il colle, quello con la c grande dove potrà in sette anni (Maometto prospero permettendo) sistemare tutte le sue pro "tette" ed i suoi fans. Il nanetto ministro del tesoro, la signora dal volto a tre dimensioni ministro della giustizia, il giovane transeunte ministro degli interni.
Come sempre, basta saper aspettare perché
il meglio deve ancora venire..

sabato 22 giugno 2013

sabato pomeriggio, prima della cena elegante

Quanti sabato pomeriggio liberi ricordate nella vostra vita? Tanti? Beati voi! Io etruscamente rincorro con bramosia e cupidigia quelle poche ore che vanno dal pranzo del sabato alla sera della stessa giornata. Specialmente quando il venerdì è stato pieno di impegni, stancante, stressante a vario titolo e magari siete costretti ad una cena con amici. 
Dico bene, proprio costretti, quando il vostro desiderio viaggiava in direzione di una serata in ammollo, tra musica e libro in lettura. Ben si intenda, un invito a cena va sempre apprezzato, ma quando siete ormai ridotti uno straccio quello che desiderate realmente è fare un c..
E così, abbigliati da cena si parla del più e del meno. Quando poi si tratti di incontri cadenzati a compleanni o anniversari dei padroni di casa, l'occasione diventa utilissima per fare un rapido bilancio sullo stato dell'età. 
Ti trovo bene, forse con qualche capello in meno. Anche tu sei in gran forma, magari un chilo in più? Siluri più raffinati quelli che si scambiano le donne: hai cambiato colore dei capelli? stai benissimo, questo taglio ti leva dieci anni. E vedi la povera destinataria dell'affermazione chiedersi:  ma che avrà voluto dire veramente?  Questo abito ti sfina, a che taglia sei arrivata? I riti delle cene dei borghesi si ripetono immutabili. Anche quando la signora in questione somiglia molto più ad una balena spiaggiata che ad una donna, non mancherà chi sarà capace di esaltare il colorito o la tonicità della pelle del viso, risultato di lunghe sofferenze truccatorie, dimenticando i venti chili di troppo. E appena scartocciato da qualche partecipante, parte l'argomento diete, straordinarie, ordinarie, di occasione, suggerite dall'amica, dal medico, dalla rivista che entra in casa, dalla extracomunitaria malese che ci aiuta per le faccende domestiche. L'argomento regime alimentare precede di poco quello sulle malattie che affliggono la totalità dei partecipanti. Affezioni a volte rarissime, sulle quali andrebbero scritti volumi di aggiornamento della diagnostica clinica. Interventi in strutture sempre lontane, perché la sanità locale fa schifo e i medici di casa nostra sono sempre avidi, incapaci e pericolosi. Improponibili i confronti con altre terre, quelle sì  fortunate, dove tra organizzazione di base e personale, sembra di vivere esperienze extrasensoriali.
Capitolo inquietante, ma mai trascurato, quello degli amici che ci hanno lasciato. Sempre troppo presto, pure se si trattava di centenari - fateci caso, quasi sempre di centenarie - e quelle letali malattie richiamano casi di altri conoscenti, anche loro vittime del destino avverso. Un elenco infinito che riempie di commozione (?) i presenti, anche se emerge  con chiarezza la malcelata soddisfazione di  parlare di guai degli altri.
Per tirarsi su, ma mica tanto, comincia l'epopea dei figli e nipoti, tutti quanti meravigliosi, bravissimi e pieni di qualità, ma quasi sempre incappati in incontri sbagliati, oppure che non trovano lavoro serio, ma che pretendono di stagionare in casa nostra fino all'estremo saluto ai genitori.
E così, afflitto da cotante malaugurate vicende, dopo aver mal mangiato e bevuto a causa degli eccessi, vi rinchiudete in un angolo a meditare. Fino alla classica domanda:  caro"etrusco", ho notato che non sei del solito umore. Qualcosa non va?

mercoledì 19 giugno 2013

giustizia lumaca

Mentre l'avvocatura italiana incassa l'ennesima caporetto con la reintroduzione della mediazione civile, andrebbero fatte ulteriori e sconvolte riflessioni sulla sostanziale inutilità e dannosità di questo carrozzone chiamato sistema giudiziario. 
Capita così che una bella signorina con ricchi e vaporosi ricci scuri, nell'autunno 2011 si veda recapitare una multa per un casco non indossato alla guida del suo ciclomotore. Il padre della leggiadra fanciulla, amico mio dall'adolescenza, si rivolge a me per un aiuto: la multa recava un numero di targa diverso da quello del motociclo di proprietà della ragazza. Non c'erano più i termini per proporre ricorso al Prefetto e siamo così costretti ad andare dal Giudice di Pace, il 20.10.2011, per ottenere giustizia, di fronte ad un palese errore materiale. 
Ne consegue una prima spesa per il contributo unificato di giustizia, una fila per l'iscrizione a ruolo, prime avvisaglie dei disagi e scocciature che verranno. Prima udienza, dall'ottobre 2011, fissata a marzo del 2013, quindi 18 mesi dalla data di iscrizione a ruolo. Primo rinvio a giugno 2013, secondo rinvio a gennaio 2014.Sperando che questo giudice così impegnato riesca a liberarsi per quell'udienza la decisione arriverà dopo 28 mesi. Poi si dovranno attendere 6/7 mesi tra sentenza e pubblicazione di cotanta manifestazione di giustizia. Insomma in totale 3 anni per prendere atto di un errore materiale di chi verbalizzò erroneamente una targa.
Che dire? sconforto, invettiva, rabbia? Fate voi, ma se questa è una parvenza di giustizia arrivo a dire che è preferibile il metodo cinese. Vi ricordate di quei teppisti che lo scorso anno uccisero   un cinese a Roma.?Senza processi, istruzione o legittimi impedimenti i due balordi furono trovati decapitati dopo una settimana perché la comunità cinese non aveva troppo gradito. Metodi inconcepibili  mi direte. ed avete ragione. Barbarie inaccettabile? E non posso darvi torto. Però certezza della giustizia, rapidità e precisione nell'individuare gli effettivi responsabili.
Sono d'accordo,  arrivo a conseguenze assurde. Però aspettare almeno tre anni perché un vigile urbano ha preso un abbaglio o perché quel giorno gli si sono appannati gli occhiali è fenomeno da civiltà decotta, da tardo impero romano. E speriamo solo che non vada ancora peggio..

martedì 11 giugno 2013

La politica sconfitta

Il PD vince le elezioni amministrative a sua insaputa. Nel momento peggiore di questo controverso contenitore di consensi, le urne, peraltro scarsamente frequentate, consegnano la vittoria ai candidati del PD o vicini a quell'area politica. Dovrà pure significare qualcosa se i pochi cittadini che hanno votato hanno indicato in massa quel fronte e se hanno detto di no ai candidati proposti dalla destra. Si temeva che l'abbraccio in salsa governativa con il partito del nano desse la stretta finale e mortifera a questo sciamannato raggruppamento. E invece, a sorpresa, gli elettori hanno dato l'ennesima prova di essere migliori degli eletti facendo emergere quel senso di responsabilità che altri dovrebbero sentire ed applicare. Di certo perde il PDL che attraverso i suoi esponenti meno indecorosi ammette  la sconfitta , sollecitando un dibattito interno sul perché di questa disfatta. Addirittura nella discussione chiedono maggiore democrazia interna. Ma allora non hanno capito niente. Il loro è un non partito che si regge sulle forze economiche e comunicative di un solo soggetto. Se dovessero cambiare quelle regole che si possono riassumere nella totale assenza di regole e nel completo asservimento alle direttive del capo svanirebbe anche questa specie di coalizione di poveracci. Patetico poi il comico con la barba, che per giustificare la batosta, se la prende con tutti tranne che con se' stesso. Aveva la possibilità reale ed effettiva di dare  una scossa epocale alle politiche di questo Paese. Si è perso nel suo solipsismo e nell'incapacita ' di sentire il vento della storia che spirava dalle sue parti. Si potrà ora ben dedicare all sue  preferite manfrine su diarie,  interventi televisivi e  disciplina interna. E d'altra parte da un individuo così modesto che ci potevamo attendere? Con questi protagonisti non cambierà niente, come hanno dimostrato le elezioni di febbraio. Tre schieramenti in sostanziale parità che al momento di prendere il largo verso un fase nuova della storia italiana hanno deciso di farsi ognuno il proprio orticello e coltivare egoismi e privilegi. Ci faranno rimpiangere Fanfani e Spadolini o altri vuoti a perdere che parlavano tanto, in linguaggi astrusi e criptici e che rappresentavano soltanto gli interessi di chi li faceva comparire in prima fila. 


giovedì 6 giugno 2013

Sconfitta la disoccupazione

Se il problema europeo ed italiano per eccellenza resta la piaga della disoccupazione, possiamo tirare un sospiro di sollievo! Profondo ed autentico come l'intuizione degli uomini di governo che, impavidi e senza incertezze, stanno tracciando la "work map" più lungimirante che menti umane potessero  concepire. I primi quaranta posti di lavoro sono stati individuati con la creazione di questo comitato di saggi che devono predisporre le riforme necessarie a rendere attuale e contemporanea la Costituzione. Quaranta, mica pochi.  E poi, ben pagati, mica precari o partite IVA, come capita ai nostri giovani che quasi si pagano  da soli i quattro euro percepiti (?) a fine mese. Per questi esperti e saggi costituzionalisti prebende da favola e privilegi connessi. Se no poi dicono che siamo. provinciali ! E il compito di questi straordinari consulenti?  Modifiche costituzionali. Ma quali? E poi non era la migliore costituzione possibile, modello di tanti altri testi adottati sul solco della nostra? Rischiamo di non capirci una mazza. Intanto il ministro delle Riforme Quagliariello annuncia che il comitato ha un "cronoprogramma", un "working schedule" stringente che produrrà in tempi brevissimi  miracolosi risultati. Meno male, ci stavamo quasi preoccupando. La sensazione e' che questi nostri amati e meritati reggitori stiano facendo la classica melina borbonica del " facimmo ammuina" perché si sono persi anche loro nel mare delle cose autentiche e reali che non funzionano o non ci sono. Il povero nipote d'Italia, Letta, ricorda con nostalgia ed emozione le cene di famiglia con ospite l'ombra umana, Andreotti. Quelle erano tavolate ed alla fine della cena si era deciso il cronoprogramma per i prossimi cinque anni. Insabbiamo questo, sistemiamo definitivamente sotto un ponte i riottosi, un caffè che non si nega a nessuno, nemmeno ad un carcerato. E il giornalista scomodo che ricatta e minaccia? gli mandiamo un paio di amici che lo convincono facile. E l'attrice in vista che contesta? A lei ci pensano i Carabinieri che sono benemeriti, altrimenti che ci stanno a fare? Quelli si, che erano tempi, niente  meline e " quagliarielli",  bastava una cena con le persone giuste e la pace sociale era assicurata. Magari si trascurava l'occupazione, però gli statisti di una volta avevano un'altra concretezza. E dichiariamoci pure contenti che può essere che tra poco la repubblica delle banane abbia le sue necessarie trasformazioni. Al posto del tricolore, un pirata con la benda sul l'occhio in campo nero. A sostituire l'inno di Mameli proporrei "sotto questo sole", che  suggerisce l'impegno a pedalare. E, immancabile, il cavalier Pompetta al Qui rinale, in due parole perché è il posto per lui.

mercoledì 5 giugno 2013

incredibile, ma vero

Chi conosce il vecchio etrusco sa della lunga passione tennistica. E che di passione si tratti, nel senso etimologico di patire qualcosa, non vi è dubbio dopo quasi 50 anni di tentativi. In alcuni momenti giovanili più fruttuosi, con medio/piccole soddisfazioni di vittorie o piazzamenti in  tornei di livello basso; o riconoscimenti da parte di intenditori della nobile arte che si manifesta con la racchetta. Che resta arte, ma è anche dolorosa matrigna per chi trascuri la condizione fisica o si lascia andare a qualche pur legittimo godimento.Nel mezzo secolo di terra rossa ingoiata - e non solo, perché la polvere c'è anche sull'erba o sui campi in materiale sintetico - ho praticato gente di diversa impostazione mentale, ma quasi tutti convinti di saper giocare e di essere abili. Tutto legittimo, specialmente per chi sa quanta fatica comporta riuscire a ributtare con continuità una pallina dall'altra parte. Partiamo dal fatto che è sport asimmetrico, visto che dalla pancia materna usciamo senza quella protuberanza di una sessantina di centimetri detta racchetta. E aggiungo che è difficile riuscire a respingere con un minimo di armonia fisica la palla dall'altra parte, a meno di non sottoporsi allo stress di ripetute e costose lezioni di maestri. All'epoca dei miei esordi, contrastato in famiglia su tutto quanto non fosse applicazione agli studi, ho tentato di imparare da solo, guardando ed osservando con estrema attenzione i movimenti dei bravi ed in qualche occasione dei campioni. Questo tentativo di imitazione riuscì nel tempo a produrre modesti risultati, consentendomi di imparare un discreto rovescio e  poco più, visto che il dritto, colpo apparentemente più semplice, è stato e resta la mia croce. Negli anni ho strappato qualche nozione di gioco a volo, praticando più il doppio che il singolare.
Ora capita che a sessantacinque anni suonati, mi iscrivo ad un torneo veterani del  Gran Prix, ospitato  dal mio circolo. Dentro di me ho pensato: questi sono tutti tennisti allenati ed esperti. Male che vada mi farò una partita con qualcuno bravo.
Senza classifica, parto dal primo gradino del tabellone e mi capita al primo turno un signore taciturno, accreditato di ottime recenti prestazioni. Appena in gioco, vado sotto due a zero, poi prendo a giocare in maniera più attenta e vinco 6/2 il primo set, nonostante un personal coach del mio avversario ed un paio di amici dello stesso che facevano il tifo per lui. Anche il secondo set scorre facile, 5/0, poi gli faccio fare un game anche per allentare la mia ansia di vittoria.
Ma il bello è arrivato con il secondo turno dove gioco con un simpatico amico, classificate, udite, 4/3. Per chi non sia pratico indico che una classifica del genere proviene da numerose e continue vittorie con classificati.
Scendiamo in campo e mi rendo conto che il mio avversario, abile ed accorto, non ha però colpi a chiudere straordinari. Nemmeno io, intendiamoci bene, ma mi resta qualche reminiscenza dei tempi in cui correvo davvero. E così con applicazione ci provo, perdendo il primo set 6/4, ma rendendomi anche conto di un'impresa possibile, nonostante le qualità di chi sta dall'altra parte della rete.
Lunghissimo secondo set nel quale riesco ad andare 5/2 in mio favore. Ma il coraggio dove sta? Smarrito per strada, se mi faccio rimontare, inanellando una serie di errori con colpi inguardabili. Tie break e sento qualcuno da fuori che mi dice di fare il mio gioco. Chissà che cosa intende. Io ci provo ed attacco con maggiore continuità e conquisto il secondo set.
Sorpresa! il giudice arbitro mi informa che  per i vecchietti over 65 il terzo set è sostituito da un tie break lungo a 10.
Mi frego le mani, pensando: meno male almeno finiamo prima del coccolone in campo, quasi certo dopo due ore e dieci di gioco.
E così nel tie break finale, dopo essere stato sotto 5/2, riesco a battere in un modo meno indegno ed a fare i punti necessari con qualche discesa a rete. Vittoria.
Increduli i non pochi spettatori, sportivissimo il mio avversario che si complimenta. Io, quasi ai limiti della coscienza,
incasso questa grande soddisfazione. Il prossimo avversario, classificato 4/2, quindi ancora un gradino più in alto, pare sia ingiocabile.
Che vi devo dire? Io, con tutto il rispetto che merita l'impegno, ci proverò. A questo punto l'adrenalina prodotta mi fa quasi volare e chissà che non riesca a compensare i miei tanti difetti tennistici..