martedì 4 dicembre 2007

ozio arte intensa di chi sa vivere

In un’epoca in cui sembra che gli interessi principali della società siano il lavoro e lo sviluppo abbiamo di fronte a noi l’esplorazione dei molti significati dell’ozio compiuta da Giulio de Martino, professore di filosofia che ci ha abituato alle riletture in controtendenza filosofica delle tematiche attuali. Stampati dalle edizioni Intra Moenia di Napoli, ecco 6 volumetti antologici che - attraverso gli scritti di circa 90 autori, ben inquadrati da introduzioni e note del curatore – ci invitano a percorrere i sentieri di una qualità diversa della vita. Si comincia con Stanchi del lavoro. Apologie dell'ozio con una summa degli scritti di quanti - da Marx a Lafargue a Russell - hanno pensato che il lavoro sia una grave forma di alienazione. Si trattava di una idea in negativo dell’ozio, che era esaltato soprattutto come non-lavoro. Ma l’ozio è anche altro e nulla ha a che vedere con la pigrizia. Lo si capisce attraverso i filosofi antichi raccolti in Ars vivendi. L'ozio degli antichi: qui l’ozio è cura di sé, ricerca della conoscenza, esperienza più profonda di se stessi, come insegnarono Aristotele, Epicuro, Cicerone, Seneca … fino a Lorenzo il Magnifico. C’è, però, anche chi impiega il tempo libero a fare il volontariato e ad aiutare il prossimo: è l’idea che sorregge la terza compilation di de Martino: L' altro come scelta. L'ozio altruistico. Si parla qui di de-sviluppo, di solidarietà, di economia gandhiana: lavorare piano e con sentimento etico. Se poi pensiamo che le grandi metropoli siano la quintessenza del lavorismo, della velocità e del consumismo ci penserà il quarto volumetto a farci cambiare idea. È Il gioco della città. L'ozio nella metropoli con scritti di Baudelaire, Benjamin fino ai «flaneur» di Roma e Napoli (Flaiano e Gino Doria) dove si parla pure dei disoccupati organizzati. Ci si spiega che la città è il miglior luogo in cui perdere il tempo, casomai bloccati nel traffico, a tessere le trame di una vita diversa da quella cui siamo costretti abitualmente. Molti poi dedicano le loro migliori energie alle arti, alle letture, agli scacchi: sono i Passatempi di felicità. L'ozio e l'esperienza estetica, qui seguiamo Marcuse e altri esteti che ci mostrano come si possa usare meglio la nostra vita e il nostro corpo applicandoci alla produzione e alla fruizione delle opere d’arte. Da ultimo – last but not least - vengono altri acerrimi nemici del lavoro e del consumo: i mistici, gli asceti, i religiosi. Le loro testimonianze sono raccolte in: Salvarsi l'anima. L'ozio della religione. Qui si va dal buddhismo, alla mistica dei Sufi, fino alle esplorazioni allucinogene di Carlos Castaneda, inseguendo l’idea che faremmo meglio a fuggire dal mondo piuttosto che restare qui ad obbedire ai comandi del potere. Insomma l’«ozio» è tutt’altro che fannulloneria o inutile bambocciarsi. Quella è la «pigrizia» consolatoria di chi sospira un forte raffreddore pur di potersene restare un giorno in più a casa e a letto. L’ozio è tutt’altro. Lo scrivono in tanti: è ricerca della parte migliore di noi stessi e liberazione dai modelli sociali dominanti.

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