giovedì 28 marzo 2013

Quando si è Terzi, ma si vorrebbe diventare primi

Se non ci fosse in ballo il residuo prestigio internazionale del nostro Paese ci sarebbe da commentare tutta questa storia farsesca dei "marò" con una sonora risata. Le facce dei vari protagonisti, perplessi oppure contriti, adirati e talvolta sfiduciati, sembrano provenire direttamente dal genere artistico/letterario che è diventato una spiccata caratteristica nazionale: la commedia dell'arte. 
Questo ministro con doppio cognome - sempre pericolosi, diceva il mio amico Antonino - ha fatto tutto ed il contrario di tutto, rendendosi ridicolo fino all'ultimo istante della sua comparsata parlamentare. La gestione della vicenda, nella sua assurdità,  ha sfiorato il sublime sin dagli atti iniziali. E lui, il nobile diplomatico o sedicente tale, si è coperto di piumini e strass per vivere il suo momento magico da "etoile". Fino a cadere nel più misero dei tranelli elettorali del cainano pezzato.
L'unto dallo schifo gli ha promesso la Farnesina e Terzi la sua parte l'ha svolta fino in fondo, fino alla spaccata finale sul palcoscenico parlamentare per gli applausi a scena aperta. 
Ma il corruttore di Arcore conosce le debolezze dell'animo umano, avendo nella propria figura un campionario variegato di ogni possibile nefandezza. Il suo ragionamento non fa una piega: alle prossime vicinissime elezioni devo riconquistare i voti di quell'elettorato di destra che, sia pure parzialmente, ha votato Monti e la sua coalizione, inorridito dalle vicende puttanier/corruttive e dalla gestione economica dissennata. Se riesco a dimostrare che i ministri tecnici erano uno più "farlocco" dell'altro e che resto io la sola frontiera anti comunisti mangia-bambini, il gioco è fatto.
E così, sognando la Farnesina ( e non la California) il dimissionario ministro degli esteri ha fatto un grosso pezzo di campagna elettorale pro-nano. Il quale incassa e si prepara per una lunga maratona televisiva nel corso della quale potrà farsi accompagnare oltre che dalle note Pelino, Biancofiore, Santanché anche da un tale dal doppio cognome, che fa sempre fino.
Viva l'Italia!

martedì 19 marzo 2013

Il silenzio

Restare in silenzio. Che cosa si nasconde dietro un silenzio? L'incapacita' di fornire un commento, la necessità di riflettere prima di aggiungere altri suoni a quelli precedenti, l'indifferenza rispetto a quello che ci circonda, la muta censura per un interlocutore che non si stima, la scelta di astrarsi  da un contesto inutilmente rumoroso, la presa di distanza da chi non pensiamo meriti le nostre parole, la stroncatura più dura per rimarcare la volontà di escludere chi parla dal nostro mondo? Ogni giorno peraltro siamo costretti a subire migliaia di parole inutili, di suoni ed immagini sonore che ci costringono a farsi udire. Penso al meraviglioso silenzio degli asceti, rivolto alla riflessione ed alla contemplazione, magari in un fantastico contesto ambientale che ti consenta di riprendere i contatti con la tua parte più intima. Ma pare che questa direzione sia stata abbandonata dalla collettività che, in larga parte, preferisce forme continue di intrecci acustici, producendo un'infinita congerie di commistioni sonore. La miracolosa sordità di Beethoven, capace di restare fuori dal mondo del rumore per ricongiungerai soltanto alle meraviglie delle sue composizioni. Una specie di protezione naturale che ad un certo punto della sua vita ha isolato il maestro dai contatti sociali, ma lo ha definitivamente saldato a quelle melodie alle quali aveva dato vita. Lui, capace di tirare fuori ricami armonici e sottofondi prestigiosi dall'accozzaglia di strepiti dai quali veniva circondato. È proprio così, c'è ancora tantissimo da imparare dai suoni della natura, dall'acqua che cade in forma di pioggia o di neve, dal vento che passa tra i rami degli alberi inventando sinfonie sublimi, dal mare che ruggisce rabbioso, 
avvolgendosi su se stesso. E i canti degli animali, i richiami d'amore, il crepitio del fuoco ardente, il boato di un vulcano. Meraviglie, che siamo capaci di barattare per vivere la frenesia delle città. Dove le sirene delle ambulanze, l'ossessione dei rumori di allarmi e auto, il brusio incessante del contesto urbano, gli strepiti dalle mura vicine, ci ricordano di continuo la nostra scelta di "civiltà ", sottolineandone l'assurdita'.

sabato 16 marzo 2013

La ripresa che verrà

Non sono passati che pochi giorni dalle elezioni politiche. Ma i risultati di quella consultazione hanno dato segnali di portata assoluta per il futuro della nazione. Chi scrive ha solo la pretesa di capire che cosa il corpo elettorale abbia indicato con il voto.
Mi pare anzitutto che molti milioni di italiani abbiano espresso con veemente chiarezza che un certo modo di intendere e fare politica deve essere abbandonato. Caste, bramini, figli di dio, ed altri ineffabili occupatori del potere, tutti insieme andate a casa!
La protesta che nasce dalle tante emergenze che la gente comune affronta quotidianamente ha fatto davvero un botto! E guai a chi nel frattempo fosse rimasto sordo ai chiari sintomi di questo diffusissimo malessere.
Il maggior partito dell'area progressista, nonostante i tanti veri o sedicenti politologi che schiera nelle sue fila, nonostante le tantissime indagini di società specializzate, e' rimasto schiacciato dal terribile peso della propria supponente convinzione di aver già vinto e di dover solo attendere gli esiti degli spogli per potersi dedicare al diletto passatempo della spartizione del potere tra le sue fameliche componenti.
E qui qualcosa non ha funzionato ed il risveglio deve essere stato doloroso per i sorpresi maggiorenti di quel partito. Alcuni milioni di elettori hanno dato una sonora risposta a cotanta sicumera, costringendo quel gruppo di illuminati politici a rendersi conto che anche per loro e' arrivato il momento di prendere la coperta ed andarsene nel fitto del bosco.
La risposta ha le antenne e la faccia irridente di un animaletto spesso negletto, di nome grillo. Che "tomo tomo, cacchio cacchio " ha piantato un corposo paletto di frassino nel petto dei vampiri, ottenendo un successo clamoroso, senza televisioni amiche e giornalisti slinguanti, ma solo grazie all'uso avveduto delle nuove tecnologie.
Bravi, grazie a nome di tutto il Paese, anche da chi come il tonto etrusco non vi ha votato, non credendo fino in fondo, da comune cittadino, nella forza del vostro vento.
Secondo partito d' Italia, una marea di deputati e senatori che stanno inondando con il loro apparente candore quelle aule paludate e presuntuose, sinora impestate dai professional della politica o da giuggioloni capitati per caso e vestiti di verde.
In massima parte giovani, facce fresche che non hanno avuto ancora il tempo di lasciarsi contaminare dal fetore del potere. Sono loro la vera speranza, dobbiamo fare il tifo per loro, affidare a questi nuovi rappresentanti quel messaggio di democrazia e di libertà che la costituzione ha tracciato.
È già hanno fatto sentire il loro determinante peso nella scelta dei presidenti delle due  assemblee parlamentari. Pietro  Grasso, Laura Boldrini, neo eletti, nomi direttamente arrivati dalla società civile e non vecchie cariatidi inciucione. Un giudice schierato ed esposto nella lotta alla criminalità organizzata, una animosa esponente delle istituzioni internazionali nell'assistenza ai rifugiati ed esuli di tutto il pianeta. Chiedo a me stesso, ma anche a chi dovesse avere la ventura di imbatterai in questo post. Uno solo di noi avrebbe previsto esiti del genere prima del 24 febbraio? Avremmo assistito alle solite cencelliane combinazioni di consensi sui soliti noti.
Ci deve essere uno spazio per la fiducia, dobbiamo credere che i cittadini 5stelle aiutino questo paese ad uscire dal guado dei nani arrapati, dei burocrati di partito, dei finti tecnici e veri marpioni.
La gioventù di questi nuovi parlamentari deve farci sperare. E' un atto di fede, ma non abbiamo molto altro.

sabato 9 marzo 2013

La lista della salute

C'è uno spazio godibilissimo nell'opera di Eduardo De Filippo "Natale in casa Cupiello" nel quale l'ignavo e fannullone figlio di famiglia, Lucariello, cresciuto dalla mamma a zuppone 'e latte e altri vizi, si prepara a stilare la famosa "lista della salute". Un elenco di persone di famiglia nominativamente indicate  in quella lettera a Gesù bambino, per invocare l'autorevole protezione del destinatario e garantire la buona salute dei parenti.
Ho provato ultimamente ad elaborare una personale "lista della salute" di persone che mi farebbe piacere stessero in ottima salute. Un gioco, se volete, oppure un modo per fare il punto sulla personale condizione degli affetti. Così scoprendo che alcune figure che sinora avevano un ruolo ed un significato  nella mia vita hanno preferito defilarsi ovvero farsi eliminare dai miei affetti.
Tutto giusto, da parte loro e da parte mia. Con le rispettive più o meno valide giustificazioni di presa di distanza o di risentimento.
Restano dei fatti e residua quella consapevolezza che con il passare del tempo le incrostazioni caratteriali nostre e di chi ci circonda diventano barriere oltre le quali non si può né si deve andare. Vite diverse hanno tracciato codici di comportamento che, al comparire di un fatto traumatico, riemergono in tutta la loro ampiezza.
C'è poco da fare. A quel punto conviene abbandonarsi, come dice il testo di una canzone degli anni '40. Deve essere stato questo il principio della diaspora linguistica. Le popolazioni delle varie terre, abituate a vivere, cacciare, procurarsi cibo e continuità in ambienti diversi, iniziarono ad indicare gli oggetti attraverso l'elaborazione di un linguaggio destinato ad un gruppo. E in quell'ambito la comunicazione funzionava, si intendevano perfettamente. Ma quando per avventura capitava nel loro territorio un individuo di diversa formazione, l'incomprensione raggelava i rapporti. Chiamavano le stesse cose con nomi diversi ed allora lotte, guerre e creazione di steccati, barriere, fortificazioni. 
Mi sono visto così a restringere la mia lista della salute a quei nomi che tradizionalmente hanno diviso con me tempi e vicende che ci hanno insegnato che, nonostante i riconosciuti rispettivi difetti, restava l'affetto, il linguaggio di fondo in comune, elementi forti che hanno consentito di superare le incomprensioni ed anche le differenti convinzioni che nel tempo avevamo maturato.
Senza escludere amici di tempi più prossimi, felice scoperta della maturità. Perché se è vero che è più facile intendersi con soggetti conosciuti da sempre, del genere i compagni di scuola, è altrettanto provato che "le antenne" dell'età avanzata ti consentono di individuare con sicurezza ed accettare con piacere anche l'amico di tempi recenti.
Un certo numero di nomi  è venuto fuori alla fine del mio percorso di "coscienza". Me ne compiaccio con me stesso e dedico a tutti loro una splendida primavera.


lunedì 4 marzo 2013

Mengoni e D'Alessio: ovvero trovate gli intrusi

Sui giornali di enigmistica, in particolare su quello che amo da decenni, c'è un gioco simpatico, di livello medio facile, talvolta dedicato ai piccoli lettori. Si chiama trovate l'intruso ed il suo scopo è quello di far rilevare dal lettore l'oggetto estraneo al gruppo di altri oggetti omogenei ovvero funzionali l'uno all'altro.
Gli organizzatori della serata commemorativa per Dalla in piazza Maggiore del 4 marzo 2013 devono aver pensato ad un marchingegno del genere. Avranno pensato: facciamo una serata con artisti che hanno avuto un percorso di vita o di musica rientranti nel perimetro esistenziale di Lucio e poi ci mettiamo un paio di alieni. Così il pubblico prende fiato e non si lascia andare solo sulla scia della nostalgia e dell'emozione, ma magari nel corso dell'esibizione di questi due "sfessati"  mangia un panino, o va a fare la pipì.
Precisi, come orologi che perdono un'ora ogni mezz'ora, sono saliti sul palco della seratona un tale di nome Mengoni, vincitore a sua insaputa  - o meglio al di fuori di ogni sua responsabilità o merito - di festival di Sanremo ed un tale che dovrebbe essere più noto alla DIA o alle autorità di PS, ma che invece da anni infesta televisioni o spettacoli, sostenendo di cantare: il suo nome è Gigi D'Alessio.
Quest'ultimo è una delle numerose prove che quando un napoletano è un "chiavico" attinge ai vertici sommi della categoria. 
Aggiungo, ma forse non è importante, che se le sue fortune artistiche e patrimoniali fossero dipese dai miei acquisti della sua variegata produzione musicale, il nostro starebbe ancora ad ordire enormi bufale finanziarie fondate su giri di assegni, sua quasi esclusiva attività negli anni '90. Ma invece lui si è saputo trovare uno sponsor di altissimo profilo umano e morale che ha pensato di far diventare senatore l'ennesimo cavallo.
E oplà, il gioco è fatto, questo eccezionale cantante ed autore, musicista e strumentista, "emerge" per meriti di regime a cantore "emerito" del ventennio nanesco, diventando persino protagonista di una fumettistica storia d'amore con una signorina che ha la principale caratteristica nell'assenza di sguardo, Priva cioè di qualsiasi profondità reale, ma con una visione persa nel nulla che fa pensare o ad un infinito viaggio in paradisi artificiali oppure al vuoto spaziale dell'anima.
Mengoni e D'Alessio, dicevamo. Ma che c'azzecca? avrebbe detto un defunto parapolitico di casa nostra. Peccato che sia andato a riconsegnare le braccia sinora mal usate all'originario ruolo di addetto ai campi, altrimenti avrebbe potuto esternare sull'ennesimo enigma italiano.
Lo confesso, durante le scoreggianti esibizioni di quei due disgraziati ho sperato che si aprisse un piccolo squarcio di cielo: da quello spazio una specie di folletto, meraviglioso ed allucinato, liberasse un profondo scaracchio - sputo violento per i non "sapenti "-  all'indirizzo di quei due fetienti, manifestando il gradimento del rievocato per lo straordinario contributo.
Un invito per il futuro, sicuramente inascoltato. Per cortesia, risparmiateci ogni forma di celebrazione. Il rischio è sempre quello di riuscire a far dimenticare anche il proposito che vogliamo immaginare  solo di ricordo affettuoso dell'artista scomparso. Basti pensare alla superfigura di merda di Celentano quando tentò di rievocare il povero De Andrè.