domenica 27 giugno 2010

Il coraggio della conoscenza

Vale la pena di riflettere sulla propria vita? O forse è meglio affrontare i giorni senza pensarci, spinti soltanto dalla propria carica vitale? Due posizioni diverse certo, ma con intrinseche dignità ideali che vanno riconosciute. Confesso, da presuntuoso e da superbo quale sono, di non aver provato in vita grandi invidie per altre persone umane. I soldi, il potere, il fascino, la saggezza? Ciascun elemento ha aspetti favorevoli e nel contempo un controcanto pesante. Possedere una grande ricchezza economica significa sacrifici ed ansie per accumularla e per proteggerla. Una posizione di rilevanza politica comporta enormi rinunce in termini di libertà personali e l'abbandono di molti scrupoli. Un aspetto esteriore lusinghiero ha dietro di se un regime di vita talvolta austero, ovvero un continuo ricorso agli aiuti ed ai rischi della chirurgia. E pure dietro alle figure dei grandi saggi si nascondono gli scheletri di tanti errori personali, spesso pagati ad prezzi altissimi di inquietudini e malesseri.
Però devo riconoscere che ho sempre ammirato una categoria umana, con gli occhi di chi guarda il dolce incollato alla vetrina della pasticceria: quella degli ardimentosi. Si, resto affascinato da chi ha un senso del nuovo e dello sconosciuto e lo affronta con il piacere della scoperta. No, non parlo di chi cerca ogni giorno un'emozione nuova e non riesce a sentirsi vivo senza grandi impatti emotivi. Parlo dell'uomo che riconosce nei fattori esterni un limite alla propria conoscenza e per questo rischia, in proprio, per superare quei vincoli e magari insegnare ad altri uomini che ciò che sembrava impossibile può essere affrontato. Passano attraverso teste così le grandi scoperte dell'umanità ed il senso vero di essere soggetti degni del fantastico regalo della vita.

venerdì 25 giugno 2010

Voci dal silenzio

Non scrivo. Il mio blog è muto da parecchio. Dovrei chiedermi il perché. Ma deve essere un periodo di mancanza di voglia. E non vado oltre. Chiedersi troppo di se stessi non credo sia producente.. L'età avanzata serve anche a questo, ad accettarsi per come siamo. Con i nostri periodi di slanci e e furori; ma anche con fasi di vuoto e di poca voglia. Per stare sempre in tiro, ci vorrebbe forse .. un tiro? Meglio non saperlo e oscillare tra svogliatezza ed entusiasmi. Imparando anche ad apprezzare il gusto del non fare. Di vedersi passare il tempo addosso senza reagire troppo. Scoprire che anche i nostri piccoli vizi mentali sono caratteristiche di una personalità. Così si doma anche l'ansia da prestazione che sta dietro tutte le nostre azioni. E' vero! Si può anche optare per gli infiniti grigi della gamma di una vita. Che non nascondono nemmeno piccole soddisfazioni. Nascondersi per un periodo, per quanto gli altri te lo consentono, produce una forma di contentezza silenziosa. Il resto del mondo sta dall'altra parte e tu lo guardi, cauto e furtivo, evitando di mostrarti troppo. Pensate ad un gatto, animale meraviglioso per il suo senso pratico e perché non soffre di inutili nevrosi. Ti cerca se ha bisogno, ma per il resto della giornata si nasconde, difendosi da tutte le scomode convenienze della convivenza con umani. E miagola il giusto, senza mai cercare il rumore autentico, con una sordina naturale che è la misura della sua intelligenza. Se gli va, ti fa pure le fusa, in modo apparentemente compiaciuto. Ma non si concede oltre quel preciso certo limite che l'innato senso della dignità gli suggerisce. Sono troppo scioccamente umano per arrivare a queste vette di comportamento. Ma ci si può provare, tempo residuo permettendo.