sabato 21 febbraio 2009

poesie erranti di C. Bukowsi




















ESAME

ah sì, sono un bravo ragazzo
appena resta poca
carta igienica
tolgo il rotolo
e
ne rimetto uno ben pieno.
non vivo
solo
e sono cosciente
che un´improvvisa ricerca nervosa
di quel rotolo
di carta
può mandare in malora
i più teneri umori
o scagliare maledizioni
sulle piastrelle
del bagno

bravi ragazzi come me
servono a qualcosa
in questo mondo difficile.


NON RESTITUIRE AL MITTENTE

la buona notizia è che sono
deperibile,
mentre la lumaca striscia lenta sotto
la foglia,
mentre la dama nel caffè
ride una falsa risata,
mentre la Francia brucia
un crepuscolo di porpora.
sono deperibile
e questo è il bello,
mentre il cavallo scalcia
un´asse della stalla,
mentre ci affrettiamo verso
il paradiso,
io sono piuttosto deperebile.
metti le scarpe sotto
il letto
allineate.
mentre ulula il cane
l´ultima rana sbuffa
e salta.

venerdì 20 febbraio 2009

qualcosa si muove nel mondo


Scrive Natalia Aspesi su Venerdì di Repubblica del 20 febbraio 2009 " Sempre meno omosessuali mi scrivono...In questa situazione c'è un lato positivo, cioè che a poco a poco i problemi delle persone in quanto gay si stanno ridimensionando, allineandosi con quelli di tutti, uomini e donne, etero e gay, in amore nei rapporti familiari nella vita sociale e politica. E ce ne è uno negativo e cioè che per le battaglie civili, nel paese più ateo che conosca, l'Italia, ma anche il più servile al Vaticano per opportunismo, bisogna aspettare momenti meno bui, meno illiberali, meno pericolosi. Per tutti."
Natalia Aspesi ha meriti incredibili nell'aver tenuto dritta la barra del timone in tutti questi anni di una rubrica profondamente diversa dalle classiche rubriche di piccola posta che avevamo imparato a conoscere, specie nei giornali riservati alle donne. Principale credito di questo prezioso spazio di posta è quello dello sdoganamento dei problemi degli omosessuali. Nella sua rubrica "Questioni di cuore" da almeno venticinque anni si riversano anche le problematiche, prevalentemente amorose, di uomini e donne gay. Trattati da sempre con assoluta compostezza e lucidità. Con risposte che si possono più o meno condividere, ma che si sono distinte perché formulate al di fuori della imperante ipocrisia. E in un luogo del tutto particolare come il magazine del principale giornale della sinistra italiana. Proprio di quello schieramento politico che ha sempre evitato con ogni cura di affrontare l'argomento della omosessualità facendo la necessaria chiarezza.
Abbiamo letto di rapporti difficili, che descrivevano, con chiarezza e senza alcun cedimento alla morbosità, la difficoltà di chi è gay di incontrare l'amore, uscendo dai ghetti delle marchette e dei cessi dei locali omosex.
Un risultato non da poco, grazie al costante lavoro di tessitura di questa straordinaria giornalista, donna con una storia personale che non deve essere stata particolarmente facile o felice. Brevi accenni sulla sua condizione di bruttina stagionata sono venuti nelle sue risposte, quando condivideva i disagi di giovani uomini e donne che lamentavano la mancanza di amore in ragione dell'aspetto non felice. Per lei deve essere stato non facile raggiungere l'equilibrio su certi temi. Ma proprio per questo può guardare con maggiore apertura ai tormenti dei suoi lettori. Che, come dice lei in maniera stupefacente, fanno parte del Paese più ateo che esista, pur se il più asservito per motivi di comodo politico al potere condensato nel termine Vaticano.

giovedì 19 febbraio 2009

Caro mare, caro bugiardo, caro amico


Io credo, caro amico, che arrivati ad un certo momento bisogna fare il punto della situazione... mi correggo perché effettivamente punti e situazioni, ora come ora, fioccano nella mia vita come neve alla vigilia di Natale.
Il panno che mi avvolgeva come calda bambagia si è sgretolato, e dubbi e riflessioni li ritrovo solo adesso abbandonati alla brezza, inibiti dal tuo lamento.
Penso che tu mi debba delle spiegazioni: il tuo "andare e venire", che non è mai stato detto davvero, l'ho conosciuto solo per mute didascalie perse tra discorsi vani, ma sempre mi sono dato una risposta. Volevo solo contemplare le tue braccia che cercavano appiglio in ogni cosa e poi, vili predatori, si rifugiavano entro le mura invalicabili della tua fortezza.
Caro amico, caro bugiardo, chiedimi adesso perché i Suoi adepti non caddero nelle tue menzogne ma rimasero ciechi ad aspettare il tempo e le conseguenze delle tue azioni; chiedimi perché sono riuscito a passare sopra a mille bugie anche quando dicevi di dormire pensando che io non vedessi i tuoi occhi socchiusi che mi scrutavano.
Dicono che "il diavolo rimase stupito quando comprese quanto osceno fosse il bene e vide la virtù nelle sue forme più sinuose", ma io, che pur non comprendo, resto senza parole davanti al tuo nudo artistico e il mio sguardo si perde sul tuo seno candido colpito dal sole. Lo trovo improbabile visto che i tuoi inganni, camuffati da mugghio sprofondano nel baratro a far compagnia a un diavolo decrepito.
Ora devo chiederti il perché di queste tue bugie; per quale motivo non riveli la tua identità? E perché non mi dici come sei nato?
Non ho mai avuto il coraggio di chiedertelo, né di chiederlo a me; al massimo mi capitava di gridarlo al mondo e in tutta risposta mi tornava indietro qualche sussurro, un eco che legava assieme ossigeno e idrogeno, facendoli reagire.
Li per li presi la risposta come veritiera ed esaudiente, ma ti confido, caro amico e bugiardo, che non ho mai creduto a pazzie del genere.
Mi sono guardato bene dall'offenderti da quando, presa coscienza, lasciai il fiore della mia infanzia per salpare verso alti porti e altri prati fioriti; ho riconosciuto la stanchezza nei tuoi occhi e nei tuoi movimenti dopo una tempesta d'ira; ho compreso quanto tu non sia né più né meno di quanto possa essere io, poiché ci ritroviamo legati, come solitari eremiti, gemelli: io governato dalla luna, tu posseduto dalla paura.
Ho ragionato e capito e ancora tu taci nel tuo silenzio e non mi degni di una risposta, non ti scusi per le tue bugie.
Pescando nel mio abisso riesco a trovare quel disprezzo che non mi è riuscito di darti, ma seduto qui, su questo tetto arrossato dal crepuscolo, non posso trovare tutte le parole e il disprezzo diventa amore che disperdo come cenere.
La mia iride riflette i colori dei tuoi occhi, quelli profondi persi nel tuo abisso: gli occhi di tutti. Ed è una bugia in meno al mondo.

In piedi sul cornicione fisso l'orizzonte, il tuo orizzonte, e tu mi aspetti indifferente sapendo già la fine che ci attende. Una dolce morte, scritta nero su bianco.
Caro mare. Caro bugiardo. Caro amico.

mercoledì 18 febbraio 2009

Lettera a Bosie di Oscar Wilde


Mio carissimo ragazzo, questo e' per assicurarti del mio amore immortale, eterno per te. Domani sara' tutto finito. Se la prigione e il disonore saranno il mio destino, pensa che il mio amore per te e questa idea, questa convinzione ancora piu' divina, che tu a tua volta mi ami, mi sosterranno nella mia infelicita' e mi renderanno capace, spero, di sopportare il mio dolore con ogni pazienza. Poiche' la speranza, anzi, la certezza, di incontrarti di nuovo in un altro mondo e' la meta e l' incoraggiamento della mia vita attuale, ah! debbo continuare a vivere in questo mondo, per questa ragione. Il nostro caro amico mi e' venuto a trovare oggi. Gli ho dato parecchi messaggi per te. Mi ha detto una cosa che mi rassicurato: che a mia madre non manchera' mai niente. Ho sempre provveduto io al suo mantenimento, e il pensiero che avrebbe potuto soffrire delle privazioni mi rendeva infelice. Quanto a te (grazioso ragazzo dal cuore degno di un Cristo), quanto a te, ti prego, non appena avrai fatto tutto quello che puoi fare, parti per l' Italia e riconquista la tua calma, e componi quelle belle poesie che sai fare tu, con quella grazia cosi' strana. Non esporti all' Inghilterra per nessuna ragione al mondo. Se un giorno, a Corfu' o in qualche isola incantata, ci fosse una casetta dove potessimo vivere insieme, oh! la vita sarebbe piu' dolce di quanto sia stata mai. Il tuo amore ha ali larghe ed e' forte, il tuo amore mi giunge attraverso le sbarre della mia prigione e mi conforta, il tuo amore e' la luce di tutte le mie ore. Se il fato ci sara' avverso, coloro che non sanno cos'e' l'amore scriveranno, lo so, che ho avuto una cattiva influenza sulla tua vita. Se cio' avverra', tu scriverai, tu dirai a tua volta che non e' vero. Il nostro amore e' sempre stato bello e nobile, e se io sono stato il bersaglio di una terribile tragedia, e' perche' la natura di quell' amore non e' stata compresa. Nella tua lettera di stamattina tu dici una cosa che mi da' coraggio. Debbo ricordarla. Scrivi che e' mio dovere verso di te e verso me stesso vivere, malgrado tutto. Credo sia vero. Ci provero' e lo faro'. Voglio che tu tenga informato Mr Humphreys dei tuoi spostamenti cosi' che quando viene mi possa dire cosa fai. Credo che gli avvocati possano vedere i detenuti con una certa frequenza. Cosi' potro' comunicare con te. Sono cosi' felice che tu sia partito! So cosa deve esserti costato. Per me sarebbe stato un tormento pensarti in Inghilterra mentre il tuo nome veniva fatto in tribunale. Spero tu abbia copie di tutti i miei libri. I miei sono stati tutti venduti. Tendo le mani verso di te. Oh! possa io vivere per toccare i tuoi capelli e le tue mani. Credo che il tuo amore vegliera' sulla mia vita. Se dovessi morire, voglio che tu viva una vita dolce e pacifica in qualche luogo fra fiori, quadri, libri, e moltissimo lavoro. Cerca di farmi avere tue notizie. Ti scrivo questa lettera in mezzo a grandi sofferenze ; la lunga giornata in tribunale mi ha spossato. Carissimo ragazzo, dolcissimo fra tutti i giovani, amatissimo e piu' amabile. Oh! aspettami! aspettami! io sono ora, come sempre dal giorno in cui ci siamo conosciuti, devotamente il tuo, con un amore immortale

lunedì 16 febbraio 2009

Maurilia di Italo Calvino


Maurilia

A Maurilia , il viaggiatore è invitato a visitare la città e nello stesso tempo a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com'era prima: la stessa identica piazza con una gallina al posto della stazione degli autobus, il chiosco della musica al posto del cavalcavia, due signorine col parasole bianco al posto del cavalcavia, due signorine col parasole bianco al posto della fabbrica di esplosivi. Per non deludere gli abitanti occorre che il viaggiatore lodi la città nelle cartoline e la preferisca a quella presente, avendo però cura di contenere il suo rammarico per i cambiamenti entro le regole precise: riconoscendo che la magnificenza e prosperità di Maurilia diventata metropoli, se confrontate con la vecchia Maurilia provinciale, non ripagano d'una certa grazia perduta, la quale può tuttavia essere goduta soltanto adesso nelle vecchie cartoline mentre prima, con la Maurilia provinciale sotto gli occhi, di grazioso non ci si vedeva proprio nulla, e men che meno ce lo si vedrebbe oggi, se Maurilia fosse rimasta tale e quale, e che comunque la metropoli ha questa attrattiva in più, che attraverso ciò che è diventata si può ripensare con nostalgia a quella che era. Guardatevi dal dir loro che talvolta città diverse si succedono sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso nome , nascono e muoiono senza essersi conosciute, incomunicabili tra loro. Alle volte anche i nomi degli abitanti restano uguali, e l'accento delle voci, e perfino i lineamenti delle facce; ma gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei. E' vano chiedersi se essi sono migliori o peggiori degli antichi, dato che non esiste tra loro alcun rapporto, così come le vecchie cartoline non rappresentano Maurilia com'era, ma un'altra città che per caso si chiamava Maurilia come questa.

mercoledì 11 febbraio 2009

Bersabea: le Città Invisibili di Italo Calvino


Bersabea

Si tramanda a Bersabea questa credenza: che sospesa in cielo esista un'altra Bersabea, dove si librano le virtú e i sentimenti piú elevati della città, e che se la Bersabea terrena prenderà a modello quella celeste diventerà una cosa sola con essa. L'immagine che la tradizione ne divulga è quella d'una città d'oro massiccio, con chiavarde d'argento e porte di diamante, una città-gioiello, tutta intarsi e incastonature, quale un massimo di studio laborioso può produrre applicandosi a materie di massimo pregio. Fedeli a questa credenza, gli abitanti di Bersabea tengono in onore tutto ciò che evoca loro la città celeste: accumulano metalli nobili e pietre rare, rinunciano agli abbandoni effimeri, elaborano forme di composita compostezza. Credono pure, questi abitanti, che un'altra Bersabea esista sottoterra, ricettacolo di tutto ciò che loro occorre di spregevole e d'ingegno, ed è costante loro cura cancellare dalla Bersabea emersa ogni legame o somiglianza con la gemella bassa. Al posto dei tetti ci si immagina che la città infera abbia pattumiere rovesciate, da cui franano croste di formaggio, carte unte, resche, risciacquatura di piatti, resti di spaghetti, vecchie bende. O che addirittura la sua sostanza sia quella oscura e duttile e densa come pece che cala giú per le cloache prolungando il percorso delle viscere umane, di nero buco in nero buco, fino a spiaccicarsi sull'ultimo fondo sotterraneo, e che proprio dai pigri boli acciambellati laggiú si elevino giro sopra giro gli edifici d'una città fecale, dalle guglie tortili. Nelle credenze di Bersabea c'è una parte di vero e una d'errore. Vero è che due proiezioni di se stessa accompagnino la città, una celeste e una infernale; ma sulla loro consistenza ci si sbaglia. L'inferno che cova nel piú profondo sottosuolo di Bersabea è una città disegnata dai piú autorevoli architetti, costruita coi materiali piú cari sul mercato, funzionante in ogni suo congegno e orologeria e ingranaggio, pavesata di nappe e frange e falpalà appesi a tutti i tubi e le bielle. Intenta ad accumulare i suoi carati di perfezione, Bersabea crede virtú ciò che è ormai un cupo invasamento a riempire il vaso vuoto di se stessa; non sa che i suoi soli momenti d'abbandono generoso sono quelli dello staccare da sé, lasciar cadere, spandere. Pure, allo zenit di Bersabea gravita un corpo celeste che risplende di tutto il bene della città, racchiuso nel tesoro delle cose buttate via: un pianeta sventolante di scorze di patata, ombrelli sfondati, calze smesse, sfavillante di cocci di vetro, bottoni perduti, carte di cioccolatini, lastricato di biglietti del tram, ritagli d'unghie e di calli, gusci d'uovo. La città celeste è questa e nel suo cielo scorrono comete dalla lunga coda, emesse a roteare nello spazio dal solo atto libero e felice di cui sono capaci gli abitanti di Bersabea, città che solo quando caca non è avara calcolatrice interessata.

da: Le Città Invisibili di Italo Calvino

martedì 10 febbraio 2009

se manca l'ispirazione


Il terrore del foglio bianco. Chi ha avuto la ventura di dover scrivere entro un certo termine di un determinato argomento conosce la sindrome del foglio bianco. La stanchezza, un momento di assenza mentale, scarsa conoscenza dell'argomento da trattare, il timore di ricadute o di commenti di chi leggerà lo scritto. Ed ecco che spunta dapprima silenzioso, poi sempre più evidente, quel magone che ti impedisce di concentrarti e scrivere. E vorresti essere altrove, non importa dove, ma non davanti a quel "maledetto foglio". O forse più propriamente, davanti a quella tastiera di computer, visto che a scrivere sulle vecchie Remington o Olivetti sono rimasti soltanto attempati nostalgici. E il fascino della vecchia tastiera di macchina da scrivere dove lo mettiamo? Direi da nessuna parte, tanto è più comodo, più pratico il computer che ti consente importazioni di testi, richiami ipertestuali, sconvolgimenti di periodi o di impaginazione. Ma non scherziamo! Oggi non solo è più facile scrivere, ma è certamente possibile non stancarsi in defatiganti ricopiature che non avevano altro risultato che quello di riempire i testi di errori. Copia, incolla, cancella, sposta, evidenzia, annota. Bastano poche nozioni ed una minima pratica e il tuo PC diventa un amico insostituibile. Il vero guaio è quando un computer non c'è. Con la mancanza di pratica, diventa complicato persino mettere la carta copiativa nel verso giusto. Rientrano nelle stesse considerazioni Le sensazioni che si provano ad impaginare una pagina di giornale in video. Tutto è agevole e lascia spazio a creare fusioni armoniose di testi ed immagini. Non c'è paragone rispetto ai sistemi antichi. Solo la retorica dei vecchi proto che respiravano il dannoso piombo delle linotype, macchina enorme e dai profili misteriosi. Ad ogni tasto corrispondeva una lettera ed il tutto veniva poi faticosamente racchiuso in torchi di legno che, una volta inchiostrati, producevano i "bozzoni". Per poi passare alle lastre che finivano in macchina da stampa. Un tempo infinito dedicato a manovre che hanno rivelato tutta la loro materialità con l'introduzione delle tecniche nuove. Prima la fotocomposizione con striscette e poi le ultime novità dei Mac che rivoluzionarono tutto il mondo della stampa.

venerdì 6 febbraio 2009

Ibra e Greta di Marco Civoli




È da un po` che non funziona più. Lo so. Anche per colpa mia. Non ci sono quasi mai. Questo maledetto lavoro .. Da quanto tempo? Boh, un mese, due mesi.. Come me ne accorgo? Quando stiamo insieme la sua mente vaga, lo vedo e lo sento. Mi guarda ed è come se pensasse al Milan, a Kakà, Ronaldinho e Shevchenko che un giorno insieme scenderanno a San Siro come unni per vincere finalmente un derby scudetto. Assente, assorta. Le squilla ogni giorno, adesso, tra le otto e le nove di sera un vecchio nokia . Stiamo cenando, eppure risponde. Ma perchè non lo spegne mai?.
< Un bacio a chi?>> Ma è Walter, dai, sei geloso?>> Si da morire, le vorrei confessare.. << Ma no, ah si Walter, quel bel dottore che sembra animalescamente un incrocio fra Robert De Niro e Gene Wilder.. Ma quanti anni ha?>> <>. Bugiarda che sei, penso io- Credo abbia sui quaranta.. Sta attraversando un momento durissimo. In corsia talvolta si ferma, sospira e poi sparisce. Si è separato da poco. Ah, lo sai che è del Milan come me?>>
Prepotente la sveglia s’insinua tra sogni e realtà. Greta dorme accanto a me. Ieri notte non so nemmeno a che ora è rientrata. Le avevo lasciato in cucina una fetta di crostata alla fragola ed una coca cola light. In ospedale i turni sono pesanti. Al pronto soccorso, poi, chissà che massacro. Eppure vorrei sfiorarla, accarezzarle i capelli che le coprono la schiena. Quel profumo alla vaniglia che indossa aleggia nella stanza. Vorrei svegliarla e dirle, ma lo sai che giorno è questo? Si che lo sai, vado a prendermi lo scudetto al Tardini. Il primo pensiero va alla Gazzetta, deposta come fosse il Vangelo sullo zerbino della mia porta d’ingresso.
La formazione, chi gioca a Parma? Apro in mutande e regolarmente incrocio lo sguardo attento e severo del mio dirimpettaio. Lui è della Juve, il figlio più piccolo l’ha chiamato Alex, sai che fantasia, alex con la x, registrato così in Chiesa ed in comune.. Nell’ultimo mese la Gazza non l’ho trovata li, distesa, rosa e profumata per ben tre volte. Ho il sospetto che me 1`abbia fregata lui.. Guardacaso sempre di lunedì, dopo tre vittorie consecutive della Gobba. Una rarità, ormai…
Oggi è un giorno tutto mio, perfetto.. Si, lo penso, mi scaldo già vedendomi giungere al Tardini. Autostrada e caffé al Bar del sole.. Lascio la macchina al parcheggio della Provincia, quattrocento metri a piedi ed eccomi nel tempio. Dov`e` il biglietto ? Forse nella tasca interna della giacca, l’ho indossata ieri sera alla presentazione del libro di Paolo.. No, quando Claudio me l’ha dato fra le mani la giacca era appoggiata sulla sedia, al ristorante.. Sono ancora in mutande e penso al biglietto, alla partita, all’Inter, allo scudetto, a Mancini che magari se ne va, a Moratti che salta in tribuna, a Ibrahimovic che ha un ginocchio gonfio, chissà se fa il miracolo e va in campo, a Balotelli che salta tre di loro e va a segnare… Ecco il biglietto. È in cucina, vicino alla crostata e alla lattina di coca. Greta, ci sei ancora? Sono ancora dentro di te?
Dorme.. È bellissima anche quando i suoi occhi sono chiusi. Non so nemmeno che turno abbia oggi, domenica. Ieri sera alle dieci le ho mandato un messaggio. Mi ha risposto dopo un’ora. Una risposta svogliata, priva di ogni riferimento (ovvero l’Inter) a ciò che le avevo scritto…<>...<>Una frustata, una sensazione di abbandono, di vuoto. L’Inter è esattamente speculare all’amore che ho per lei. Il fatto che Greta non fosse stata partecipe a ciò che avrei vissuto l’indomani mi ha reso triste, improvvisamente.. Un altro pesante indizio.
E` da un po` che non funziona, non funziona come vorrei. Passa sempre più ore in ospedale. Nove volte su dieci sono io a cercarla. Sino a qualche settimana fa accadeva esattamente il contrario. Sì, è vero, stiamo insieme da tre anni, ci conosciamo da sette, non ho mai avuto la sensazione che ci fosse qualcos’altro sul nostro cammino. O meglio, qualcun altro. No, un `altra no, mai.. Io sono pazzo per lei e per l’Inter. Ho azzerato la mia voglia cieca di sesso ed ossessioni quando ho conosciuto Greta. La donna perfetta. Milanista, d’accordo, ma tiepida, più berlusconiana che rossonera. Più provocatrice che avversaria. Quando si è messa con me, più o meno qualche giorno dopo Inter Roma di Coppa Italia( gran gol a San Siro di Mihajlovic e primo trofeo di Mancini in bacheca)ha accettato la mia religione, le mie manie, molte domeniche allo stadio. Il suo lavoro, i suoi turni, il reparto di geriatria che l’a assorbita. Eppure un amore cercato e mai isolato…. È sempre bastato guardarci negli occhi per capirci, iniziare a parlare di tutto, finire a letto. Continuare a parlare, di lei tanto, di me un po` meno. Ma andava bene cosi, almeno sino a due mesi fa.
E lei è su questo letto. Dorme, il triangolo di luce dalla porta non la infastidisce. I pomelli d’ottone del letto è come se ora limitassero un territorio. Solo il suo.. Il Nokia è lì, tra la lampada e la custodia degli occhiali, un libro di Nilsson il bicchiere mezzo pieno (o mezzo vuoto) d’acqua minerale. La tentazione di curiosare è forte. Ok, lo prendo... I messaggi inviati a chi, quali messaggi riceverà e da chi? Tiene in memoria i miei? Si rigira sul fianco mentre vado a caccia di segreti che non vorrei scoprire. << Lui oggi va a Parma. Non ce la faccio più. E sai che goduria se perdono. Mi chiami verso le undici? Bacio.>> L’ha mandato Greta, no, non è possibile. Inviato alle 5.45. Destinatario .Walter…Lo leggo una, due, tre volte. La guardo una, due, tre volte. Sono le dieci. Fra un’ora la chiama. Il medico milanista nella vita di Greta? Ma cosa mi infastidisce di più? Che sia milanista o che abbia già provveduto a rubarmi la donna?
Diamine, invece che scuoterla e chiederle conto mi sto accorgendo che la sto salvando, la sto assolvendo. E se fosse semplicemente un sms pieno d’ira nei miei confronti perchè la lascio ancora una volta da sola e si sia rivolta cosi a questo bellimbusto per bieca ripicca? Tra colleghi esiste anche un po` di complicità. E se l’avesse scritto sapendo che proprio stamattina mi sarei impossessato del telefonino per leggere i suoi messaggi? Quante domande. Ma perchè proprio oggi, nel giorno dello scudetto?..
Già, lo scudetto. Abbiamo fatto di tutto per perderlo. E la coppa dei campioni, io la chiamo ancora cosi, se n’è andata per l’ennesima volta. E sono quarantatre gli anni che non la portiamo a casa. Si, ma che sfiga. Si sono fatti male tutti. Ci hanno fatto la macumba. Una puzza moggiesca il cui fetore non svanisce. Ma anche il Mancio c`ha messo del suo. Quando se ne è uscito con quella frase <> ha rotto il vaso. E pure, secondo me, le palle a Moratti. Ok, sto facendo il check up stagionale dell’Inter a novanta minuti dalla sedicesima goduria, ne sono sicuro e Greta sta lì, dorme,magari mi ha tradito non so quante volte. Ci voleva questa, stamattina. Che faccio? Lo scudetto è li ad un passo. Non finirà come il 5 maggio, lo sento. La sto perdendo, Greta. E se l’avessi già persa? Già ma perchè, conoscendola, non me ne ha mai parlato? E da quanto dura questa storia? E se mi stessi sbagliando?
Devo sbrigarmi, i rituali non si cambiano. Lo stadio di Parma lo conosco bene. Oggi potrebbe esserci casino. I tifosi della curva tutti fuori. Io sono un privilegiato. Sarebbe meglio entrare almeno due ore prima dell’inizio della partita…. E se mi infilassi nel letto facendo finta di sonnecchiare ed aspettassi le undici per sentire lo squillo del suo telefonino? Chissà come reagirebbe scoprendomi di fianco a lei. Come rimarrei io sapendo il chi ed il perchè di quella telefonata? La smaschererei per dirle cosa? Che ho scoperto l’altra parte della sua vita? Quella mai violata, celata? Che sta progettando di lasciarmi? Le sue reazioni mi sorprendono sempre..,Negherebbe, inventerebbe chissà quale storia. Oppure con quel sorriso straordinariamente insicuro mi direbbe<>. Il giorno giusto. Per lei, forse , non per me.. Via, sbrigati, le undici stanno arrivando e l’Inter ti aspetta, mi ripeto continuamente. Al resto penserò domani…
Eccomi a Parma.. Durante il viaggio pioggia, pioggia e ancora pioggia. Il cellulare sempre acceso, riposto sul sedile anteriore. Un occhio alla strada, un orecchio a captare il primo segnale. Un suono, uno squillo. Non è ancora arrivato. Io non l’ho chiamata. È come se l’avessi lasciata nel sonno profondo, immaginandola cosi. Innocua, inoffensiva. Sarà abbondantemente sveglia dalle undici. Cosa si saranno detti lei e quel simpaticone.. Si vedranno? E dove?. Non a casa nostra, non oso pensarlo. Ecco si, in ospedale. È pieno di stanze, la domenica poi vuote. Magari fanno lo stesso turno. Si sono messi d’accordo. Li immagino mentre si appartano fra due ore, io sono già in partita. E siamo ancora al primo tempo. Il secondo, riferito alla mia vita, è già iniziato da un pezzo..
Il 5 maggio ero sicuro che avremmo vinto a Roma. Ero lì, come al solito in tribuna,. Riuscivo a scorgere Moratti e Tronchetti Provera. Eleganti, sorridenti, tranquilli. Anche loro ammiravano l’Olimpico che era in pratica una dependance di San Siro. Veramente qualcosa di più. Tifosi della Lazio tutti per noi.. Oh, che brividi , pensarci ancora. Si, Greta era solo un’amica, all’epoca. Però ricordo che alla fine della partita mi arrivò un suo messaggio.<>
E sono qui adesso. Ho gli occhi solo per Ibra. Lo cerco, non lo vedo nel riscaldamento. Il terreno è un acquitrino. Quelli del Parma si giocano la permanenza in A, noi tutto e di più. La Roma, senza tifosi al seguito proverà a sfilarcelo a Catania. Penso a Zenga. Giocherà per noi, che diamine. Penso a ..Walter. Oh, Dio. Walter.. Ma che cazzo mi combina questo maledetto destino? Adoro un Walter e ne odio un altro. Il primo sta con me, il secondo mi sta portando via l’acqua, l’aria, il sole, la luce... È tempo che la chiami, che mi faccia sentire. Uh, che formazione oggi. Julio, Maicon, Rivas, Materazzi, Maxwell, Vieira, il capitano, Stankovic.. Cesar? il Mancio è matto. Super Mario e Julio Cruz. Ibra è in panchina. Adesso che ci penso, il presidente del Parma, quel bel rotondo simpatico personaggio, ha mandato via Cuper una settimana fa. L’hombre vertical steso da un colpo di prosciutto, a tradimento. Magari ci ha fatto un favore..
Squilla, ma a vuoto, cinque volte. Dove sarà adesso? Le mando un messaggio..” Sono allo stadio. Ci siamo, amore mio. Lavori oggi? Chiamami…” Io sono al Tardini a caccia di un’emozione unica, viva, tutta mia. Ma mi sto rendendo conto che oggi sto giocando su due fronti? A quale rinuncerei davvero? Sono così sicuro di amare Greta quanto l’Inter? Le amo entrambe ed è così difficile pensare che l’una strizzi l’occhio all’altra? Che parlino di me, si confrontino. L’una racconterebbe all’altra chi sono, da quanto tempo le sono fedele, la cerchi, non la lasci un istante. Ma non ho mai soffocato nessuno. Quando ha avuto bisogno di me ci sono sempre stato. Sempre presente. Ma a chi sto davvero rivolgendo il mio sguardo in questa umida domenica di maggio? Ad un campo di calcio o ad una fredda ed asettica camera d’ospedale?..
L’Inter non segna e Greta non chiama. Quello che succede a Catania è relativo. Se continua così andiamo in vacca tutti quanti. Finché sono qui, con i piedi in questo stadio, mi alimento di realtà e forse anche di illusioni. Non voglio che il tempo passi veloce, non voglio pensare a ciò che mi aspetta. Rifiuto un 5 maggio travestito da 18 ed un camice bianco che si sfila dai miei giorni senza che io possa fare nulla, un contropiede, un colpo di testa, battere un calcio di rigore, un corner. Cambiare posto è impossibile. Quarantacinque minuti senza gol in una partita scudetto sono un’immersione in apnea ed io non so nuotare. Mi chiedo cosa può succedere adesso, mentre fradici, torvi tornano nel ventre del Tardini undici speranze. Il telefonino ha campo, tanto campo ma non c`e` traccia di una sua chiamata, di un suo messaggio. Ricompongo il suo numero. Non l’ho mai voluto memorizzare, perchè quelle dieci cifre ogni volta che mi appaiono sul display mi procurano una piacevole sensazione. Perchè assomigliano ad un codice, ad una chiave di lettura della mia vita, chimicamente mi emozionano. Paturnie, forse, non me lo sono mai chiesto veramente. È così e basta. Il segnale di linea occupata da una parte mi rincuora dall’altra mi inquieta.
Ha visto la mia chiamata , il mio messaggio un’ora fa. Perchè non mi ha cercato?
Le comparirà l’avviso, il mio numero. Dov’è, possibile che non comprenda come io stia adesso? Ammesso e non concesso che si sia informata su ciò che sta accadendo a Parma ed a Catania. Da più di un mese, l’ho notato, di calcio parla pochissimo. Prima mi chiedeva, si aggiornava, seguiva la DS in tivu. Oppure a casa, dopo una giornata trascorsa a correre su e giù tra reparto e pronto soccorso, si piazzava sul divano a vedere il Milan in Champions con addosso quel pigiama di seta che le comprai a Lisbona. Addormentandosi regolarmente con i piedi distesi sulle mie gambe. Senza mai svegliarla glieli accarezzavo. Successe anche la sera di Atene. Crollò, distrutta, senza gustarsi la settima coppa.. Decisi di non strapparla al sonno dei giusti. Al solo pensiero che potesse esultare ebbi un rifiuto di condivisione calcistica. Fui egoista, lo so, ma il mattino dopo non intravidi in lei una minima reazione di rabbia. Accolse con un sorriso il risultato che le comunicai e finì li.
Lo scudetto alla Roma che sta vincendo a Catania e Greta altrove. Questo no, mai! Tutti e due i Walter sono convinto vogliano vincere la rispettiva partita. Difficile per entrambi, penso. Sono a metà del guado di un fiume le cui rapide non immagino dove possano condurre. Io con lo sguardo a cercare un cenno del Mancio, rivolto ad Ibrahimovic. Come me, idealmente milioni di tifosi. Lazzaro alzati e segna. Ibra si alza, ehi il ginocchio come va? Glielo chiediamo in tanti.
Ecco il cambio. Fuori Cesar, dentro l’angelo del gol. E quelli del Parma a rassegnarsi sin dalle prime falcate del redivivo svedese. Il telefono sempre acceso ed improvvisamente un suono, calibrato, familiare. Un messaggio ricevuto. Greta, finalmente., mentre l’uomo venuto dal profondo nord prende palla, la difende inquadra la porta di Pavarini e.. GOOOOL, GOOOOL, GOOOL…,.Guardo d’istinto l’orologio sul polso sinistro, calcolo. Minuto diciassette, ci stiamo riprendendo lo scudetto che avevamo vinto a dicembre e rimesso in palio in marzo.. Gioia, pioggia, abbracci, salta Mancini come un forsennato. Con Ibra i rapporti non sono più quelli di prima, ricordo un grande abbraccio del gigante di Malmoe al Mancio dopo Inter Parma di gennaio. La rete partita, proprio diciassette giornate fa. Poi lo strappo dopo il Liverpool. Mancio e Ibra si tollerano ora, magari sanno già che si separeranno. A me che importa? Certo che importa, Ibra ed il Mancio come me e Greta? Una sorta di presagio.. Cavolo, il suo messaggio… Infilo la mano nella tasca dei pantaloni. Il cellulare come una boccata d’ossigeno.. Invece e`un`esalazione tossica, una lama affilata che penetra decisa dentro di me..”
“Non cercarmi più. Cambio il numero. Ho preso ciò che potevo prendere. Esco da questa casa e tu esci dalla mia vita. Ho deciso cosi. Non provare ad inseguirmi anche se sai dove lavoro. Buona partita”… La pioggia continua a scendere, cado e mi rialzo in un istante anche se sono in piedi, impietrito, bagnato e di fronte il buio che sembra impossessarsi dello spazio e del tempo. Non so quanto sia passato dal gol di Ibra, so dove sono, non so cosa sarò e farò tra qualche ora. È il 5 maggio di un rapporto, di una convivenza, di sogni e illusioni, un figlio cercato e mai arrivato <>, di lunghe chiaccherate, di sorrisi, carezze, baci, di vacanze. I miei amici ed i suoi amici, mia madre e sua madre spesso insieme. Una coppia bella, moderna, rispettosa, affiata. Mi scorrono come fosse un lungo film i nostri tre anni . tutto in un attimo, Come se fossi un pilota che vede precipitare il proprio aereo e non facesse nulla ma proprio nulla per mutare il travolgente declino della meccanica. Tre anni e tre scudetti, quasi fosse lei diventata anche una sorta di amuleto calcistico. Tre scudetti? Il terzo è qui davanti ai miei occhi ma non si è ancora materializzato..
Provo a svegliarmi da questo incubo, sbatto le ciglia come ali.. Maicon vola sulla destra, parte il cross ed Ibra libera il suo sinistro.. Gol, gol, mi si strozza in gola l’urlo che io avrei voluto incidere nella colonna sonora della giornata tutta mia. Provo a riprendere fiato. GOOL, GOOL. Non so a quale minuto siamo, vengo travolto da una bolgia fantastica, che mi contagia, vedo gente felice, leggo lacrime di gioia, la pioggia che continua a scendere nemmeno la sento più. Tre anni e tre scudetti, si tre perchè il grande schermo dello stadio visualizza in un incedere di sensazioni il pareggio di Martinez al Cibali. Walter ha vinto la sua partita, è salvo, l’altro Walter si è preso la mia donna. Ne sono convinto, anche se non voglio credere sia così. Preferisco immaginare che lei abbia voluto mandarmi un segnale forte, di disagio. Che tra poco mi richiami, che mi dica “scusa amore, sono stravolta, mi sono messa in discussione, ma non ho intenzione di farti del male, di perderti. Stasera dormo da mia madre. Domani non lavoro. A casa ne riparliamo. Grande Inter, vero amore?”
Esco dal Tardini bagnato, immerso nel colore dello scudetto e delle fresche emozioni. Ho ritrovato Ibra. Ho perso Greta? Ci penserò domani.