lunedì 26 dicembre 2011

a Bocca chiusa

Nelle redazioni dei giornali c'è l'archivio definito "dei coccodrilli". Nome suggestivo destinato a quell'accumulo ininterrotto di notizie su personaggi di diffusa notorietà avanti negli anni. Politici, artisti, giornalisti e scrittori: non sfugge nessuno alla raccolta progressiva di informazioni sui soggetti che potrebbero lasciarci da un momento all'altro. E allora se l'evento sopravviene deve essere tutto già pronto per tirare giù sermoni commemorativi.
E' successo così che, a 91 anni e dopo una vita piena di avvenimenti significativi, ci ha lasciato Giorgio Bocca. Giornalista e scrittore, ma anche uomo d'azione, disposto a rischiare in prima persona per le sue idee e per dare vita a nuove imprese. Basta dare una scorsa ai titoli dei giornali di oggi e ci si accorge di come questa triste notizia abbia scatenato diverse reazioni. I ricordi degli amici, ormai pochi vista l'età; i tentativi di strumentalizzare l'opera ed il pensiero di Bocca, operati da tutti i lati degli schieramenti. E persino provocazioni da destra per definire lo scomparso come un sostenitore del regime. Perché pare siano riferibili a lui scritti giovanili in difesa della razza e delle assurdità connesse.
Viene voglia di dire: restate a bocca chiusa. Ma senza alcun gioco di parola o riferimento al cognome del giornalista. Vuol significare invece: abbiate un rigurgito di dignità nelle vostre ricostruzioni. A 18 anni - questa l'epoca di quelle asserite esternazioni - si possono pensare e magari scrivere tutte le minchiate possibili. Ma un uomo non ha forse il diritto di essere giudicato dall'intero percorso dell'esistenza? E a questo punto pochi italiani possono paragonarsi a Giorgio Bocca, quanto a schiena dritta e coerenza. Era certamente un pensatore "scomodo", capace di dire la sua anche quando questa poteva risultare impopolare o contro corrente. Una personalità in ogni caso autentica, in grado di affrontare le conseguenze del proprio pensiero senza difendersi dietro a sponsor o convenienze.
Questo genere di individuo va scomparendo. Oggi sono sempre più in auge gli opportunisti, i cerchiobottisti, i "trasversali" dell'opinione, valida per tutte le stagioni. Sempre in piedi o piuttosto sempre a galla. Servili quanto basta, ma con un "distinguo" già pronto nel cassetto, che li salva quando il vento cambia. E' una razza sempre più diffusa e destinata ad accrescere smisuratamente i propri ranghi.
C'è stato un periodo storico, che abbiamo attraversato senza accorgercene, nel quale era possibile sperare di smascherare il "re" o meglio di denudarlo. A sostegno dei contestatori esisteva un sistema normativo che veniva dalle piaghe ancora aperte di una guerra persa. E che attraverso quei principi fondamentali di libertà contenuti nella carta costituzionale, faceva sperare nell'affermazione di un minimo di equità sociale.
Giorno dopo giorno i poteri forti, che sono rimasti al loro posto sempre in attesa di vedere il cadavere del nemico attraversare il fiume, stanno rioccupando tutti gli spazi. Concedendo la possibilità di sopravvivere solo ai servi, ai lacché, ai consenzienti silenziosi che non disturbano i manovratori.
Bocca era della razza di quelli "contro" e la sua assenza e tutto quello che non ci potrà più dire avranno un peso negativo per tutti gli uomini di buona volontà. Che nonostante tutto ci sono ancora e che devono ritrovare l'orgoglio e la dignità di non mollare.

mercoledì 21 dicembre 2011


Ho avuto per molti anni una certa
familiarità con un signore che aveva
venti anni più di me. Il motivo dei nostri incontri era la comune passione per
il tennis che ci conduceva nel medesimo circolo. Signore austero, sorridente per generico principio di convinta
civiltà, mai però indulgente o muto di
fronte ai nuovi barbari ed alle loro stupefacenti manifestazioni di idiozia. Nel tempo, ma senza fretta, mi accorsi
che mi accordava una cauta confidenza, con aperture minime, quasi sempre
conseguenti a partaccioni che mi infliggeva come compagno di doppio. Sermoni
attraverso i quali cercava, con successi minimi, di insegnarmi come muovermi in
modo positivo o almeno di fare i minori danni possibili. Ricordo quasi tutte le
sue parole: “ non guardare indietro
quando passa la palla, gioca deciso, se necessario tira addosso all’uomo a
rete, se il servizio non ti riesce gioca una prima palla piazzata, entra quando
devi entrare e non ti nascondere, mai
una smorzata se non nascosta o assolutamente necessaria, il pallonetto sul lato
del rovescio dell’avversario”.
Questo compagno di gioco non c’è più, ma il ricordo più intenso di lui risale a quando
avevo compiuto da poco 45 anni e per il primo anno potevo difendere i colori
del nostro circolo nel torneo a squadre per tennisti over 45. Fu proprio lui, che da sempre giocava
con ottimi risultati tra i veterani, a scegliermi come partner di doppio. Quel
giorno viaggiavamo insieme alla volta di
una località del beneventano, sede della partita, io alla guida e lui assorto nei suoi pensieri.
Poi ruppe il silenzio: “Ho notato che ti
piacciono due delle nostre consocie”. Un’affermazione che mi parve un
fulmine a ciel sereno, venendo da un uomo riservato ed un filo burbero come il
mio compagno di viaggio. La mia faccia interrogativa gli suggerì di continuare.
“Le signore non è che valgano granché,
però hanno un loro fascino discreto che le riabilita esteticamente, fino a
farle diventare appetibili. Ho notato, si..” “Non pensavo si notasse poi
tanto” fu la mia imbarazzata replica. “ A me
è parso così. Spero che tu mi creda,
ma io ho avuto una fortuna persino sfacciata con le dame” aggiunse con una
punta di compiacimento che non mi sfuggì “e ancora godo delle grazie di due signore,
che mi fanno dono della loro affettuosa dolcezza. E questa amorevolezza
compensa gli impacci dell’età, miei e loro..”
Davanti a queste spontanee confidenze rimasi senza parola, sapendo in particolare quanto
lui fosse geloso della sua vita privata, circondata da una specie di mistero
nel pettegolissimo nostro circolo del tennis. “So benissimo di essere un uomo di banale presenza estetica –
continuò – ma sapessi quale importanza ha
avuto per me sapere usare bene le parole. Si, proprio le parole. Me ne accorsi
le prime volte parlando al telefono con donne sconosciute. Erano occasioni di
lavoro, niente di intrigante. Ma in moltissime di queste circostanze mi
accorgevo di aver fatto colpo e di aver lasciato un segno. Il suono della mia
voce? L’atteggiamento misuratamente cordiale? Un tono particolare che inserivo
inconsapevolmente? Fatto sta che, talvolta senza un motivo preciso, le
interlocutrici si materializzavano. Con un pretesto o magari per semplice ventura me le trovavo
davanti. E l’impatto per loro non era sempre confortante perché l’uomo dalla
voce flautata doveva apparire loro in tutta la sua dimensione anonima. Un
contrasto probabilmente stridente tra realtà e quanto avevano immaginato. Ma,
appena si sviluppava il colloquio sentivo in molti casi queste signore
“accogliermi” sempre di più, fino a diventare allusive. A quel punto, ero io a
decidere se valesse la pena approfondire la conoscenza o lasciare tutto in
sospeso. E aggiungo che la stessa cosa mi succedeva quando avviavo una
corrispondenza con una donna. Una frase, un aggettivo che avvolgeva, un inciso
significativo o un avverbio appropriato e si scatenava una reazione di empatia
che spesso trovava sbocco in rapporti personali. Ho avuto solo una fortunaccia
o l’uso della parola è la chiave per aprire un mondo di nuove emozioni?
Non chiedeva una risposta, un
uomo come lui se l’era già data. Ma non avrebbe mai arrogantemente preteso di
imporre la sua soluzione. Intanto eravamo arrivati sul posto dell’incontro e io
maledivo la fine del percorso, sapendo che sarebbe stato difficilissimo
riprendere quel genere di dialogo. La sua riservatezza quel giorno aveva aperto
uno squarcio improvviso, difficilmente ripetibile. Però ci ho pensato tanto e tento di recuperare così quella memoria per me
preziosa.

martedì 20 dicembre 2011

odore di cloro e sudore

Ricevo una richiesta di pubblicazione da un giovanotto che mi sta a cuore. Uno stile un po' sdolcinato, ma tutto sommato non è sgradevole.Quanto ai lettori insospettabili del mio blog, rivolgo un grato pensiero. Ho poche pretese, ma sapere che c'è qualcuno che mi segue mi fa molto piacere.
Signore, mi pubblichi ciò su terra dell'etrusco? (blog che ha lettori insospettabili, ma non ti dirò il nome)? se ti piace, naturalmente. con la foto che ti allego
Preghiera a cose più belle di me: il fascino discreto della periferia.
Per motivi lontanissimi da quelli sportivi, sabato scorso sono stato alla palestra “Einaudi” di San Nicola La Strada, provincia di Caserta, per assistere all'incontro di serie C femminile Volalto-Indomita Salerno. Un sabato pomeriggio invernale, sotto feste, tra freddo e lucine di Natale. Un paesino garbato, con struttura sportiva più che decente. La gara, dopo ripetuti ribaltamenti di fronte, se la sono aggiudicate le ragazze di Salerno, al tie break per 15 a 10. Racconto questo che potrà sembrare un dettaglio, una notizia di quart'ordine, per dire che c'è una vita intensa, nello sport di provincia, che chi abita le grandi città e che per motivi di lavoro deve seguire la grande cronaca, non sospetta neanche. Affianco alla palestra, in una scuola elementare, si teneva un classico saggio di fine anno dei bambini, che intrattenevano genitori e amici al suono di balli tipici. Era tutto così ingenuo che al primo sguardo ti viene da chiedere perchè, esiste tutto questo. Per chi succede. Un'esibizione sportiva o artistica in un istituto della Campania più remota non promette alcuna ribalta, né lancia verso palcoscenici più allettanti. Eppure accade, ed ha una bellezza che mozza il fiato. Dietro quell'odore di cloro e sudore di un centro sportivo di periferia, dietro le bambine che applaudono schiacciate di atlete sconosciute abbracciate ai nonni, dietro quell'incitare casalingo, da famigliola, “dai Paola!”, “ora, vatussa!” (soprannome di una stangona in forza alla formazione di casa), ho trovato una passione fine a sé stessa che mi ha travolto. Un impegno di portare avanti le cose, con ordine e sobria allegria. Il rito, ma non quello formale che annoia; piuttosto, la consolante ruota delle stagioni e della crescita. Alla fine della gara c'è stato un rinfresco a tutte le giocatrici, le casalinghe sconfitte e le ospiti vittoriose, hanno mangiato, brindato e scherzato insieme. Le crostate fatte dalle mamme, la bellezza di queste sportive che si vestivano direttamente per la serata ballerina che le aspettava fuori, il sottofondo di John Lennon “Merry Xmas”. Era tutto così pieno di grazia che non sarei voluto uscirne. Lo so, accade spesso, in paesi piccoli, una scena del genere: ma chi l'ha detto che la bellezza sia solo nell'eccezione? Forse, l'eccezione è meno eccezionale di quanto si creda. Basta saper cercare. Non voglio spendermi per retorica, su tali pensieri (tipo “beata vita di paese”) né girerei mai un documentario su questo; solo, consiglio a tutti quelli che amano il guardarsi dentro un'affacciata in una di queste realtà. Ti verrà da sorridere naturalmente, starai solo in mezzo a tanti, e nel contempo così in compagnia. Sarai al caldo, al pulito, ti appassionerai a storie e partite che non ti appartengono. Capitaci per sbaglio, ad un orario semimorto, o morente, e acciufferai un po' di vita nascosta. E per dimostrarlo dirò che mentre guardavo la partita mi è venuto, quasi da solo, questo strano verso. “Preghiera a cose più belle di me: avvento della giovinezza. Immagine perfetta. Sensazione perfetta. E' nella pioggia, oggi, il vostro grido.
"giova.chi."

domenica 18 dicembre 2011

errata corrige

Ammoniva un professore dei tempi universitari diretto alle matricole: "molti di voi dovrebbero tornare sui banchi delle elementari". E l'invito non intendeva farci riprovare l'emozione della classe e dell'età infantile, ma spingeva a mettere un po' d'ordine nell'uso della lingua italiana, scritta e parlata. E' così, mi servirebbe proprio un ripasso urgente di grammatica: nella fretta di "postare" sul mio blog faccio uso disinvolto del plurale di nome composto: grattacapo al plurale diventa grattacapi.. E per fortuna non ho dato seguito al mio giovanile intento di fare il professore di lettere perché avrei contribuito la mia parte al disgregarsi di questa povera lingua. Che cosa mi abbia distolto dall'insano proposito? Con ogni probabilità avrà avuto un peso il trauma del tema in classe? Vi ricordate? Si affrontava con superficiale noncuranza, pensando che tanto quattro "stroppole" alla fine sarebbero pur uscite dalla penna. Ma la realtà era sempre più inquietante dell'immaginario della vigilia. Veniva fuori un'affascinante traccia del tipo "Spiritualità e valori familiari dei Promessi Sposi". E iniziavi a sacramentare in tutte le (poche) lingue conosciute. Ed a chiederti il perché di quel tentativo di indagine volto ad inasprire il già rilevante danno scrotale derivato dalla lettura di quel polpettone ipocrita. Foglio lungamente bianco, penna penzolante, tempo che scorre impetuoso, sguardo rivolto ai tanti compagni pedalatori che erano partiti come allo scoppio dello start, appena terminata l'indicazione del testo. E scrivevano pagine su pagine di meravigliose considerazioni sul senso religioso delle vicende manzoniane. Io guardavo tutti e mi vergognavo della mia ignoranza, ma anche della loro imperturbabile capacità di metabolizzare qualsiasi porcata e volgerla in prosa. Poi ti veniva una mezza idea di mandare a cagare scuola e professori con un tema incendiario sui baciapile, sui sepolcri imbiancati e sulle stolide falsità che eravamo costretti a subire. Alla fine, la paura aveva il sopravvento, già immaginavo il cazziatone del preside che avrebbe convocato il consiglio di istituto per quell'attentato alla sana formazione delle classi dirigenti del domani e via retoricando. Non potevo dimenticare che stavo frequentando il liceo classico di una delle zone borghesi di Napoli, covo di una certa destra conservatrice che non aspettava altro che la comparsa di sintomi eversivi per eliminare i facinorosi. E allora? Andava a finire che mi producevo in due striminzite colonnine di pensieri masticati e maldigeriti, tutti nel solco della massima colpevole ortodossia. Voto quasi fisso: sei meno meno. E il commento della prof: potresti fare molto di più se ti applicassi nella lettura del testo. Cioè la signora, da quaranta anni sui banchi, non aveva capito niente di me e di tanti altri compagni che avremmo voluto essere trattati da giovani esseri umani e non da pedine della futura "leading class". Straordinario esempio di come una generazione sia stata trattata da gregge e come solo un forte senso di coscienza individuale abbia prodotto qualche sporadico salvataggio.

sabato 17 dicembre 2011

emergenza occupazione

Una nuova nube su addensa sulle teste degli italiani. Come se non bastassero i disagi ed i problemi posti dalla pesantissima crisi economica e dalle sanguinose misure di recupero, si materializza un nuovo ed urgente bisogno. Si, si tratta di sistemare tutta la schiera nutrita di nani e ballerine che negli ultimi anni hanno fatto da coro famelico per il deposto cavaliere. Le ansie sono partite dalla sostituzione di Minzolini al TG1. Il povero spelato, destituito per i numeri miserrimi dell'audience, privo del suo unico sostegno professionale, se ne va. Per il momento, lascia mesto e ringhioso, minacciando contenziosi civili, con il classico scatolone di cartone, visto che ha rifiutato di fare l'inviato RAI a New York. Ma è stato solo il primo lampo Pensate che trauma dover sistemare Emilio Fede che, secondo fonti informatissime, starebbe per mollare "spintanemente" dal cadreghino occupato per tanti anni al TG4. Le sue comiche intemerate pro silvio non bastano più. Nè serve ricordare la lunghissima carriera da lacché che l'ottuagenario sedicente giornalista ha percorso con pantomime e slinguazzate vergognose verso Arcore. Pare che ultime poco gradite esternazioni del moro abbiano convinto i dirigenti mediaset a decidere per la estromissione. Non è ancora certo se siano stati i 400 mila euro della marchetta lelemoriana o altre facilmente immaginabili incontinenze del direttore a far prendere una decisione che, ai pochi spettatori di buon senso di quel telegiornale, sembrava da anni doverosa. Passano così le "glorie" del mondo e i tempi cambiano rapidamente se persino il ringhioso mastino andrà nel dimenticatoio. Intanto lui fa sapere che si contenta di una modesta buonuscita di dieci milioni di euro. Gli servono per un colpo finale al casinò. I signori del cda del gruppo staranno pensando: overdose di viagra o di carote abbronzanti? Secondo voci non controllate gli avrebbero offerto una presidenza del settore editoriale, con alternativa per un abbonamento a Playboy ed una tessera di "betwin"di 250 euro. Vedete quanti grattacapo? Dobbiamo sistemare non solo questi pilastri dell'informazione ma anche la Santadeché, la Carlucci ed altri giganti del genere. A fare due conti ci vuole una nuova manovra Monti e state pur certi che la pagheremo tutti l'ennesima emergenza mobilità. Ce li meritiamo tutti e li accompagneremo economicamente per tutta la vita. Fatevene una ragione!

lunedì 5 dicembre 2011

Grazie, Professore

Gli italiani normali, e per tali intendo quelli abituati a pensare un minimo allo stato reale delle cose, non possono dichiarsi sorpresi. Le misure di sacrificio fissate dal nuovo esecutivo non potevano essere diverse. Ma esaminiamo i fatti e gli avvenimenti nel loro svolgersi. Il governo "tecnico" Monti è nato per lascito fiduciario del precedente governo del cavalier banana. Che da uomo coerente e sincero come pochi altri, non poteva rimangiarsi la miriade di puttanate promesse in tutte le campagne elettorali a suoi interessatissimi elettori. Niente nuove tasse, incentivi allo sviluppo, condoni a gogò, struttura delle pensioni inalterata, niente ICI, nessuna tassa sulle successioni e via discorrendo. Ma il (P)aese - vedete voi se merita la maiuscola - era in catalessi da decenni e la cura da cavallo ora propinata ci voleva da quel dì. E il nano artificialmente eretto, aveva ben compreso che se le misure di sangue le avesse proposte lui, avrebbe dovuto trovare una nazione senza estradizione disposta ad ospitare lui e quello che resta della sua scombiccherata compagnia di guitti per evitare di essere appeso a palle larghe al centro di Arcore. E non era il momento, visto le difficili situazioni di Mubarak, Gheddafi, Putin ed altri galantuomini assùimilabili. Per non parlare del suo folcloristico partito dei ladri che, alle prossime elezioni, magari cancellando in tutta fretta il nome del fuggiasco, avrebbe preso percentuali da confrontare alle temperature invernali di Anchorage. E allora? Pensa che ti ripensa - si fa per dire nel caso specifico - presenta sulla cattedra i pidiellini che hanno studiato. Facce presentabili, congiuntivi a posto, abbigliamento da schiattamorti quanto basta.
La sostanza della manovra è davanti agli occhi di tutti: pagano - e come ti sbagli? - sempre gli stessi. Con decurtazioni sulle pensioni, aumenti delle tasse regionali con ricadute negative su stipendi e pensioni fermi da secoli, aumento dell'IVA con ripercussioni su tutti i beni e servizi. Inasprimento delle condizioni per andare in pensione, con ulteriore tappo per giovani e disoccupati.
E l'aumento delle aliquote IRPEF per i redditi alti? la patrimoniale? No ci dispiace, queste sono misure di sinistra e dovremo attendere per altri 50 anni - chi ce la fa - per un altro governo a guida, diciamo, progressista.
Continuano a comandare gli stessi, la Chiesa è salva con i suoi beni e i suoi privilegi.
E la famosa evasione fiscale? Non troverete un solo esponente politico disposto a spendere una parola in più. Formalmente la combattono tutti, ma nell'ipocrita e colpevole consapevolezza che senza il sommerso le piazze d'Italia ed in particolare del Sud, sarebbero piene di gente con forconi e coltelli in mano pronta ad assalire chiunque per sopravvivere. Vi siete chiesti come facciamo ad andare avanti nonostante i numeri stellari della disoccupazione? Piccoli artigiani, imprenditori improvvisati, venditori di tutto il possibile "a nero", tecnici con borsa a tracolla che riparano di tutto, consulenti assicurativi, finanziari, capaci di procurare mutui, leasing, finanziamenti di ogni genere senza avere un ruolo ufficiale; paramedici e paradentisti in grado di assicurare in tempo reale quelle prestazioni che diversamente vedrebbero i pazienti in lista non di attesa negli studi, ma nelle sale mortuarie. E ancora, badanti, domestici di ogni livello, operatori del microcommercio. Un arcipelago di percettori di reddito contenuto che riescono così a tirare la carretta.
La rivoluzione? Dimenticatelo. E' per popoli seri. Non va bene per gli italiani che alla fine, un cugino prete o consigliere comunale se lo troveranno sempre!

giovedì 1 dicembre 2011

lettore di seconda mano

Mi presento: sono un lettore di seconda mano. Per chi volesse saperne di più, sono ammesse tutte le domande, ma non so se saprò rispondere. No, non sono un lettore di libri usati, del genere acquirente di volumi esausti su bancarella. Eppure avrei un amico che opera da anni nel settore, tal Lello "Feltrinelli" titolare di una conosciuta ditta in San Biagio dei Librai, davanti a Palazzo Marigliano. Devotissimo a tutta la mia famiglia per alcune donazioni di libri che nel tempo abbiamo smaltito, rimpolpando il suo catalogo. I prezzi sono bassissimi, da uno a tre euro, ed è possibile trovare il libro raro o qualche comunissima serie da edicola. Ma tornando al mio caso, la mia qualifica di lettore di seconda mano deriva dal fatto che compro al massimo una diecina di libri all'anno. Ma per mia fortuna e piacere, riesco a leggerne una cinquantina, grazie al rigiro di mio figlio, lettore instancabile, che mi passa di tutto. Così finisce che non ho più gusti letterari originari, ma derivati, in tutto dipendenti dalla bulimia letteraria del giovanotto. Per mestiere lui cerca di fare il giornalista. Ma non è possibile parlare di lavoro in senso tecnico, mancando uno dei requisiti essenziali, la retribuzione. Ovvero se ne parla all'inizio, ma poi tutte le imprese editoriali con le quali entra in contatto vanno inevitabilmente a carte quaranta. Non so se dipende da lui o dalla scarsa coscienza dei datori. Intanto legge, scrive per giornali "on line, ma soprattutto" dispensa il suo giovanile ardore nei confronti di fanciulle sparse in tutta la penisola. Concetto positivo che esalta il suo senso di disponibilità nei confronti della nazione intera, senza pregiudizi di lingua o di razza, magari frequentando contemporaneamente ragazze amiche tra di loro, quando non parenti. Un capolavoro! Lo stesso concetto della scelta dei libri: lui non fa distinzione, purché si .. legga. E purtroppo, per limiti di età, a tacer d'altro, nel suo primo campo di interesse non riesco ad essere un utilizzatore di secondo profilo, trattandosi, tra l'altro, di signorine di età fino ai 30 anni. Saggiamente, ripiego sui libri, ingurgitando di tutto, facendo anche scoperte interessanti che difficilmente riuscirei ad individuare in modo autonomo. Per fortuna ci sono i giovani, e le loro meravigliose follie. Gli anziani? alla larga, specie quando hanno perso (o pensano di aver perso) la facoltà di innamorarsi. Di un'idea, di un colore, di una musica, di un profumo o di un sapore.