lunedì 13 luglio 2009

il fiore della civiltà

Il libro, come fiore della civiltà. Una bella espressione, densa di profondo significato. Merita attenzione: il fiore è nella comune accezione immagine di nobile leggiadria che riporta tanto alla meravigliosa possibilità di espressione della natura, quanto alla combinazione di sensazioni visive, olfattive, tattili. In una civiltà - anche questo vocabolo di contenuto altamente positivo che connota la evoluzione di un certo momento della storia - il fiore rappresenta il meglio della produzione di quel contesto socio-culturale. Niente meglio del libro poteva rappresentare lo sforzo maggiore di un tempo. Libro, carta che diventa materiale esplosivo, che trasmette idee e che pone a confronto chi scrive e chi legge. In tutte le dittature è stato sempre visto come nemico. E questa sola considerazione basterebbe a farcelo amare. Chi legge vuole conoscere. Vuole ampliare le proprie conoscenze. Vederci meglio è più chiaro nelle cose che accadono. Costruirsi una propria visione della realtà. Pericolo massimo per chi tenta di dirigere le menti sulle direttrici da lui stesso segnate. Scintilla di rivoluzione quindi nascosta in fogli di carta graffiati dalla stampa. Ma oltre la bella definizione riferita da Citati esiste un difficle approccio della cultura, anche di quella "alta", alla reale diffusione delle produzioni letterarie. Un'opera viene spesso misurata a palmi o a sedicesimi. Più grosso è il volume e più merita attenzione per lo sforzo dell'autore. Un'operina minuta, scarna, di poche pagine, diventa letteratura minore da trattare con la sufficienza che si riserva a chi è poco sviluppato, forse un poco tonto, certamente imparagonabile agli sforzi dei grandi dello scritto e del pensiero. E così si snobbano realtà capaci di acquisire alla schiera dei lettori nuovi adepti.