giovedì 18 febbraio 2010

Sanremo, vero rapporto Censis sullo stato della nazione


Il rito, la liturgia sanremesi sono uno specchio fedelissimo degli italiani, dei loro gusti, delle tendenze nazionali. C'è poco da far flanella con intellettualismi di maniera. I commenti sui giornali si sprecano. Si parte da chi prende le distanze, affermando falsamente di non averlo mai visto; chi grida sdegnato sullo stato dell'arte e dello spettacolo; fino a posizioni meno rigide di cauta ammissione di essere stati un po' a guardare, ma delusi della pochezza di aver preferito diverso intrattenimento. Io non riesco a vederlo tutto, ma ci provo. Perché lo faccio? Da anni nutro la convinzione che lo sbracamento sanremese di ogni anno rifletta l'Italia meglio del rapporto Censis. Ci sono tutti gli ingredienti veri del Paese reale: la lobby di potere per la gestione, la imposizione dei protetti del periodo come autori e conduttori, la scelta dei cantanti più "promossi" dalle case discografiche e dai produttori, il vincitore predestinato che riceve luce direttamente dal potente di turno. La povera colf-conduttrice Clerici arriva persino a farmi pena per la sua imbarazzante inadeguatezza, per i piedi con i calli, per i tendaggi che ne drappeggiano il corpaccione, per il colore inverosimile dei capelli. Poi penso che se sta in quel posto ci sarà pure un motivo. E che per fare le figuracce che fa riceve compensi dorati, ovviamente pagati dai poveri contribuenti italiani, via canone e attraverso tante altre meno conoscibili strade. Così alla pena si mescola la rabbia. Il livello delle canzoni di quest'anno, o meglio di quelle che in due serate sono riuscito a sentire, non si discosta da quello di passate edizioni. Quasi tutte da dimenticare per pochezza armonica, irrilevanza dei testi, assenza di ogni gusto nella esibizione. Ma la nave va, con ascolti da record e con gli italiani che, dopo aver criticato in lungo ed in largo l'incredibile show, compreranno i dischi e faranno diventare divi gli Scani, i Sonhori, i Mengoni, i Marini. E non c'è da sorprendersi: non hanno fatto diventare primo ministro un venditore di spazzolini?

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