mercoledì 21 novembre 2012

Morum paritas

Dicevano i Romani: " Morum paritas et similitudo animorum amicitiae causa est". Ed è davvero difficile cercare di approfondire il concetto di amicizia in un tempo che sembra aver perso completamente il senso di questa ricerca. Ne vale ancora la pena? Non è più semplice lasciarsi andare nella direzione che sembra suggerire lo stile di vita contemporaneo ed abbandonare ogni ricerca sul valore dell'amicizia. Troppo spesso la contiguità degli interessi, concetto ovviamente transitorio, appare fattore determinante nell'individuare l'amico. Consegue che venuta meno questa contingente prossimità si manifesta il distacco da quei soggetti che abbiamo considerato amici. Pensate alle amicizie di quartiere, a quelle nate tra i banchi di scuola, alla comunella con i colleghi di lavoro. Possono certamente trasformarsi in legami duraturi, così come possono scomparire con il passare degli anni.
A chi di noi non è capitato non riuscire più a dialogare con quelli che hanno diviso un certo tempo assieme a noi? Con il passare dei giorni  in ciascuno si radica una scala valoriale che risente della formazione, delle esperienze, degli incontri di vita, di mutate convinzioni. Ecco che quell'individuo un tempo frequentato  non ci piace  più nella versione contemporanea  e magari non lo cerchiamo nemmeno. Mi pare rappresenti un diritto rivisitare l'ambito delle proprie conoscenze, specialmente quando con l'età avanzata si tende a diventare selettivi. Così parlare lingue diverse, leggere "un diverso libro della vita", diventa elemento di progressiva eliminazione di precedenti frequentazioni. 
Quella parità di costumi invocata dagli antichi diventa così un elemento  di riconoscimento. Similitudine di costumi  da intendersi come paradigma generico di comportamenti omogenei che portano alle scelte di fondo di più persone, avvicinandole. Fino a scoprire che tra di loro c'è un legame di comune sensibilità rivelato da quei comportamenti. 
Il vostro etrusco ha molti amici rimasti tali dopo oltre 50 anni. Così come ha tagliato vecchie consuetudini amicali. Penso intanto a tutti quelli che legittimamente hanno fatto altrettanto nei miei confronti. Così come non posso trascurare la positiva valutazione per quei rapporti che nel tempo sono diventati più forti e significativi.


venerdì 16 novembre 2012

troppa conoscenza, poca comprensione

Uno dei profili emergenti della nostra epoca risiede nella agevole possibilità di apprendere nuove nozioni, elementi di  qualsiasi sapere.  Non so niente di foglie, piante e fiori?  Mi documento con pochi click e posso fare anche la mia .. porca figura in un ambito di conoscitori superficiali della materia. Di quella o di qualunque altra. E siamo già molti passi avanti rispetto a quella conoscenza che diventava patrimonio esclusivo di un gruppo di "bramini". 
L'elemento di pericolo insito in una apprensione così agevole ed a portata di mano sta però nel progressivo processo di auto convinzione di poter possedere qualsivoglia sapere. Senza grandi sforzi, senza dover dedicare a questa o quella disciplina il sacrificio dell'impegno. Certamente è diverso avere le basi teoriche di una certa scienza. Comporta fatica nell'individuazione dei criteri, sforzo mnemonico, necessità di collegare gli elementi dell'apprendimento. Procedimento ben diverso da quello di affrontare di volta in volta il singolo quesito, in base alle specifiche necessità, servendosi dell'enorme materiale messo a disposizione dalla rivoluzione informatica.
Pare che questa straordinaria disponibilità di informazioni provochi un disturbo conoscitivo, di breve durata, ma non per questo meno inquietante. Nella traduzione italiana il termine inglese della sindrome  suona come "che cosa stavo cercando, da dove sono partito?" I soggetti affetti da questa patologia  transitoria perdono per un certo tempo la capacità di concentrarsi sull'argomento iniziale della propria ricerca, naufragando in mille rivoli di diversa conoscenza. 
Talvolta in modo consapevole ed autonomo, molte altre per ché il "web" ti dà qualcosa, ma molto pretende. E così la subliminalità dei messaggi induce l'internauta a disperdersi per i percorsi attraverso i quali  i padroni del web intendono farci transitare. Per venderci un prodotto ovvero un servizio, per orientare il nostro pensiero in una direzione invece che in un'altra. E mentre seguono i nostri impulsi conoscitivi si formano un'idea, sempre più realistica, dei nostri gusti, delle nostre idee politiche, degli orientamenti personalissimi.
Questo pacchetto di informazioni  sul nostro conto viene poi ceduto ad altri e senza rendercene conto diventiamo una merce che produce utili per chi si è impossessato delle nostre rivelazioni personali.
E così, apparentemente per caso, diventiamo oggetto di un bombardamento mediatico che non si acquieta facilmente, fino a che "lo sciagurato"  non risponde. Ad un messaggio apparentemente neutro che ci pone interrogativi di tipo semplice e non impegnativo. Ma che ci pongono definitivamente in una "gabbia" da consumatore.
C'è difesa? Probabilmente no. Il consueto invito al buon senso basterà a farci restare nell'ambito del normale senza entrare in infernali gironi? In bocca al lupo! Il nemico è tra i più tosti che si possano incontrare sulla nostra strada.