venerdì 28 dicembre 2007

la colpa del "poveraccio"


Il “poveraccio” non può replicare

Il commento del diplomatico italiano in Kenya sentito al telegiornale dopo il delitto di Malindi dovrebbe far riflettere il governo sulla scelta dei propri uomini nelle rappresentanze consolari. Secondo quella ineffabile testimonianza, la morte di Andrea Pace è da mettere in stretto collegamento con la scadente qualità dei film proiettati nelle sale cinematografiche di quel Paese, pervasi di violenza gratuita e tali da provocare spirito di emulazione in una popolazione in prevalenza di bassa cultura. L’intervistato diplomatico concludeva che se quegli esempi non fossero stati così imprudentemente diffusi non si sarebbe arrivati al clima truculento che è costato la vita persino ad un “poveraccio” per pochi spiccioli. Probabilmente al povero Pace, morto in circostanze così tragiche, sarebbe spettato un elogio funebre un po’ più rispettoso; e certamente noi italiani meriteremmo di essere rappresentati in modo meno approssimativo da chi, sia pure nel rispetto delle regole della diplomazia, sapesse formulare una corretta analisi della situazione ambientale evitando di lasciarsi andare soltanto a goffe e sprezzanti esternazioni.

giovedì 20 dicembre 2007

laicità e democrazia


“La laicità senza aggettivi riposa esclusivamente sul principio di non imporre ai cittadini altro vincolo all’infuori di quello che vieta a ciascuno di limitare la libertà altrui e di violare il principio di eguaglianza di tutti di fronte alla legge. Questo non è altro che il fondamento della democrazia di cui la laicità non è che il sinonimo. Ogni opinione può essere manifestata liberamente e in contrasto con altre opinioni. Ma se l’opinione di alcuni - fosse pure l’opinione maggioritaria - si trasformasse in norma discriminante, allora l’eguaglianza sarebbe violata e con essa la democrazia”. Di conseguenza “ fondandosi sul principio di eguaglianza di fronte alla legge le Costituzioni democratiche vietano ogni discriminazione basata su etnia , religione, sesso. La legge è eguale per tutti. Tutti i diritti che non ledono i diritti altrui meritano rispetto e cittadinanza” . E conclude: “ Si può invocare l’obiezione di coscienza contro un principio costituzionale?

martedì 18 dicembre 2007

preti che ingombrano i cieli


I preti devono essere inascoltati, le loro predicazioni sono favole per bambini che si rifiutano di crescere e ingombrano i cieli di improbabili divinità che offuscano la ragione e lacerano le coscienze, anziché pacificarle con la vita.

martedì 4 dicembre 2007

ozio arte intensa di chi sa vivere

In un’epoca in cui sembra che gli interessi principali della società siano il lavoro e lo sviluppo abbiamo di fronte a noi l’esplorazione dei molti significati dell’ozio compiuta da Giulio de Martino, professore di filosofia che ci ha abituato alle riletture in controtendenza filosofica delle tematiche attuali. Stampati dalle edizioni Intra Moenia di Napoli, ecco 6 volumetti antologici che - attraverso gli scritti di circa 90 autori, ben inquadrati da introduzioni e note del curatore – ci invitano a percorrere i sentieri di una qualità diversa della vita. Si comincia con Stanchi del lavoro. Apologie dell'ozio con una summa degli scritti di quanti - da Marx a Lafargue a Russell - hanno pensato che il lavoro sia una grave forma di alienazione. Si trattava di una idea in negativo dell’ozio, che era esaltato soprattutto come non-lavoro. Ma l’ozio è anche altro e nulla ha a che vedere con la pigrizia. Lo si capisce attraverso i filosofi antichi raccolti in Ars vivendi. L'ozio degli antichi: qui l’ozio è cura di sé, ricerca della conoscenza, esperienza più profonda di se stessi, come insegnarono Aristotele, Epicuro, Cicerone, Seneca … fino a Lorenzo il Magnifico. C’è, però, anche chi impiega il tempo libero a fare il volontariato e ad aiutare il prossimo: è l’idea che sorregge la terza compilation di de Martino: L' altro come scelta. L'ozio altruistico. Si parla qui di de-sviluppo, di solidarietà, di economia gandhiana: lavorare piano e con sentimento etico. Se poi pensiamo che le grandi metropoli siano la quintessenza del lavorismo, della velocità e del consumismo ci penserà il quarto volumetto a farci cambiare idea. È Il gioco della città. L'ozio nella metropoli con scritti di Baudelaire, Benjamin fino ai «flaneur» di Roma e Napoli (Flaiano e Gino Doria) dove si parla pure dei disoccupati organizzati. Ci si spiega che la città è il miglior luogo in cui perdere il tempo, casomai bloccati nel traffico, a tessere le trame di una vita diversa da quella cui siamo costretti abitualmente. Molti poi dedicano le loro migliori energie alle arti, alle letture, agli scacchi: sono i Passatempi di felicità. L'ozio e l'esperienza estetica, qui seguiamo Marcuse e altri esteti che ci mostrano come si possa usare meglio la nostra vita e il nostro corpo applicandoci alla produzione e alla fruizione delle opere d’arte. Da ultimo – last but not least - vengono altri acerrimi nemici del lavoro e del consumo: i mistici, gli asceti, i religiosi. Le loro testimonianze sono raccolte in: Salvarsi l'anima. L'ozio della religione. Qui si va dal buddhismo, alla mistica dei Sufi, fino alle esplorazioni allucinogene di Carlos Castaneda, inseguendo l’idea che faremmo meglio a fuggire dal mondo piuttosto che restare qui ad obbedire ai comandi del potere. Insomma l’«ozio» è tutt’altro che fannulloneria o inutile bambocciarsi. Quella è la «pigrizia» consolatoria di chi sospira un forte raffreddore pur di potersene restare un giorno in più a casa e a letto. L’ozio è tutt’altro. Lo scrivono in tanti: è ricerca della parte migliore di noi stessi e liberazione dai modelli sociali dominanti.