domenica 21 febbraio 2010

le insostenibili pulsioni verso l'indifferenza


Ci sono periodi di particolare confusione in cui tutto sembra essere messo in discussione. Persino i convincimenti più consolidati, quelli che fanno parte di noi stessi. C'è da chiedersi perché questo accada. E la risposta sarà variegata e legata a fattori interni, come il tempo che passa, gli entusiasmi che scemano; alle pressioni esterne che indirizzano le persone verso un pensiero unico, omologato, prodotto dallo stato di sconcerto. Quando si diventa scettici rispetto a tutto spesso la conseguenza è una fuga dalla conoscenza. Aggrediti dalla relatività dell'esistenza e dal timore di essere vittime inconsapevoli di manovre sopra le nostre teste, ci rifugiamo nella ricerca della spiritualità. Ci sarà pure qualcuno che regge o tira i fili di tutto questo ambaradam? E allora, che ci dia una mano in queste ambasce! I maghi, le cartomanti e tutti i persuasori occulti diventano così essenziali. I guru dell'astrologia poi? Ne conosco uno, furbo come pochi, che ha tra i suoi "protetti" molte signore della società, chiamiamola bene, di Napoli. Foraggiato con sostanziosi e nascosti mezzi liquidi, il nostro fa ritrovare alle ferventi sue credenti il trigono o l'ascendente in terre lontanissime. Australia, Bora Bora, altre località da turisti facoltosi. La concentrazione astrale non può mai ritrovarsi in terre vicine, magari Latina o Campobasso, ma sempre in dorati paradisi turistici. Non mi appassiona sapere se anche rispetto a queste mete di viaggio il nostro lucri la sua percentuale. E' possibile. E' comunque grave che persone dotate di cervello e capacità di discernere si facciano così pesantemente infinocchiare da un furbastro, magari di fascino, ma sempre da un venditore di fumo. Vanna Marchi, le sue fatture, le sue minacce e le sue estorsioni ai danni di persone in difficoltà ci ricordano la possibile portata criminale del fenomeno. Ma queste orribili escrezioni del nostro vivere trovano il fondamento nella necessità di fuga da una realtà troppo brutta e troppo manipolata.

giovedì 18 febbraio 2010

Sanremo, vero rapporto Censis sullo stato della nazione


Il rito, la liturgia sanremesi sono uno specchio fedelissimo degli italiani, dei loro gusti, delle tendenze nazionali. C'è poco da far flanella con intellettualismi di maniera. I commenti sui giornali si sprecano. Si parte da chi prende le distanze, affermando falsamente di non averlo mai visto; chi grida sdegnato sullo stato dell'arte e dello spettacolo; fino a posizioni meno rigide di cauta ammissione di essere stati un po' a guardare, ma delusi della pochezza di aver preferito diverso intrattenimento. Io non riesco a vederlo tutto, ma ci provo. Perché lo faccio? Da anni nutro la convinzione che lo sbracamento sanremese di ogni anno rifletta l'Italia meglio del rapporto Censis. Ci sono tutti gli ingredienti veri del Paese reale: la lobby di potere per la gestione, la imposizione dei protetti del periodo come autori e conduttori, la scelta dei cantanti più "promossi" dalle case discografiche e dai produttori, il vincitore predestinato che riceve luce direttamente dal potente di turno. La povera colf-conduttrice Clerici arriva persino a farmi pena per la sua imbarazzante inadeguatezza, per i piedi con i calli, per i tendaggi che ne drappeggiano il corpaccione, per il colore inverosimile dei capelli. Poi penso che se sta in quel posto ci sarà pure un motivo. E che per fare le figuracce che fa riceve compensi dorati, ovviamente pagati dai poveri contribuenti italiani, via canone e attraverso tante altre meno conoscibili strade. Così alla pena si mescola la rabbia. Il livello delle canzoni di quest'anno, o meglio di quelle che in due serate sono riuscito a sentire, non si discosta da quello di passate edizioni. Quasi tutte da dimenticare per pochezza armonica, irrilevanza dei testi, assenza di ogni gusto nella esibizione. Ma la nave va, con ascolti da record e con gli italiani che, dopo aver criticato in lungo ed in largo l'incredibile show, compreranno i dischi e faranno diventare divi gli Scani, i Sonhori, i Mengoni, i Marini. E non c'è da sorprendersi: non hanno fatto diventare primo ministro un venditore di spazzolini?

lunedì 15 febbraio 2010

Facebook de noantri - Cronaca di una sconfitta?


Non potevo farne a meno? Le resistenze alla logica dei consumi di massa mi portano ad un atteggiamento di rifiuto per tutto quello che mi sembra oggetto di uso improprio e spesso di abuso. Pretesa intellettualistica? Se c'è, è assolutamente inconsapevole. Direi piuttosto il tentativo, meritorio, ma non sempre riuscito, di tenersi al di fuori delle logiche imposte dalla mentalità mercantile. Ma, stavolta, non ho saputo resistere e come la monaca di Monza ho risposto, da sciagurato che sono, entrando in Facebook. Per il momento pochi amici e pochi contatti. Fino a diventare fautore del mezzo, aderendo ad un "gruppo" per irretire un amico, normalmente restio e dal carattere particolare. Idea a mezzo tra sfottò e sforzo per far socializzare un soggetto difficile. E se già riuscisse questo proposito dovrei spezzare più di una lancia in favore di uno strumento che, come tutti i mezzi di contatto, può rivelarsi estremamente utile oppure dimostrarsi una gabbia per le menti. Intanto c'è anche Elisabetta, Ester, alcuni amici cari che non abitano a Napoli. Occasione per scambiarsi idee, spunti per organizzare conviviali e quant'altro. Leggo così che alcuni hanno migliaia di amici su FB e che si scambiano ogni specie di mercanzia: filmati, musica, foto, iniziative sociali, inviti per mondanità. Una rivoluzione per chi come me ha ancora il gusto di raccogliere i pezzi di carta, i propri dischi. Siamo solo agli inizi e vedremo il seguito, se ce n sarà uno.

mercoledì 3 febbraio 2010

arbeit macht frei


>> Se se ne parla qualche giorno dopo il 27 gennaio, è per più di una
>> ragione. Da una parte, è difficile scrivere a freddo, dopo essere
>> stati in un lager. Secondo, perché bisognerebbe parlarne tutto l’anno.
>> Altro che giorno: la Memoria andrebbe conservata ogni istante.
>> La Provincia di Napoli ha varato, da alcuni anni a questa parte, un
>> progetto per i licei. L’iniziativa consiste nel portare i migliori
>> allievi di ogni classe in visita ai campi di sterminio di Auschwitz,
>> in Polonia, in occasione delle celebrazioni legate al Giorno della
>> Memoria. Assieme alle delegazioni di molti paesi venuti ad omaggiare i
>> morti nei campi di sterminio e a rifiutare (“Mai più” è lo slogan
>> permanente) la barbarie, anche i giovani napoletani hanno avuto la
>> possibilità di guardare da vicino la più ributtante impresa umana di
>> tutti i tempi. “Il più grande omicidio di massa perpretato dall’uomo”,
>> si legge su una lapide. Auschwitz, Birkenau, gli inferni dai nomi così
>> sinistri sono ancora là, in quella landa remota a pochi passi da
>> Cracovia. E la prima sorpresa, come dice il giovane Salvatore
>> dell’Istituto Galileo Ferraris, è che “sono posti in una terra
>> bellissima. Fredda, desolata, ma dal fascino molto potente. Assurdo
>> pensare a tante atrocità in questo paradiso di sole e neve”. Un
>> conflitto aperto è l'eredità più cruda del Male.
>>
>> La giornata del 27 è divisa in due fasi: la mattinata è destinata alla
>> visita ad Auschwitz 1, dove i prigionieri andavano a lavorare e
>> venivano “accolti” dai loro perversi ospiti dai terminal della
>> ferrovia che finiva nei presi della scritta “Arbeit match frei”. Con
>> la B capovolta dal fabbro ebreo che la realizzò in segno di protesta.
>> Si entra nelle camerate dove i reclusi dormivano a gruppi anche di 12
>> in due lettini, si osserva con raccapriccio la zona latrine. E si
>> resta sgomenti davanti alle migliaia di foto appese alle pareti.
>> Uomini, donne, bambini con occhi sbarrati che guardano dritto alle
>> coscienze con una spaventosa attualità. E in pigiama a strisce. Unico
>> indumento loro consentito, col gelo o i 40 gradi all’ombra d’estate.
>> Le date di ingresso e morte, poste con zelo dai tedeschi in calce alla
>> diapositiva, parlano chiaro: pochi, specie d’inverno, sopravvivevano
>> più di due giorni. Sfilano immagini e molti quadri dipinti nel
>> dopoguerra. Ce n’è uno incredibile: ritrae il ritorno dal lavoro, con
>> una banda costretta a suonare marcette allegre tra gli schiamazzi di
>> SS e kapò. Le guide raccontano che all’inizio i nazisti simulavano
>> buone maniere: raccomandando a tutti di segnare nome e data di nascita
>> sulle valigie. Indicavano poi le camere, e la vacanza nell’incubo
>> poteva cominciare. Quello che segna maggiormente i ragazzi, e che
>> ritornerà nei discorsi della sera, sono “i capelli. Non ci credevo,
>> sono rimasta per un tempo che non saprei calcolare davanti a tutte
>> quelle ciocche. Un orrore”, confessa Ilaria, diciassettenne del liceo
>> scientifico di Sant’antimo. Si riferisce alle molte montagne di chiome
>> che i nazisti strappavano a morti e morituri, per ricavarne stuoie e
>> tessuti. Insieme alle colline di scarpe e spazzole, inserite con
>> drammatica ma efficace scelta dagli allestitori tra le teche del
>> Museo-Lager, costituiscono i reparti più parlanti. O urlanti.
>>
>> Nel pomeriggio la comitiva di professori, alunni, politici e
>> giornalisti si trasferisce a Birkenau, Auschwitz 2. Il luogo delle
>> camere a gas, il regno di Zyklon B. Le torrette di guardia, il filo
>> spinato, la precisione geometrica dei capannoni dell’enorme campo (17
>> volte più grande del primo) lascia senza fiato. E anche qui la rabbia
>> più forte la suscita l'intimità. I bagni. Squallidi buchi in fila, con
>> sotto gabbie di metallo che impedivano ai prigionieri di nascondersi
>> tra i propri escrementi. Immagine mortifera solo lievemente attutita
>> dallo sciamare di bambini di tutto il mondo, pellegrini della
>> religione civile della memoria. Chi si aspettava la Mejdugorie degli
>> ebrei, con speculazioni di turismo e marketing, ne rimane deluso. Non
>> una bancarella né un chiosco, nessuno approfitta del Male per tirarci
>> su qualche soldo. A dirla con la Arendt, sarebbe stato banale. Giusto
>> dei gazebo muniti di stufa per la distribuzione gratuita di the caldo
>> che riscalda gli avventori. Il freddo ruggisce, siamo a -25. Ma c’è
>> tanta gente. Lasciano corone di fiori, stendardi. E non si capisce da
>> dove vengano né importa: Primo Levi scrisse: “da qualunque paese tu
>> venga, qui non sei un estraneo”.
>>
>> Giovanni Chianelli