lunedì 26 dicembre 2011

a Bocca chiusa

Nelle redazioni dei giornali c'è l'archivio definito "dei coccodrilli". Nome suggestivo destinato a quell'accumulo ininterrotto di notizie su personaggi di diffusa notorietà avanti negli anni. Politici, artisti, giornalisti e scrittori: non sfugge nessuno alla raccolta progressiva di informazioni sui soggetti che potrebbero lasciarci da un momento all'altro. E allora se l'evento sopravviene deve essere tutto già pronto per tirare giù sermoni commemorativi.
E' successo così che, a 91 anni e dopo una vita piena di avvenimenti significativi, ci ha lasciato Giorgio Bocca. Giornalista e scrittore, ma anche uomo d'azione, disposto a rischiare in prima persona per le sue idee e per dare vita a nuove imprese. Basta dare una scorsa ai titoli dei giornali di oggi e ci si accorge di come questa triste notizia abbia scatenato diverse reazioni. I ricordi degli amici, ormai pochi vista l'età; i tentativi di strumentalizzare l'opera ed il pensiero di Bocca, operati da tutti i lati degli schieramenti. E persino provocazioni da destra per definire lo scomparso come un sostenitore del regime. Perché pare siano riferibili a lui scritti giovanili in difesa della razza e delle assurdità connesse.
Viene voglia di dire: restate a bocca chiusa. Ma senza alcun gioco di parola o riferimento al cognome del giornalista. Vuol significare invece: abbiate un rigurgito di dignità nelle vostre ricostruzioni. A 18 anni - questa l'epoca di quelle asserite esternazioni - si possono pensare e magari scrivere tutte le minchiate possibili. Ma un uomo non ha forse il diritto di essere giudicato dall'intero percorso dell'esistenza? E a questo punto pochi italiani possono paragonarsi a Giorgio Bocca, quanto a schiena dritta e coerenza. Era certamente un pensatore "scomodo", capace di dire la sua anche quando questa poteva risultare impopolare o contro corrente. Una personalità in ogni caso autentica, in grado di affrontare le conseguenze del proprio pensiero senza difendersi dietro a sponsor o convenienze.
Questo genere di individuo va scomparendo. Oggi sono sempre più in auge gli opportunisti, i cerchiobottisti, i "trasversali" dell'opinione, valida per tutte le stagioni. Sempre in piedi o piuttosto sempre a galla. Servili quanto basta, ma con un "distinguo" già pronto nel cassetto, che li salva quando il vento cambia. E' una razza sempre più diffusa e destinata ad accrescere smisuratamente i propri ranghi.
C'è stato un periodo storico, che abbiamo attraversato senza accorgercene, nel quale era possibile sperare di smascherare il "re" o meglio di denudarlo. A sostegno dei contestatori esisteva un sistema normativo che veniva dalle piaghe ancora aperte di una guerra persa. E che attraverso quei principi fondamentali di libertà contenuti nella carta costituzionale, faceva sperare nell'affermazione di un minimo di equità sociale.
Giorno dopo giorno i poteri forti, che sono rimasti al loro posto sempre in attesa di vedere il cadavere del nemico attraversare il fiume, stanno rioccupando tutti gli spazi. Concedendo la possibilità di sopravvivere solo ai servi, ai lacché, ai consenzienti silenziosi che non disturbano i manovratori.
Bocca era della razza di quelli "contro" e la sua assenza e tutto quello che non ci potrà più dire avranno un peso negativo per tutti gli uomini di buona volontà. Che nonostante tutto ci sono ancora e che devono ritrovare l'orgoglio e la dignità di non mollare.

mercoledì 21 dicembre 2011


Ho avuto per molti anni una certa
familiarità con un signore che aveva
venti anni più di me. Il motivo dei nostri incontri era la comune passione per
il tennis che ci conduceva nel medesimo circolo. Signore austero, sorridente per generico principio di convinta
civiltà, mai però indulgente o muto di
fronte ai nuovi barbari ed alle loro stupefacenti manifestazioni di idiozia. Nel tempo, ma senza fretta, mi accorsi
che mi accordava una cauta confidenza, con aperture minime, quasi sempre
conseguenti a partaccioni che mi infliggeva come compagno di doppio. Sermoni
attraverso i quali cercava, con successi minimi, di insegnarmi come muovermi in
modo positivo o almeno di fare i minori danni possibili. Ricordo quasi tutte le
sue parole: “ non guardare indietro
quando passa la palla, gioca deciso, se necessario tira addosso all’uomo a
rete, se il servizio non ti riesce gioca una prima palla piazzata, entra quando
devi entrare e non ti nascondere, mai
una smorzata se non nascosta o assolutamente necessaria, il pallonetto sul lato
del rovescio dell’avversario”.
Questo compagno di gioco non c’è più, ma il ricordo più intenso di lui risale a quando
avevo compiuto da poco 45 anni e per il primo anno potevo difendere i colori
del nostro circolo nel torneo a squadre per tennisti over 45. Fu proprio lui, che da sempre giocava
con ottimi risultati tra i veterani, a scegliermi come partner di doppio. Quel
giorno viaggiavamo insieme alla volta di
una località del beneventano, sede della partita, io alla guida e lui assorto nei suoi pensieri.
Poi ruppe il silenzio: “Ho notato che ti
piacciono due delle nostre consocie”. Un’affermazione che mi parve un
fulmine a ciel sereno, venendo da un uomo riservato ed un filo burbero come il
mio compagno di viaggio. La mia faccia interrogativa gli suggerì di continuare.
“Le signore non è che valgano granché,
però hanno un loro fascino discreto che le riabilita esteticamente, fino a
farle diventare appetibili. Ho notato, si..” “Non pensavo si notasse poi
tanto” fu la mia imbarazzata replica. “ A me
è parso così. Spero che tu mi creda,
ma io ho avuto una fortuna persino sfacciata con le dame” aggiunse con una
punta di compiacimento che non mi sfuggì “e ancora godo delle grazie di due signore,
che mi fanno dono della loro affettuosa dolcezza. E questa amorevolezza
compensa gli impacci dell’età, miei e loro..”
Davanti a queste spontanee confidenze rimasi senza parola, sapendo in particolare quanto
lui fosse geloso della sua vita privata, circondata da una specie di mistero
nel pettegolissimo nostro circolo del tennis. “So benissimo di essere un uomo di banale presenza estetica –
continuò – ma sapessi quale importanza ha
avuto per me sapere usare bene le parole. Si, proprio le parole. Me ne accorsi
le prime volte parlando al telefono con donne sconosciute. Erano occasioni di
lavoro, niente di intrigante. Ma in moltissime di queste circostanze mi
accorgevo di aver fatto colpo e di aver lasciato un segno. Il suono della mia
voce? L’atteggiamento misuratamente cordiale? Un tono particolare che inserivo
inconsapevolmente? Fatto sta che, talvolta senza un motivo preciso, le
interlocutrici si materializzavano. Con un pretesto o magari per semplice ventura me le trovavo
davanti. E l’impatto per loro non era sempre confortante perché l’uomo dalla
voce flautata doveva apparire loro in tutta la sua dimensione anonima. Un
contrasto probabilmente stridente tra realtà e quanto avevano immaginato. Ma,
appena si sviluppava il colloquio sentivo in molti casi queste signore
“accogliermi” sempre di più, fino a diventare allusive. A quel punto, ero io a
decidere se valesse la pena approfondire la conoscenza o lasciare tutto in
sospeso. E aggiungo che la stessa cosa mi succedeva quando avviavo una
corrispondenza con una donna. Una frase, un aggettivo che avvolgeva, un inciso
significativo o un avverbio appropriato e si scatenava una reazione di empatia
che spesso trovava sbocco in rapporti personali. Ho avuto solo una fortunaccia
o l’uso della parola è la chiave per aprire un mondo di nuove emozioni?
Non chiedeva una risposta, un
uomo come lui se l’era già data. Ma non avrebbe mai arrogantemente preteso di
imporre la sua soluzione. Intanto eravamo arrivati sul posto dell’incontro e io
maledivo la fine del percorso, sapendo che sarebbe stato difficilissimo
riprendere quel genere di dialogo. La sua riservatezza quel giorno aveva aperto
uno squarcio improvviso, difficilmente ripetibile. Però ci ho pensato tanto e tento di recuperare così quella memoria per me
preziosa.

martedì 20 dicembre 2011

odore di cloro e sudore

Ricevo una richiesta di pubblicazione da un giovanotto che mi sta a cuore. Uno stile un po' sdolcinato, ma tutto sommato non è sgradevole.Quanto ai lettori insospettabili del mio blog, rivolgo un grato pensiero. Ho poche pretese, ma sapere che c'è qualcuno che mi segue mi fa molto piacere.
Signore, mi pubblichi ciò su terra dell'etrusco? (blog che ha lettori insospettabili, ma non ti dirò il nome)? se ti piace, naturalmente. con la foto che ti allego
Preghiera a cose più belle di me: il fascino discreto della periferia.
Per motivi lontanissimi da quelli sportivi, sabato scorso sono stato alla palestra “Einaudi” di San Nicola La Strada, provincia di Caserta, per assistere all'incontro di serie C femminile Volalto-Indomita Salerno. Un sabato pomeriggio invernale, sotto feste, tra freddo e lucine di Natale. Un paesino garbato, con struttura sportiva più che decente. La gara, dopo ripetuti ribaltamenti di fronte, se la sono aggiudicate le ragazze di Salerno, al tie break per 15 a 10. Racconto questo che potrà sembrare un dettaglio, una notizia di quart'ordine, per dire che c'è una vita intensa, nello sport di provincia, che chi abita le grandi città e che per motivi di lavoro deve seguire la grande cronaca, non sospetta neanche. Affianco alla palestra, in una scuola elementare, si teneva un classico saggio di fine anno dei bambini, che intrattenevano genitori e amici al suono di balli tipici. Era tutto così ingenuo che al primo sguardo ti viene da chiedere perchè, esiste tutto questo. Per chi succede. Un'esibizione sportiva o artistica in un istituto della Campania più remota non promette alcuna ribalta, né lancia verso palcoscenici più allettanti. Eppure accade, ed ha una bellezza che mozza il fiato. Dietro quell'odore di cloro e sudore di un centro sportivo di periferia, dietro le bambine che applaudono schiacciate di atlete sconosciute abbracciate ai nonni, dietro quell'incitare casalingo, da famigliola, “dai Paola!”, “ora, vatussa!” (soprannome di una stangona in forza alla formazione di casa), ho trovato una passione fine a sé stessa che mi ha travolto. Un impegno di portare avanti le cose, con ordine e sobria allegria. Il rito, ma non quello formale che annoia; piuttosto, la consolante ruota delle stagioni e della crescita. Alla fine della gara c'è stato un rinfresco a tutte le giocatrici, le casalinghe sconfitte e le ospiti vittoriose, hanno mangiato, brindato e scherzato insieme. Le crostate fatte dalle mamme, la bellezza di queste sportive che si vestivano direttamente per la serata ballerina che le aspettava fuori, il sottofondo di John Lennon “Merry Xmas”. Era tutto così pieno di grazia che non sarei voluto uscirne. Lo so, accade spesso, in paesi piccoli, una scena del genere: ma chi l'ha detto che la bellezza sia solo nell'eccezione? Forse, l'eccezione è meno eccezionale di quanto si creda. Basta saper cercare. Non voglio spendermi per retorica, su tali pensieri (tipo “beata vita di paese”) né girerei mai un documentario su questo; solo, consiglio a tutti quelli che amano il guardarsi dentro un'affacciata in una di queste realtà. Ti verrà da sorridere naturalmente, starai solo in mezzo a tanti, e nel contempo così in compagnia. Sarai al caldo, al pulito, ti appassionerai a storie e partite che non ti appartengono. Capitaci per sbaglio, ad un orario semimorto, o morente, e acciufferai un po' di vita nascosta. E per dimostrarlo dirò che mentre guardavo la partita mi è venuto, quasi da solo, questo strano verso. “Preghiera a cose più belle di me: avvento della giovinezza. Immagine perfetta. Sensazione perfetta. E' nella pioggia, oggi, il vostro grido.
"giova.chi."

domenica 18 dicembre 2011

errata corrige

Ammoniva un professore dei tempi universitari diretto alle matricole: "molti di voi dovrebbero tornare sui banchi delle elementari". E l'invito non intendeva farci riprovare l'emozione della classe e dell'età infantile, ma spingeva a mettere un po' d'ordine nell'uso della lingua italiana, scritta e parlata. E' così, mi servirebbe proprio un ripasso urgente di grammatica: nella fretta di "postare" sul mio blog faccio uso disinvolto del plurale di nome composto: grattacapo al plurale diventa grattacapi.. E per fortuna non ho dato seguito al mio giovanile intento di fare il professore di lettere perché avrei contribuito la mia parte al disgregarsi di questa povera lingua. Che cosa mi abbia distolto dall'insano proposito? Con ogni probabilità avrà avuto un peso il trauma del tema in classe? Vi ricordate? Si affrontava con superficiale noncuranza, pensando che tanto quattro "stroppole" alla fine sarebbero pur uscite dalla penna. Ma la realtà era sempre più inquietante dell'immaginario della vigilia. Veniva fuori un'affascinante traccia del tipo "Spiritualità e valori familiari dei Promessi Sposi". E iniziavi a sacramentare in tutte le (poche) lingue conosciute. Ed a chiederti il perché di quel tentativo di indagine volto ad inasprire il già rilevante danno scrotale derivato dalla lettura di quel polpettone ipocrita. Foglio lungamente bianco, penna penzolante, tempo che scorre impetuoso, sguardo rivolto ai tanti compagni pedalatori che erano partiti come allo scoppio dello start, appena terminata l'indicazione del testo. E scrivevano pagine su pagine di meravigliose considerazioni sul senso religioso delle vicende manzoniane. Io guardavo tutti e mi vergognavo della mia ignoranza, ma anche della loro imperturbabile capacità di metabolizzare qualsiasi porcata e volgerla in prosa. Poi ti veniva una mezza idea di mandare a cagare scuola e professori con un tema incendiario sui baciapile, sui sepolcri imbiancati e sulle stolide falsità che eravamo costretti a subire. Alla fine, la paura aveva il sopravvento, già immaginavo il cazziatone del preside che avrebbe convocato il consiglio di istituto per quell'attentato alla sana formazione delle classi dirigenti del domani e via retoricando. Non potevo dimenticare che stavo frequentando il liceo classico di una delle zone borghesi di Napoli, covo di una certa destra conservatrice che non aspettava altro che la comparsa di sintomi eversivi per eliminare i facinorosi. E allora? Andava a finire che mi producevo in due striminzite colonnine di pensieri masticati e maldigeriti, tutti nel solco della massima colpevole ortodossia. Voto quasi fisso: sei meno meno. E il commento della prof: potresti fare molto di più se ti applicassi nella lettura del testo. Cioè la signora, da quaranta anni sui banchi, non aveva capito niente di me e di tanti altri compagni che avremmo voluto essere trattati da giovani esseri umani e non da pedine della futura "leading class". Straordinario esempio di come una generazione sia stata trattata da gregge e come solo un forte senso di coscienza individuale abbia prodotto qualche sporadico salvataggio.

sabato 17 dicembre 2011

emergenza occupazione

Una nuova nube su addensa sulle teste degli italiani. Come se non bastassero i disagi ed i problemi posti dalla pesantissima crisi economica e dalle sanguinose misure di recupero, si materializza un nuovo ed urgente bisogno. Si, si tratta di sistemare tutta la schiera nutrita di nani e ballerine che negli ultimi anni hanno fatto da coro famelico per il deposto cavaliere. Le ansie sono partite dalla sostituzione di Minzolini al TG1. Il povero spelato, destituito per i numeri miserrimi dell'audience, privo del suo unico sostegno professionale, se ne va. Per il momento, lascia mesto e ringhioso, minacciando contenziosi civili, con il classico scatolone di cartone, visto che ha rifiutato di fare l'inviato RAI a New York. Ma è stato solo il primo lampo Pensate che trauma dover sistemare Emilio Fede che, secondo fonti informatissime, starebbe per mollare "spintanemente" dal cadreghino occupato per tanti anni al TG4. Le sue comiche intemerate pro silvio non bastano più. Nè serve ricordare la lunghissima carriera da lacché che l'ottuagenario sedicente giornalista ha percorso con pantomime e slinguazzate vergognose verso Arcore. Pare che ultime poco gradite esternazioni del moro abbiano convinto i dirigenti mediaset a decidere per la estromissione. Non è ancora certo se siano stati i 400 mila euro della marchetta lelemoriana o altre facilmente immaginabili incontinenze del direttore a far prendere una decisione che, ai pochi spettatori di buon senso di quel telegiornale, sembrava da anni doverosa. Passano così le "glorie" del mondo e i tempi cambiano rapidamente se persino il ringhioso mastino andrà nel dimenticatoio. Intanto lui fa sapere che si contenta di una modesta buonuscita di dieci milioni di euro. Gli servono per un colpo finale al casinò. I signori del cda del gruppo staranno pensando: overdose di viagra o di carote abbronzanti? Secondo voci non controllate gli avrebbero offerto una presidenza del settore editoriale, con alternativa per un abbonamento a Playboy ed una tessera di "betwin"di 250 euro. Vedete quanti grattacapo? Dobbiamo sistemare non solo questi pilastri dell'informazione ma anche la Santadeché, la Carlucci ed altri giganti del genere. A fare due conti ci vuole una nuova manovra Monti e state pur certi che la pagheremo tutti l'ennesima emergenza mobilità. Ce li meritiamo tutti e li accompagneremo economicamente per tutta la vita. Fatevene una ragione!

lunedì 5 dicembre 2011

Grazie, Professore

Gli italiani normali, e per tali intendo quelli abituati a pensare un minimo allo stato reale delle cose, non possono dichiarsi sorpresi. Le misure di sacrificio fissate dal nuovo esecutivo non potevano essere diverse. Ma esaminiamo i fatti e gli avvenimenti nel loro svolgersi. Il governo "tecnico" Monti è nato per lascito fiduciario del precedente governo del cavalier banana. Che da uomo coerente e sincero come pochi altri, non poteva rimangiarsi la miriade di puttanate promesse in tutte le campagne elettorali a suoi interessatissimi elettori. Niente nuove tasse, incentivi allo sviluppo, condoni a gogò, struttura delle pensioni inalterata, niente ICI, nessuna tassa sulle successioni e via discorrendo. Ma il (P)aese - vedete voi se merita la maiuscola - era in catalessi da decenni e la cura da cavallo ora propinata ci voleva da quel dì. E il nano artificialmente eretto, aveva ben compreso che se le misure di sangue le avesse proposte lui, avrebbe dovuto trovare una nazione senza estradizione disposta ad ospitare lui e quello che resta della sua scombiccherata compagnia di guitti per evitare di essere appeso a palle larghe al centro di Arcore. E non era il momento, visto le difficili situazioni di Mubarak, Gheddafi, Putin ed altri galantuomini assùimilabili. Per non parlare del suo folcloristico partito dei ladri che, alle prossime elezioni, magari cancellando in tutta fretta il nome del fuggiasco, avrebbe preso percentuali da confrontare alle temperature invernali di Anchorage. E allora? Pensa che ti ripensa - si fa per dire nel caso specifico - presenta sulla cattedra i pidiellini che hanno studiato. Facce presentabili, congiuntivi a posto, abbigliamento da schiattamorti quanto basta.
La sostanza della manovra è davanti agli occhi di tutti: pagano - e come ti sbagli? - sempre gli stessi. Con decurtazioni sulle pensioni, aumenti delle tasse regionali con ricadute negative su stipendi e pensioni fermi da secoli, aumento dell'IVA con ripercussioni su tutti i beni e servizi. Inasprimento delle condizioni per andare in pensione, con ulteriore tappo per giovani e disoccupati.
E l'aumento delle aliquote IRPEF per i redditi alti? la patrimoniale? No ci dispiace, queste sono misure di sinistra e dovremo attendere per altri 50 anni - chi ce la fa - per un altro governo a guida, diciamo, progressista.
Continuano a comandare gli stessi, la Chiesa è salva con i suoi beni e i suoi privilegi.
E la famosa evasione fiscale? Non troverete un solo esponente politico disposto a spendere una parola in più. Formalmente la combattono tutti, ma nell'ipocrita e colpevole consapevolezza che senza il sommerso le piazze d'Italia ed in particolare del Sud, sarebbero piene di gente con forconi e coltelli in mano pronta ad assalire chiunque per sopravvivere. Vi siete chiesti come facciamo ad andare avanti nonostante i numeri stellari della disoccupazione? Piccoli artigiani, imprenditori improvvisati, venditori di tutto il possibile "a nero", tecnici con borsa a tracolla che riparano di tutto, consulenti assicurativi, finanziari, capaci di procurare mutui, leasing, finanziamenti di ogni genere senza avere un ruolo ufficiale; paramedici e paradentisti in grado di assicurare in tempo reale quelle prestazioni che diversamente vedrebbero i pazienti in lista non di attesa negli studi, ma nelle sale mortuarie. E ancora, badanti, domestici di ogni livello, operatori del microcommercio. Un arcipelago di percettori di reddito contenuto che riescono così a tirare la carretta.
La rivoluzione? Dimenticatelo. E' per popoli seri. Non va bene per gli italiani che alla fine, un cugino prete o consigliere comunale se lo troveranno sempre!

giovedì 1 dicembre 2011

lettore di seconda mano

Mi presento: sono un lettore di seconda mano. Per chi volesse saperne di più, sono ammesse tutte le domande, ma non so se saprò rispondere. No, non sono un lettore di libri usati, del genere acquirente di volumi esausti su bancarella. Eppure avrei un amico che opera da anni nel settore, tal Lello "Feltrinelli" titolare di una conosciuta ditta in San Biagio dei Librai, davanti a Palazzo Marigliano. Devotissimo a tutta la mia famiglia per alcune donazioni di libri che nel tempo abbiamo smaltito, rimpolpando il suo catalogo. I prezzi sono bassissimi, da uno a tre euro, ed è possibile trovare il libro raro o qualche comunissima serie da edicola. Ma tornando al mio caso, la mia qualifica di lettore di seconda mano deriva dal fatto che compro al massimo una diecina di libri all'anno. Ma per mia fortuna e piacere, riesco a leggerne una cinquantina, grazie al rigiro di mio figlio, lettore instancabile, che mi passa di tutto. Così finisce che non ho più gusti letterari originari, ma derivati, in tutto dipendenti dalla bulimia letteraria del giovanotto. Per mestiere lui cerca di fare il giornalista. Ma non è possibile parlare di lavoro in senso tecnico, mancando uno dei requisiti essenziali, la retribuzione. Ovvero se ne parla all'inizio, ma poi tutte le imprese editoriali con le quali entra in contatto vanno inevitabilmente a carte quaranta. Non so se dipende da lui o dalla scarsa coscienza dei datori. Intanto legge, scrive per giornali "on line, ma soprattutto" dispensa il suo giovanile ardore nei confronti di fanciulle sparse in tutta la penisola. Concetto positivo che esalta il suo senso di disponibilità nei confronti della nazione intera, senza pregiudizi di lingua o di razza, magari frequentando contemporaneamente ragazze amiche tra di loro, quando non parenti. Un capolavoro! Lo stesso concetto della scelta dei libri: lui non fa distinzione, purché si .. legga. E purtroppo, per limiti di età, a tacer d'altro, nel suo primo campo di interesse non riesco ad essere un utilizzatore di secondo profilo, trattandosi, tra l'altro, di signorine di età fino ai 30 anni. Saggiamente, ripiego sui libri, ingurgitando di tutto, facendo anche scoperte interessanti che difficilmente riuscirei ad individuare in modo autonomo. Per fortuna ci sono i giovani, e le loro meravigliose follie. Gli anziani? alla larga, specie quando hanno perso (o pensano di aver perso) la facoltà di innamorarsi. Di un'idea, di un colore, di una musica, di un profumo o di un sapore.

lunedì 28 novembre 2011

fare denuncia a chi di dovere..

Fino ad ieri ho vissuto nella beata ignoranza di chi fosse la signora Yanina Screpante. Ma, nonostante tutto, sopravvivevo. Poi con i giornali di oggi, finalmente, la rivelazione. La signora in questione, definita amabilmente dalla stampa "Lady Lavezzi", ha pensato bene di rivolgersi a Twitter per denunciare la rapina del Rolex subìta da qualche giorno in via Petrarca, oltre a sfogare la sua indignazione consegnando ai posteri la sua definizione di Napoli: "ciudad de mierda". A parte le immediate considerazioni sulla visceralità dello sfogo, dobbiamo arguire che la lady, cittadina straniera, non è stata informata a dovere su quali siano nel nostro Paese gli organi ai quali denunciare un evento delittuoso del genere. O forse si è convinta - a ragione - attraverso la storia di altro pedatore rapinato e immediatamente risarcito - che il ricorso alle forme alternative di denuncia risulti di gran lunga più opportuno, oltre che conveniente. Un destino poi quello di questo Rolex! Da pochi giorni il fidanzato di Yanina, il funambolico Lavezzi, lo aveva riottenuto insieme ad altri sei orologi, presumiamo preziosi, a seguito del dissequestro di beni ritrovati a casa di Marco Iorio. Un nome entrato in inchieste giudiziarie cittadine con l'accusa di contiguità alla camorra, ma buon amico del Pocho che, udite, udite, aveva anche lui ben pensato di affidare all'amico i suoi preziosi orologi, considerando la di lui casa assai più affidabile e sicura di qualsiasi cassetta di sicurezza bancaria.
Da questa storia amena, ma non troppo, facciamo discendere la convinzione che questi idoli delle folle provenienti da terre lontane hanno compreso appena arrivati dalle nostre parti che la polizia e le banche non funzionano o funzionano male. e che per tutelare gli ingenti patrimoni accumulati a pedate è meglio rivolgersi a Twitter o "agli amici degli amici". Il risultato è quasi garantito!

domenica 27 novembre 2011

questa è l'Italia e questi sono gli italiani

Avevamo deciso per una giornata spensierata a Salerno. E fin quando siamo rimasti a Salerno è andato tutto a gonfie vele. Temperatura mite, sole che riscaldava, la folla giusta per strada, un ristorantino vicino al mare che ci ha deliziato con uno spaghetto alle alici e baccalà con patate. Dopopranzo a bordo mare e tante considerazioni sulle differenze, notevoli, tra la vita caotica, violenta ed insulsa della nostra città e quello scenario, apparentemente quieto e rilassante. In stazione a Salerno, chiediamo dove siano i bagni. Un addetto ci comunica che nell'intero scalo ferroviario di un capoluogo di provincia non c'è un solo servizio funzionante. "chiedete al bar fuori la piazza". Resistiamo e prendiamo un comodo treno che, senza fermate, ma senza neppure bagni, ci riporta a Napoli. Scesi, siamo .. incalzati dalla necessità e troviamo l'unico luogo di decenza della stazione FS di Napoli. A pagamento, con moneta, altrimenti hai voglia a fartela addosso e di sentirti male. Non c'è carta, ovviamente, lo sciacquone non funziona, l'acqua esce solo se ti accorgi che sotto il rubinetto ci sono dei piccoli sensori che avviano il flusso. Va tutto male, ma ce lo facciamo piacere lo stesso, era stata una giornata di vacanza! Come però trascurare le normali riflessioni sul degrado della zona di piazza Garibaldi, sulla disperazione che compare sulla faccia di molti, alle prese con le necessità più minute di sopravvivenza. E così, nel percorso verso casa, dopo pochi minuti, passiamo davanti ad una nota boutique della cravatta dove in paziente attesa una coda di almeno trenta persone attendeva di accedere al tempio del nodo scappino. Pezzi di tessuto, magari ben selezionati per colore e qualità, che costano a partire da cento euro e arrivano molto oltre. Questo il quadro di questa, come di altre città. Nelle zone di frontiera si arriva ogni forma di sacrificio quando non di abiezione personale pur di tirare a campare; nella zona bene individui dotati di cervello e sentimento attendono per ore di pur di comprare il costosissimo oggetto alla moda. Forza italiani, non vi preoccupate della crisi, comprate l'ultimo Ipod o le ultime scarpe di moda. Alla fine il conto lo pagherà pure qualcuno. L'importante è che non siate voi|

domenica 13 novembre 2011

mari o monti?

E' andato a casa? Forse. Di sicuro per qualche giorno non gli sentiremo la bocca traboccante di cazzate. Va tutto bene, sono il migliore statista italiano del secolo. Che poi bisogna intendersi, in questo secolo c'è stato solo lui. Se poi facciamo due considerazioni sulla fine dell'altro regime, nonostante la guerra e i disastri connessi, ci verrebbe da dire che non è mai finito. I notabili democristiani che hanno governato per 50 anni altri non erano che gli stessi burocrati del fascismo smarcatisi all'ultimo momento oppure i successori di quelle mentalità e di quel clima culturale. Tornando a noi, avremo ancora 50 anni di epigoni dello psiconano? Speriamo di no e poi beato chi li vedrà quei tempi. Nell'immediato ci spetta la solita stagione di rigore e di sacrifici in nome di una nazione che continua a non esserci. Nella quale continueranno a sgovernare uccellacci vestiti di nero con i loro ricatti morali e le loro menzogne metafisiche. E dove i "servitori" dello Stato penseranno prima di tutto al loro lesso ed al benessere delle proprie famiglie e consorterie. Godiamoci per quanto possibile queste ore. L'olezzo si allontana, o almeno così sembra, il codazzo di nani e ballerine si attenda nell'angolo in attesa che un altro rigurgito populista faccia riemergere (nel loro caso è termine esatto stante la materia componente) tutto il blocco. Lasciateci illudere che questo signore che frequenta solo salotti finanziari internazionali sia il nostro salvatore. A dirla così già sembra impossibile. Possiamo però quanto meno provare a fargli le bucce e gridargli in faccia colpo su colpo che siamo "in campana" e ci aspettiamo che faccia il suo compitino di ragioniere e se ne vada a casa. Sempre sperando che la prossima volta il popolo elettore non si faccia fottere dall'ultima lusinga di condoni, sgravi, scorciatoie e raccomandazioni di vescovi.

lunedì 7 novembre 2011

il cerino in mano

avverto odori sulfurei nelle ultime giornate politiche. Apparentemente i suoi stanno lasciando il povero nano arrapato. Qualcuno accompagna la decisioni con banali quanto condivisibili argomenti: l'interesse nazionale, la fine del sogno liberista, lo scollamento dai criteri di aggregazione iniziali, il recupero dell'economia. Ma tutto queste manovre ad opera di ex soubrette, (la Carlucci) nuove/vecchie star, (Pisanu) etoiles, (Stracquadanio) mi puzzano di un antico bruciato. Sappiamo tutti che nei momenti di sudore, lacrime e sangue i governi sono stati prevalentemente di sinistra, attribuendo l'opinione pubblica a queste forze politiche quel minimo di pelo sullo stomaco idoneo ad imporre le misure drastiche ai cittadini. E allora vuoi vedere che queste ultime topesse che stanno staccandosi dal lardo non siano d'accordo con il loro pifferaio e che tutti i movimenti il quali assistiamo non siano altro che un concordato minuetto per lasciare il cerino delle restrizioni e dei sacrifici ad un governo "tecnico", come quello che potrebbe essere affidato a Mario Monti? Facciano pure i tecnici, i tecnocrati e i loro sostenitori di sinistra quella manovra effettiva di cui il Paese ha bisogno. Impongano patrimoniali, facciano pure rivivere ICI ed altri balzelli. Noi fetecchioni di destra stiamo a guardare e ci rifacciamo un minimo la faccia per ripresentarci poi felici e vincenti alle prossime elezioni. In un clima meno infuocato Berlusca o suoi cloni potranno diffondere le loro lusinghe di condoni, sconti, scorciatoie, amnistie, salva successioni. Tornando così in sella in questa nazione di moderati e magnoni dove uno zio prete vale mille volte più dell'Ufficio di collocamento. Fino alla prossima crisi, ma dopo aver creato moneta fasulla e fatto debiti per altre venti generazioni.

mercoledì 26 ottobre 2011

emozioni e mali di pancia

Prese di posizione estemporane, malpancismi di stagione, esternazioni incontrollate e dettate solo dal magone del momento fino ad arrivare alla terribile "legislazione emotiva". Tutti fenomeni collegati al desiderio di molti di battere il ferro finché è caldo ed esprimere un commento, ovvero di decidere su di una questione diventata di grande attualità, manifestando così i propri pensieri nel momento in cui succede un fatto di rilevanza o risonanza collettiva. Certamente è un nostro diritto non comprimere la mente e dare sfogo anche agli stati d'animo suggeriti dalle emozioni. La sola precauzione che dovremmo osservare risiederebbe nel non alimentare con questi comportamenti di massa miti e culti, tali da influenzare i soggetti più sprovveduti o fragili, creando solo visibilità mediatica. Qualche anno fa nella mia città avvennero, quasi in contemporanea, due disgrazie. Vittime dei tragici fatti due ragazzi, uno ventenne e uno ancora più giovane. Il primo era stato colpito a mare da un motoscafo. Apparteneva ad una famiglia molto in vista in città. Si scatenarono catene di amici, giornate dedicate alla memoria del povero giovane, siti web, blog e diavolerie del genere. A lui amici e conoscenti dedicarono un'intera pagina di necrologi, spendendo in questo modo diverse decine di migliaia di euro, ad esclusivo beneficio del giornale che pubblicò gli annunci. Mi sono sempre chiesto quanto bene potesse fare tutto questo tran tran ai poveri familiari del ragazzo. O se, invece, la repentina e temporanea invasione dei mezzi di comunicazione nella loro sfera privata non rendesse ancora più complessa la gestione del lutto di questo nucleo familiare. Negli stessi giorni, vittima di un automobilista pirata, moriva un ragazzino. Famiglia di estrazione popolare, il padre aveva acquisito una certa notorietà per una brevissima e sfortunata stagione da calciatore nel Napoli. Lui e la madre del piccolo presero una meravigliosa decisione, quella di donare gli organi del povero adolescente. Forse divento retorico, ma pensare che attraverso quella autentica nobiltà di comportamenti alcuni ragazzi di Napoli oggi vivono una vita migliore, mi fa considerare l'abissale differenza nelle reazioni. E resto convinto che i genitori della piccola vittima della strada hanno trovato un proprio modo di gestire il grande dolore attraverso la generosità e la solidarietà umana.

giovedì 6 ottobre 2011

non scappate! c'è posto ancora

Avanti c'è posto, avrebbe detto un bigliettaio di bus. Figura mitica, ormai superata dalla tecnologia della obliteratrice. Personaggio che dava fiducia anche nei momenti difficili. Quando il muro umano del mezzo pubblico non faceva sperare bene, c'era lui a restituirti la speranza di un minimo spazio vitale. Immaginate un uomo del genere che ci dicesse: italiani non scappate, non desiderate di andare a vivere in Svizzera o sulla Costa Azzurra. Il vostro Paese offre ancora opportunità per tutti e nel tempo riprenderà decoro, dignità e credibilità internazionale. Scompaiono di colpo i tristi figuri che oggi occupano la scena pubblica, ritornando a fare quello che hanno sempre fatto, cenciaioli e cartonari, parassiti perpetui, destinati a causa delle loro incapacità a vivere di pubblica carità.
E la gente di mezzo, quella che ogni giorno va a lavorare con i mille problemi, diventa protagonista della storia e del proprio destino.
Questa terra non può essere impersonata dagli attuali reggenti. Per sopravvivere dobbiamo essere convinti che la società civile è meglio di loro e che la coscienza e lo spirito nazionali non si identificano negli squallidi attuali governanti, incapaci di qualsivoglia sussulto di dignità e di autonomia di pensiero. Ripiegati sull'interesse proprio e della fazione, immemori di quel mandato fiduciario che un popolo gli avrebbe attribuito.
Qualcuno negli anni scorsi ha affermato che l'attuale premier è la fotografia e al tempo stesso l'aspirazione dell'italiano medio. Non può essere così. dobbiamo rifiutarci di crederlo. La meschinità e grossolanità dei comportamenti di questo tale ricordano soltanto i grotteschi personaggi del ventennio, con i loro riti e le pantomime di falsa rievocazione storica. Intanto è passato quasi un secolo, la scolarizzazione di massa, il benessere crescente, una diversa diffusione dell'informazione ci avrebbero dovuto mettere al riparo da personaggi da operetta.
Se così non è stato, facciamo in modo che il domani sia sgombro da pericoli del genere.
Avanti ci deve essere posto!

martedì 20 settembre 2011

le generazioni senza guerra

Stiamo vivendo giorni sicuramente incerti. Resi ancora più malfermi dal coacervo di notizie che, senza soluzione di continuità, si impadroniscono del nostro cervello. Disponendone in modo dissennato e pretendendo da noi competenze in materia di alta finanza, di politica monetaria sovranazionale, di mercato dei cambi, di dinamiche speculative. Si salvi chi può, in altre parole, perché sfido persino i dottori del tempio ad avere la situazione chiara ed ad individuare metodi di soluzione. Mi ricorda il "facimmo ammuina" dell'esercito napoletano dei Borboni, ordine che lasciava intendere quanta poca consapevolezza dell'effettivo svolgersi dei fatti avessere i capi di quegli sventurati. E allora, per dare un senso alla loro posizione di sovraordinazione, chiedevano ai poveri soldati di fare chiasso, rumore, per dare al nemico la falsa impressione del numero e della ferocia degli armati. Se cade l'euro, cade l'Europa, mi pare di avere sentito. Ma in quest'ultima ipotesi che cosa succederebbe dei singoli stati, delle sventrate economie dei Paesi più deboli? E quale sarebbe la misura per regolare gli scambi tra questi ex aderenti ad un sistema monetario integrato? Ci avrà certamente pensato uno di quei signori pagati in modo straordinario, in quanto super esperto. Ma, da autentico cervellone, per il momento tace. e i guai sono per noi cittadini normali, per giunta di un Paese "normalizzato" da dieci anni di giunte populiste.
Per il momento ci è chiaro soltanto che anche la più drastica delle manovre di aggiustamento dei conti statali non avrebbe portato a risultati diversi. E che se la speculazione vuole mettere in ginocchio qualcuno non c'è richiesta di pietà che tenga.
Abbiamo fatto persino l'occhiolino alla tanto diffamata Cina perché ci soccorra comprandosi un poco di nostri BOT e BTP. Ma non era il nemico numero 1, quello da tenere sempre sotto l'occhio dei vigili nostri guardiani economici? Mah? Sarà che le cose cambiano. Solo che a noi non ci avvertono e ci troviamo ulteriormente spaesati.
Il "premier" perde il sonno sempre nello stesso modo e quindi si può legittimamente dubitare che sia davvero interessato al disbrigo delle faccende statali, piuttosto che alle sue personali, ultimamente sempre meno favorevoli.
I suoi lo vorrebbero bollire direttamente nel Mausoleo di Arcore, ma si domandano senza risposta valida chi pagherebbe loro il "lesso" una volta eliminato l'incontinente scopatore.
Quelli dell'altra parte si limitano a sciorinare una serie di interminabili cazzate, timorosi che il loro strombazzato augurio di fine governo colga davvero nel segno. E già, il lavoro sporco pare che spetti sempre e soltanto ad una delle parti. Altre lacrime e sangue e poi? Nelle sezioni del PD resterebbero in dodici a sentire gli aforismi di Bersani, ormai diventati l'unica cosa per la quale ridere in un momentaccio simile. Che tra l'altro, investe una popolazione non abituata a soffrire, che non ha conosciuto guerra, sfollamenti, abbandoni di case, morti improvvise.
Una generazione quella dopoguerra, in qualche misura fortunata, investita dal benessere, dagli agi di una vita comoda. Immaginate a proporre ai nostri figli e nipoti di abbandonare anche una minima parte delle cose di cui siamo circondati e che ci sembrano scontate.
E così deve andare. Senza la sirena che chiama ai ricoveri, nessuno è disposto a fare a meno di cose che ritiene indispensabili.
La natura umana non accetta arretramenti di condizione se non nelle emergenze assolute: speriamo di salvarci e di non vedere cose che ci sembrano lontanissime. Tipo, la borsa nera, gli accaparramenti, ulteriore degrado morale.
Dobbiamo essere convinti di farcela, sacrificando qualche egoismo. Perché non credere in quello che ci è stato detto? Nelle situazioni difficili pare che gli italiani rendano il meglio. E' il nostro momento

martedì 13 settembre 2011

grattachecca, per favore

La prossima volta che entrerete in uno studio medico, nello stesso momento in cui vi accomoderete davanti al sanitario, fate partire repentina una domanda. "Dottore ma Lei sa che cosa è la grattachecca? Se la risposta non vi soddisferà, salutate il medico e prendete rapidamente commiato, contenti di averla scampata bella. Un medico che non sappia della "grattachecca", magari di quella della Sora Lia, mostra tutte le pecche di una preparazione professionale approssimativa e deficitaria. Mentre i nuovi talenti, in prospettiva cattedratici di fama, sanno tutto della "grattachecca", delle varie possibilità di gusto, nonché delle più azzeccate mescolanze di sapori di questo insostituibile elemento del sapere.
La notizia dell'aver inserito questa domanda

mercoledì 3 agosto 2011

acrostico

Nel mio spazio etrusco accolgo sporadicamente altra produzione. Il ritrovamento di un libretto nero, prezioso e vergato in mirabile grafia, mi spinge a pubblicare un pensiero di un signore a me molto caro, che all'età di poco più di 20 anni, così scriveva nei primissimi anni del '900.
E' un sonetto d'amore di un uomo giovane, condannato dal destino ad occultare per tutta la vita questa anima poetica e ad apparire serio e lontano da ogni tentazione lirica o artistica. Il componimento è dedicato alla donna che ama e sposerà e che gli sarà vicina per tutta la vita.
Lo stile risente della formazione culturale d'epoca, ma è al tempo stesso godibile e da non disperdere nell'oblio.
Invitto, il cor va sogghignando, altero, 
Della fredda ragione agli argomenti; 
Avvampando d'amor, beffardo e fiero 
Ride di tutti i profetati eventi.
E, in te rapito, io sempre più all'impero 
Procombo, o donna, dei tuoi occhi ardenti, 
Promettenti a me pace, affetto vero, 
Unico ben che renda i dì ridenti!
Come raggio di luce in notte fonda, 
Cadde nell'alma tetra di tua voce 
Il suon; 

la scosse, ed intima, profonda arcana corda fè vibrar, Veloce, mosso il mio spirito d'armonia da un onda.
Ora a te corre come fiume a foce."

lunedì 1 agosto 2011

atei religiosi

Per affrontare gli argomenti difficili, quale quello della religione, occorrono o una grande conoscenza o altrettanto grande incoscienza. Nel mio zaino soltanto la seconda, dopo una vita impiegata ad occuparmi di cose minime, ancorché necessarie. Ma la sventatezza dell'ignoranza pure serve, magari ad affrontare la interpretazione di una comunicazione, apparentemente chiara, dello scrittore francese Alain De Botton. Che, articolando il suo ragionamento, afferma che "esistono in noi determinati bisogni che non potranno mai essere soddisfatti soltanto dall'arte, dalla famiglia, dal lavoro o dallo Stato." Il suo spunto di partenza è nel mantenere i contatti con un concetto: mai dimenticarsi, pure nella dottrina laica più rigorosa, di quella immaginazione umana che ha creato le varie religioni. Quelle antiche esigenze che spinsero gli individui a creare le varie credenze, sono ancora attive. Se Dio è morto, quella spinta umana a crearlo è ancora viva e vitale. I pensatori del diciottesimo secolo cominciarono ad interrogarsi sulle conseguenze per la coscienza umana della perdita della divinità. E attraverso quelle testimonianze in qualche modo De Botton introduce il concetto di una religione laica, che non è un ossimoro, ma da intendersi come una proposta religiosa per gli atei. Una teoria che possa contestualizzare l'uomo attraverso opere d'arte, giardini pubblici maestosi e grandi opere architettoniche. Opere umane grandiose per affermare la qualità di questo essere che, partendo dalla osservazione che nessun elemento delle religioni tradizionali è ricollegabile ad un fatto accertato e riconoscibile, finisce col fuggire dal trascendente fino a cercare nelle sue qualità rese manifeste dal fare operoso il senso della sua continuità. Si potrebbero così costruire "contenuti" da proporre, con suggerimenti "su che cosa si debba fare con questa vita".
Intervento che certamente farà discutere, ma che non manca di porre in risalto una posizione condivisibile: quanto sia importante ritrovare la nostra umanità perduta.

mercoledì 13 luglio 2011

proverbi e vecchi merletti

Nel 1978 l'azienda per la quale lavoravo decise di mandarmi a Londra per 4 mesi. Una vacanza studio per migliorare la lingua e" per incrementare le mie potenzialità". Così almeno scrivevano nella comunicazione di distacco presso una consociata inglese. L'aspetto linguistico fu indubbiamente centrato. Dopo quattro mesi, che sono centoventi giorni, pure il più riottoso degli studenti riesce quanto meno a capire che i londinesi hanno un concetto assolutamente personale della loro lingua patria. Biascicata più che parlata. Ma feci di necessità virtù ed incominciai a destreggiarmi nel ginepraio delle "eight" che diventava "eisc", di "madame" che si trasformava in "mam" ed altre deformate curiosità. Periodo comunque indimenticabile. Mi aggiravo per la City pieno di orgoglio malcelato, con l'aria di uno che ci capiva. Non era assolutamente vero, ma anche l'illusione serve o meglio, come dicono a Napoli "il fruscio rende". Amicizie varie, con gente di tante nazioni. Ma anche tanti pranzetti improntati alla dieta mediterranea nel residence dove alloggiavo e che era diventato la foresteria di italiani e stranieri. Nel mese di settembre, un sabato mattina, mi trovai a leggere il giornale - ovviamente inglese - in uno dei fantastici parchi di Londra. Scoiattoli, uccelli, fiori e piante rari. Un vero spettacolo. Quasi per caso incominciai un colloquio con una signora di circa 70 anni che alle mie convinzioni assolute dell'epoca apparve decisamente "british", coi suoi pizzi, crinoline e cappellino vezzoso. Neanche a dirlo, mi sbagliavo, perché la signora era di origine francese ed aveva sposato durante la seconda guerra mondiale un militare inglese. Simpatica, con cautela, perché pur avendo circa 40 anni in meno di lei restavo pur sempre un maschio, cominciò il discorso con me interrogandomi garbatamente sulla mia condizione personale: nazionalità, età, stato civile, professione. Ottenute le informazioni, la gentildonna si trattenne con me fino ad una certa ora e mi dette appuntamento per il sabato successivo nello stesso posto. Dove puntualmente arrivai con un piccolo scatolo di gelatine di frutta per la mia signora Delphine. Che gradì moltissimo, quasi arrossendo, il dono e mi raccontò tutta la storia della sua vita. Bella ed avventurosa. Intorno alle 11,oo, arditamente proposi alla mia accompagnatrice un invito a pranzo. Mi guardò interrogativa, declinando gentilmente, ma nel contempo invitandomi per il te nel pomeriggio a casa sua. Accettai contento e mi presentai in versione formale, coi fiori ed un libro francese comprato qualche giorno prima. Casa perfetta, come da copione, con foto, ricordi di guerra, centrini fatti a mano, mobili d'epoca, deliziosi bicchierini per il liquore, piccole pastine al burro fatte in casa con ciliegia e fragola. Un meraviglioso infuso di erbe accompagnava il dessert. E la mia Delphine, prima di salutarci mi fece dono di una piccola bottiglia di cherry fatto in casa, un sacchetto dei suoi biscotti e soprattutto con una frase sulle lingue europee:" il tedesco serve per parlare ai soldati, l'inglese per comandare i cavalli, il francese per l'amore, ma l'italiano è per parlare con Dio." Qualunque cosa si possa pensare su quest'ultima entità, a me è sembrata una frase straordinaria.

giovedì 7 luglio 2011

Programma Comprensivo di Benessere

Ha un nome confortante. Programma Comprensivo di Benessere, l'ultima trovata dei cervelli dell'esercito USA per i combattenti in Afghanistan. Un piano di investimenti per 125 milioni di dollari per fronteggiare i problemi emotivi e comportamentali di chi combatte ancora nel lontano Paese dove da dieci anni va avanti una guerra, assurda come tutte le altre, ma ancora più surreale per giovani cresciuti in un mondo totalmente diverso.
I dati derivanti dai reduci sono allarmanti. Centinaia di suicidi, migliaia di casi di disadattati che tornano a casa e cominciano a dare evidenti segni di squilibrio. Che sfociano in violenze pubbliche o private, in depressioni gravi con abusi di farmaci, droghe ed alcool. Il fenomeno è di tale evidenza che l'USA Army è diventato premuroso per queste povere creature ancora al fronte, esposte ogni giorno al massacro. Così al centro del programma la condizione emotiva dei soldati per renderli più resistenti psicologicamente rispetto alla pressione dei combattimenti, della lontananza da casa, dei continui e prolungati spostamenti.
Pare che si articoli su una fase di confessione obbligatoria per controllare lo stato delle emozioni delle truppe rispetto alla vita personale e di relazione, alla soddisfazione dei compiti svolti in Afghanistan. Seguita da un periodo di analisi di gruppo con confronti interattivi tra gli uomini, specialmente quelli impegnati nelle aree di massimo rischio.
Nulla di nuovo sotto il cielo. Era già successo in URSS che aveva inutilmente cercato di vincere in quel disastrato Paese una guerra iniziata nel 1979 e terminata poco prima della crisi del sistema sovietico. Anche in quel caso, suicidi, alcolismo, depressioni e violenze e forti rivendicazioni dei reduci che si sentivano anche disprezzati dall'opinione pubblica per non essere riusciti a colonizzare il vicino Paese.
Dobbiamo a questo punto chiederci se potevano esserci esiti diversi se qualche "mente elevata" appartenente ad una delle due maggiori potenze mondiali avesse concepito una diversa forma di intervento, piuttosto che mandare truppe, bombe e distruzione.
La democrazia esportata attraverso la forza sulla spinta delle trame industriali non trova accoglienza. E purtroppo i figli di quelle terre così male amministrate rischiano di bruciarsi definitivamente, dovendo trascorrere gli anni della migliore gioventù a fare guerre non loro, contro gente diversa ed ostile. A non godere della fase migliore di un'esistenza per dare la caccia o difendersi da nemici nascosti, costretti a tremare ogni ora ed a vivere un incubo che nessun programma di benessere successivo potrà allontanare dalle loro menti.

lunedì 4 luglio 2011

giocare con le parole

"Grazie, per te è facile. Tu giochi con le parole ed è una palestra a cui sei abituato da bambino e dove ti hanno accompagnato per mano genitori acculturati. Non hai dovuto fare i conti col dialetto, con l'ignoranza o forse con una conoscenza linguistica diversa. Un ceppo linguistico differente, attraverso il quale i concetti prendono forma utilizzando una struttura aspra, mai docile." A quel tempo mi sembrò un discorso strano. Tanto più se fatto dal professore di italiano e latino. Uomo di meravigliosa bruttezza e di ridotta comunicativa: ma al tempo stesso seducente ed ammaliatore rispetto ad una corposa scolaresca di liceali mediamente dediti al fancazzismo. Parlava piano e dovevi aver voglia di seguirlo. Ma questa voglia veniva a molti, anche se non a tutti, persino quando l'argomento trattato era fuori dagli schemi del sapere ufficiale. Era un docente a mezzo servizio con l'Università ed in quel periodo stava scrivendo un libro su Giovita Scalvini, autore non particolarmente noto. Ma per lui e di conseguenza per quelli che in classe lo seguivano, divenne un nome di autore paragonabile per importanza ai padri della lingua. Ed un giorno mi interrogò in latino, insieme a due tra i più bravi. Aprì a caso il libro di testo, chiedendoci di tradurre un brano dal "classico"di quell'anno - Virgilio -. Con lo sguardo implorai una compagna, in cerca di aiuto. E quella, forse giustamente, me lo negò. Erano fatti miei e delle mie manchevolezze. Gli altri due sottotorchio conoscevano il testo, traducevano benino, ma senza voli, integrando la versione con note di letteratura. Io ero intimamente disperato, ma mi inventai un paio di soluzioni e di osservazioni sui protagonisti dell'opera che al prof parvero geniali. E prese ad interessarsi a questo strano caso umano che, invece di confessare quello che lui bene aveva intuito, continuava ad improvvisare in modo fantasioso. Mandati al posto i due preparati, si tenne lo sfrontato sulla graticola. Ed alla fine dell'interrogazione tra di noi si era stabilito un sodalizio quasi affettuoso. Finita l'ora lui, uomo schivo e sostanzialmente timido, mi chiese di accompagnarlo al piano di sopra. Dicendomi tra le scale: "Tra te e quei due saputelli non c'è gara. Ti ho messo "7". Ma non ti illudere. La tua facilità di linguaggio non è merito tuo. Forse giusto la tua improntitudine è un dono. Ma se continuerai a non praticare i libri di testo l'attuale sistema scolastico ti considererà sempre una mezza pippa. Non ci sono docenti disposti a lavorare sugli scansafatiche, anche se di qualità. Il classico professore non ti chiede altro che rigurgitare un pasto masticato di mezze notizie libresche e di imparaticcio dal loro poco sapere. Con il minimo sforzo per loro, strafregandosene di te e di tutti gli altri compagni. Purché non non siate fonte di problemi o di impegno."
Discorso strano, dicevo. Specie se riportato al 1965, anno del mio secondo liceo classico. Tempi duri, in particolare per certe scuole che avevano triste fama di stronca - scolari e dove la rigidità era la regola.
Credo che anche oggi ci siano professori capaci, che amano i giovani ed il loro sviluppo. Bisognerebbe però chiedersi che percentuale rappresentino nell'universo scuola che invece appare in prevalenza come una inutile forma di intrattenimento di adolescenti. Incapace di passare elementi di logica e di ragionamento; creata su misura dell'ignoranza media e quindi inidonea a rivelare a chicchessia i suoi talenti. La degna anticamera dell'attuale stato di precarietà e di non occupazione di un giovane su tre.
Ci vorrebbe umiltà e buona fede per cercare strade diverse. Questa, non c'è alcun dubbio, produce delusione ed emarginazione giovanile.

martedì 28 giugno 2011

mi dimetto!

Panico. Meraviglia. Sconforto. Queste le reazioni emotive dei fan di Vasco Rossi all'annuncio del cantante di voler abbandonare il ruolo di "rockstar". Si perché di questo si tratta. Un uomo che, arrivato a sessanta anni, non se la sente più di camuffarsi da icona rock e di spendersi davanti a folle oceaniche che lo acclamano. E dice: basta. Continuerò a scrivere musica, a fare qualche concerto o, meglio ancora, ad esibirmi per la folla in modo assolutamente non preventivato. Quando ne avrò voglia.
Sempre che non si tratti di un'operazione di marketing, mi viene voglia di andare al suo paese e stringere la mano del Blasco. Bevendo insieme un bicchiere di quello generoso che abbonda in quelle zone. Esempio quasi unico di personaggio di notorietà ampia che decide di "dimettersi", cioè di adottare una procedura sconosciuta alla gente italica. Ed in particolare a quei nostri connazionali che, in un modo o nell'altro, hanno raggiunto fama e onori di pubblico. Anche la sola idea di una "dimissione" viene dai più considerata come una strana anomalia comportamentale. Ma come? Dopo tanti anni di onorata (?) carriera e pensando agli sforzi per raggiungere il successo, uno che fa? Se ne va.. e lascia il flash adrenalinico di salire su un palco ed "emozionarsi" col pubblico. Non credo alle emozioni seriali, a quelle che si ripetono a comando. Mi sembra piuttosto un modo marchettistico per fingere contatto col pubblico. Un cantante che ripeta per mille sere di seguito anche le note più indovinate, a mio avviso finisce con il detestare anche le proprie creature. Penso a De Gregori che ormai gioca a non scandisce nemmeno più le parole dei propri brani o che inventa tanti diversi arrangiamenti proprio per non entrare completamente nella gogna della "routine".
Quindi per un Vasco che, almeno a quanto sembra, lascia lo spazio e lo sforzo fisico immane di sostenere le folle oceaniche, troppi ne restano che vedremmo quietamente in pensione. E che preferiremmo ritrovare giusto per ricevere, di tanto in tanto, un premio alla carriera.
E invece no! Non è così (Tenco docet). Restano fino all'ultimo fiato, camuffandosi da giovani fin quando è possibile, grottesche maschere che fingono vitalità per una sera, tranne poi a dover fronteggiare i mali di tutti i mortali "anziani". Sciagure che non cito, ma che facilmente, chi è "oversixty" potrebbe aiutarmi ad elencare.
Torno al nostro, Vasco e, salvo ripensamenti, gli dico grazie per le buone cose musicali che ci ha proposte e soprattutto per la decisione di cercare l'ombra della tranquillità.

lunedì 20 giugno 2011

inglese e spagnolo obbligatori

Le peregrinazioni vomeresi sono fonte di riflessione. Il quartiere è quello che è: borghesia di medio livello sociale e culturale. Ma ciascuno degli abitanti pensa di essere in qualche misura un privilegiato a cui deve essere riservato un trattamento speciale per sè e progenie. A nulla conta la sempre più evidente egemonia di un altro e pervasivo elemento sociale. La camorra ha infatti allungato le sue spire su quasi tutte le attività economiche, controllandole con metodi criminali ovvero infiltrandosi e proponendosi come imprenditore commerciale. Negli ultimi 50 anni le facce dei miei vicini di casa o delle persone che incontro sono profondamente mutate. Altro tipo antropologico, modi che niente hanno a che vedere con la mitezza di un tempo. Il cavaliere ed il ragioniere degli anni '60 sono stati soppiantati da ben diverse figure umane. Piccoli e medi faccendieri, apparentemente alla ricerca del "colpo" che risolva i problemi pratici. Commercianti improvvisati che non sanno come trattare l'umanità in genere, figuriamoci il potenziale cliente; e per concludere, sedicenti politici . E intanto diventa sempre più amaro non avere alternative di vita e dover accettare questo muro di violenza che avanza e che in qualche maniera ti schiaccia e riduce i tuoi spazi al minimo.
Un caffè, in un esercizio di quelli aperti da sempre. E l'incontro con un tale, coetaneo e ben noto alle cronache politiche e giudiziarie cittadine, che ti saluta e ti propone la sue ricette per varie problematiche. Intanto ha risolto quello dell'abbondanza eccessiva della categoria degli avvocati con un numero chiuso. Alla mia timida, ma temeraria obiezione, che i giovani laureati in legge di oggi non sanno che fare; mentre, aggiungo, ai tempi nostri c'erano tante possibilità quali enti statali e parastali, assicurazioni, banche. Oggi il neolaureato può solo prendersi una borsa - e una moto quale obbligatorio accessorio - e tentare anche lui la sorte dei vari livelli di corti e Autorità.
Pronto il rimbrotto del compagno di caffè. La competenza farà poi la selezione: basterebbe rendere obbligatori inglese e spagnolo dalle medie e avverrebbe così una prima scrematura. Volevo farmi forza e non replicare. Ma a simili corbellerie non ce la faccio a resistere. E gli ho quasi gridato in faccia che così solo i figli dei borghesi avrebbero avuto qualche possibilità. E gli altri? Gli neghiamo il diritto allo studio? Li espelliamo dall'istruzione iscrivendoli dall'adolescenza al precariato definitivo? Ah, ha concluso: "questo è un altro problema ancora più grosso". A puro titolo di informazione di chi avesse l'avventura di leggermi, dirò che il signore in parola, esponente di partiti di ispirazione democratica, ha avuto incarichi nel Comune ed in strutture sanitarie. Per fortuna le ultime elezioni lo hanno tenuto fuori dalle responsabilità elettive. Ma credo che non mollerà, purtroppo. Di gente come lui c'è ancora tanto bisogno. Quanto meno per pensarla in modo diametralmente opposto..

martedì 14 giugno 2011

http://www.corrieredelsannio.it/2011/06/14/forziati-una-storia-di-marketting-della-salute-presentazione-del-libro-da-loffredo-napoli-alle-18/

il vento del sud pulisce l'aria

Il vento di piazza Tahrir è arrivato fino alle coste italiane. E' proprio così, non ci sono dubbi! Come ogni scirocco che si rispetti, persino quello che ci fa imprecare per la sabbia sulle auto, il vento delle proteste nordafricane ha invaso Europa e Asia. In pochissimi giorni sono stati smantellati apparati statali di profilo dittatoriale, sconvolti equilibri che parevano intoccabili e blindati dalle oligarchie locali. La Libia è in guerra civile, l'Egitto rigirato come un calzino, Yemen e Siria in fermento e colpiti dalla dura repressione. In Spagna, i giovani "indignatos" occupano da oltre un mese una delle piazze maggiori di Madrid.
E' bastato dare fiato alle proteste, ampliate dalla potenza della diffusione tramite web. E persino la povera Italia, resa sonnolenta ed imbolsita dalle sirene delle televisioni commerciali, ha dato segni inequivocabili di riscossa morale. Tanto le elezioni amministrative in grandi città, quanto il referendum hanno fatto riscoprire alla gente il piacere della politica. Di quella con la "P" maiuscola, non di quella pantomima sviluppata ogni giorno dalle tante macchiette di maggioranza ed opposizione. E' bastato che qualcuno, sottovoce, abbia passato un messaggio di speranza: proviamoci! Abbiamo così davanti agli occhi una realtà che fino a pochi giorni addietro sembrava un'utopia.
Si, è vero ! Possiamo disfarci del nano arrapato, delle sue truppe di slinguazzatori, delle ballerine di sesta fila passate per "etoiles".
Ma dobbiamo anche chiederci chi potrà sostituire gli attuali inguardabili saltimbanchi, restituendo dignità alle istituzioni ed efficacia all'azione di uno stato.
E la domanda è di quelle assai difficili. Allo stato possiamo esprimere una certezza. Deve andare via questo pagliaccio degenerato, ma è altrettanto vero che devono scomparire tutti quelli dell'opposizione che hanno vissuto le loro storie politiche e vista crescere la loro visibilità soltanto attraverso la critica sistematica al piccolo uomo.
I referendum, così come le amministrative, hanno confermato che l'elettorato non vuole essere condizionato dalle scelte preconfezionate dei partiti. Vuole invece dare le proprie indicazioni, che rispondono esattamente alle esigenze reali di chi vive la vita di tutti i giorni e si confronta con le difficoltà effettive della vita quotidiana.
Difficilissimo passare dal movimentismo diffuso alla gestione reale della cosa pubblica. Ma il tentativo di buona fede va fatto. Per il Paese e per il suo futuro, peri i suoi giovani disperati e per gli anziani confusi.
Oggi godiamoci questo successo della buona volontà, ma rendiamolo pieno di contenuti positivi.

giovedì 9 giugno 2011

la banana griffata..no!

Un giovane .. amico, che si firma "giochi," mi ha chiesto la pubblicazione di un sua esternazione sull'ennesimo scandalo del calcio scommesse. Negli anni, ho tentato più volte di redimerlo, inducendolo a ripensare alla sua fede calcistica in termini di maggiore pacatezza. Pare che questa volta a fare due più due sia arrivato da solo.
"Mi viene da dire una cosa poco politica nella mia città: se il Napoli è coinvolto nello scandalo scommesse sono felice che non vada in Champions. Eppure la mia fede negli azzurri è certificata, e da alcuni interventi su vari giornali, e dal fatto che sono stato l'organizzatore di eventi come il "Giubileo maradoniano", sorta di omaggio culturale al Pibe de Oro. No, mi spiace: se venisse verificata la non estraneità ai fatti sarei contento di vederli pure finire in B, i miei ex beniamini. Si macchiano del delitto più infame che in uno sport può essere commesso: quello della fine di un sogno. Il sogno si costruisce poco a poco, ti accompagna la domenica e così non fai in tempo a godere della vittoria che già palpiti per la prossima gara. Quest'anno è stato così, con tutti quei successi al novantesimo e tutte quelle prestazioni da sogno, immortalate dalle prodezze di Cavani. E che dire del tramonto del fascino della rimonta? Ricordo la vera prima rimonta cui ho assistito, Napoli Fiorentina dell'89. I viola conducevano 2 a 0 al San Paolo, Baggio aveva appena siglato il gol più bello della sua carriera, alla Maradona, scartandosi anche le panchine. Poi entra Diego, sbaglia un rigoree suona la carica per i suoi compagni che finiscono per vincere a due minuti dalla fine con un insperato 3 a 2. E che dire della rimonta in due gare contro la Juve, in Coppa Uefa, quella della rete di Renica al 120 del secondo tempo supplementare? Insomma, la rimonta è la vera storia del calcio; del calcio è la narrazione, perché di una trama ha tutti gli ingredienti. E' la suspence di fine libro, quello che si ti dicono l'assassino meglio se lo chiudi.
Ma ripeto, se come dicono le notizie dell'ultim'ora, il Napoli si fosse venduto le partite, sarei il primo ad invocare la forca. Già mi vedo orde di supporter chiedere la mia testa, ma quasi mi fa piacere uscire da questa sbornia di cazzate, di gadget azzurri, bambolotti con la faccia del Pocho e banane (davvero, hanno griffato anche quelle) con la scritta "N".
Napoli ha davvero la tifoseria più cretina d'Italia, stupida come mettere la mozzarella in frigo. E mi piacerebbe vedere le miriadi di trasmissioni nate sotto il nostro nuovo miracolo come funghi, chiudere per bancarotta. Con tutto il sottobosco di esperti e opinionisti sul sesso degli angeli. Napoli è una città sempre ridondante: qualunque bel momento, anche agonistico, si riduce al rango della sagra della polpetta di Purchiano. Tutto, magari, per una squadra di mercenari. Ma che è? In quale brutto film di Natale siamo precipitati?
giochi"

mercoledì 1 giugno 2011

il colpo in canna

Elezioni straordinarie, direbbero gli strilloni di una volta, aggirandosi tra la folla. Niente di più vero, proprio quando la morfina subdolamente iniettata nelle coscienze stava per addormentare il senso dell'indignazione. La "ggente" c'è ed è molto migliore dei suoi politici, o meglio di quei rappresentanti che la casta impone. Saranno degni di memoria Scilipoti, Straquadanio, Santanbé e altre simili offese al minimo etico e di buon gusto? Spazzati anche loro come pattume, assieme ai padroni delle scope, rinchiusi nel ripostiglio dell'oblio. Intanto c'è da capire non solo perché si è vinto, ma soprattutto come andare avanti in contesti quasi impossibili. Città con tanti problemi, alcune addirittura oltre la linea del collasso civico. Basterà la serietà degli intenti? O torneranno le logiche di sempre, cioè quelle che vedono in ogni aggregato cittadino un gruppo egemone; capace di uscire vittorioso attraverso ogni bufera e ogni cambiamento. A Napoli, potremo ricordare l'entusiasmo napoletano che seguì all'insediamento del primo Bassolino. In breve fagocitato per limiti culturali propri e di visione politica, dal "sistema borghese" di Napoli. Qualche secolo prima di lui Masaniello, illuso per qualche giorno di essere diventato il capo di una città infame, in grado di smorzare ogni entusiasmo e di vanificare ogni speranza di giustizia e di governo popolare.
A Luigi Der Magistris il compito di guardarsi prima di tutto dal fuoco amico. E poi di mettere mano, secondo il mandato ricevuto, a quella che è riduttivo definire una missione impossibile. Non basteranno la buona fede e la capacità di aver saputo captare il silenzioso grido di protesta. Attraverso le prime scelte degli uomini di contorno capiremo che aria tira.
Intanto un auspicio ben augurante al neo sindaco. E ancor meglio delle parole sarebbe un patto silenzioso. Faccio un esempio, ma altri meglio di me potrebbero rendere concreto il senso della proposta. Ogni napoletano per esprimere soddisfazione e speranza decide di rispettare una sola di quelle regole che (molto probabilmente) quotidianamente aggira o viola. Intendo proprio un impegno d'onore dei cittadini di rendersi degni di quel cambiamento che a parole pretendono.

martedì 24 maggio 2011

Buon compleanno

Come si dice? Quando tocca, tocca. Ed è toccato a me il compleanno. Giornata di lavoro, normale. Solo con un intervallo dedicato all'acquisto di un paio di scarpe da tennis nuove. Belle e comode. Il mio gioco è fatto ormai più di comodità che di gesti tecnici. E allora godiamoci la calzatura con gli ammortizzatori, una cosa più adatta ad un auto o ad una moto. "Ma sai, le caviglie i tendini.." Il venditore fa il finto amico e, furbo come tutti i commercianti degni di tal nome, non ti dice che sei vecchio abbastanza da smettere di correre appresso una palla. "Prova queste, una piuma, molleggiate." E a me pensare ad una piuma che rimbalza mi fa un certo effetto. Ma faccio buon viso a cattivo gioco e le prendo. Ad un prezzo che non si può discutere. Quello è fisso, non è molleggiato manco per niente! E vado a lavorare o a tentare di farlo, interrotto da telefonate, messaggi di tutti i più remoti "fetienti" che non sanno fare altro che ricordarsi del mio compleanno. In Germania, Svizzera e persino Argentina non potevano pensare ad altro che a me che mettevo un'altra crocetta. E va bene..! Nel pomeriggio, le amiche che ti fanno regali: Una borsa da viaggio, quasi a dire allontanati e non farti vedere per un po', magari anche per un periodo lungo. Una piastrella in ceramica con la scritta "avvocato", caso mai dovessi dimenticarlo con una figurina di leguleio del 600, chiatto e corto, che insegue improbabili clienti. Molto bella, in verità. Ma io vorrei dimenticarmi degli impegni, almeno oggi. Andare su una bella spiaggia in buona compagnia. O, sempre nella stessa condizione, andare a cercare le fragoline nel mio bosco a Bella. Niente. Lavora e fai anche finta di essere contento che tu, alla tua età, sei ancora in grado di fare tante cose insieme.

giovedì 19 maggio 2011

felice di pagare il canone

Si, lo confesso. Pago il canone televisivo. E non me ne vergogno nemmeno, come sembrano fare in tanti. Del genere: secondo le dichiarazioni nessuno vota per il nano arrapato. Poi però i voti li prende, eccome! Lo confermo: sono un pagatore di canone e anche se questa ammissione mi costerà qualche amico, pazienza.. Persino contento, specie da quando con il digitale terrestre ho qualche scelta televisiva in più. Certamente sono esposto al rischio di contribuire, pur se nella mia piccola quota, rientrando tra quelli che pagheranno il conto a quell'imbecille di Sgarbi.
Lo sapete anche voi, di certo! Il nuovo programma in prima serata di quel minchione è stato cancellato dopo una sola puntata! La sua "share" di ascolto era ai livelli della temperatura di Campobasso. Il sedicente professore - ma di che? - avrà comunque il suo contenuto compenso, pari a 3 milioni di euro. E potrà bearsi del suo trionfo mediatico. Questa immediata soppressione sta a dimostrare come negli italiani non si sia completamente estinto un certo sano senso di protesta rispetto a tutte le arroganze. E pure, ne subiamo tante. Pensate che il TG1 del giorno dopo le elezioni, invece di tentare un commento politico al crash della destra, o di esaminare le tensioni interne ai partiti di quella coalizione, nell'edizione delle 20,00 - quella di massimo ascolto - dedicava un ampio e dettagliato servizio di circa due minuti al pericolo di invasione della zanzara tigre. Tra Sgarbi e la zanzara tigre quella rete fornisce un esempio di come venga rispettata la funzione di pubblica informazione. In realtà, a ben pensare, quel programma "sgarbato" e presto sfrattato, aveva come presupposto il trionfo elettorale del nano e del suo codazzo di adoranti un tanto a slinguata. Stavolta gli è andata male. Le elezioni sono andate come sappiamo e allora giù consensi con conseguente immediata scomparsa degli araldi e degli strombazzatori. Un po' di pazienza e ne vedremo delle belle, con gli alfani e le santanchè ritornati ai ruoli congeniali di lacché e custodi di latrine.

domenica 8 maggio 2011

Non ti tollero più

Tolleranza. Già la parola crea qualche imbarazzo. E non solo nell'ambito del "politically correct". Perché il termine indica una specie di accettazione forzata e generosa degli altri o dei comportamenti altrui, quasi dando per scontato di essere dalla parte del giusto. In altri termini, io sono quello normale, ortodosso, e vivo nella regola. Ma siccome sono liberale, di vedute ampie, "tollero" gli altri. E un simile ragionamento nasconde pregiudizi e luoghi comuni del pensare o del credere di appartenere ad una razza eletta. Napoli, tra i mille suoi difetti, contraddizioni e vizi ha una caratteristica positiva che da sempre la distingue. La tolleranza del "diverso", intendendo come tale un soggetto che presenta delle anomalie. Che possono manifestarsi nell'orientamento sessuale, nella razza, nel culto religioso diverso, nei comportamenti non riconducibili a quelli prevalenti. Da sempre questa città, abituata a non meravigliarsi mai troppo, ha sempre trattato gli stranieri, gli omosessuali, i seguaci di riti e religioni, gli sbandati, senza pretendere di imporre un canone unico. Un "relativismo" di fondo ispira questo atteggiamento. Fonte di straordinaria "koinè" e di convivenza pacifica che ha reso l'atmosfera cittadina vivibile, anche nei momenti di repressione da parte dei poteri politici e di connesso tentativo di "omologare" usi, pensieri e comportamenti. Nemmeno questo sventurato periodo che attraversiamo riesce nell'intento. Ben considerando che i "media" attuali consentono un'ingerenza quasi assoluta nelle coscienze della gente e che mai come ora "il grande fratello", manipolatore di ogni informazione e delle tendenze, occupa 24 ore al giorno gli spazi individuali. Questa povera città, che avrà un pessimo sindaco, comunque vada, per i prossimi anni, resta comunque un esempio di accettazione di mondi differenti. Pure la camorra, con i suoi sistemi spicci ed altamente persuasivi, o la degenerazione della politica non sono mai riusciti ad imporre divieti tali da alterare la consolidata propensione della popolazione ad accettare chi non faccia parte della maggioranza. E' un merito, forte, innegabile e che chiunque abbia voglia di verificare, potrà facilmente riscontrare. Almeno, è rimasto qualcosa.

mercoledì 27 aprile 2011

la coscienza per rinunciare al papato



Ho visto Habemus Papam di Moretti. Film di presentazione gradevole, apparentemente di facile lettura, ma di contenuto che a me è apparso profondissimo. Opera uscita quasi in silenzio, visto il tema che, secondo i benpensanti, andrebbe contro il "radicato senso religioso degli italiani". I quali, cattolicissimi come sono, mal sopportano l'idea di un papa che invece di affermare stantie certezze tralaticie, si fa cogliere dal dubbio, autentica forza degli uomini. Si, proprio il "prescelto da Dio", magari individuato attraverso l'interposizione di nevrotici principi della chiesa raccolti in conclave. E lui, il nuovo Cristo, invece di godere della designazione, si impunta come un cavallo davanti ad un ostacolo che in quel momento gli sembra insormontabile. E al momento del bagno di folla sul balcone vaticano fugge. In mezzo alla gente, inseguendo il sogno di fare l'attore, aspirazione mai potuta realizzare. E prima della fuga compare anche il Nanni Moretti, in versione psicanalista, che autocelebrandosi come il migliore della professione, dimostra anche lui, rinomato professore, come solo rifugiandosi nell'entusiasmo dei giochi infantili si riesca a recuperare quella spontaneità umana che ci aiuta a vivere ed a superare le crisi esistenziali.



Non voglio rivelare altri particolari. Il film merita di essere visto e meditato, nonostante, come dicevo, la furbesca presentazione da lavoro agile: Ma che, aben vedere, rivela trama assai spessa.



Ed il regista, anche lui, nonostante i girotondi e le pubbliche uscite, iscritto al grande partito dei "cerchiobottisti", ha sottoposto al vaglio preliminare delle gerachie teologiche vaticane la sceneggiatura. Non si mai! e poi, anche la produzione - presenti tutti gli investitori istituzionali - avrà avuto il suo peso in questa scelta di esame preliminare. Parigi, val bene una messa, ha detto saggiamente qualcuno tempo addietro.



Nello sviluppo, qualche barocchismo morettiano nell'indugiare in modo eccessivo sui cardinali che giocano. Certo, serve a rivelarne la natura fragile, terrena anche la loro. Serve a suggerire a tutti, persino al regista, che prendersi troppo sul serio è umano, ma comunque pericoloso. Che coltivare i dubbi senza vergognarsene ed accettare le debolezze personali traendone spunto per la riflessione rende significativa un'esperienza di vita.

giovedì 7 aprile 2011

questo è proprio un paese per vecchi

Uno scrittore importante, di età avanzata. Gli fanno sapere che la sua ultima opera è nella "rosa" ristretta delle candidature alla vittoria di un celebre premio letterario. E lui, in modo sommesso, senza schiamazzi, rilascia una breve intervista ad un giornale di altissima tiratura. E più o meno dice: ho avuto una lunga fortuna letteraria, grazie, ma non ho interesse a vincere quel premio tanto ambito. Preferirei che lo vincesse un autore giovane. Perché l'iniezione di adrenalina che deriva dalla vittoria di un premio così potrebbe diventare uno stimolo per migliorare ancora. E la vittoria di un giovane farebbe bene a tutto il settore. Uscirebbero dal cassetto o dai computer opere che diversamente non vedrebbero mai la luce.
Un discorso chiaro, senza ipocrisie, che riconosce le tante difficoltà di chi è giovane e vuole scrivere per affermarsi. Che spesso non riesce ad andare oltre i tanti rifiuti delle case editrici. E si perde, dal punto di vista letterario, quando non da quello umano.
Ma un ragionamento assolutamente controcorrente. I settori occupati in eterno dai vecchi sono tanti, dalle professioni, al mondo delle arti, a quello della burocrazia, nelle università come nelle aziende.
I grandi eterni vecchi non fanno cadere niente per terra e raccolgono tutto il possibile. Specie se non hanno più bisogno di benessere materiale. Resta l'avidità ad occupare tutti gli spazi, pure se le capacità sono scemate.
Finti maestri del pensiero, che vanno ovunque a diffondere un falso messaggio di apertura verso le generazioni giovani. In realtà odiano profondamente chi vivrà dopo di loro e pongono mille ostacoli alla loro affermazione.
Un filosofo che va per la maggiore va a Benevento e davanti ad una platea composta quasi solo di ragazzi si produce nell'ennesimo discorso di apparente apertura ai problemi giovanili, ma di sostanziale negazione di ogni opportunità per quelli che lo ascoltano e magari si aspettano una parola di speranza. Arriva a sostenere che la sola possibilità sta nell'esposizione mediatica che può provenire dalla televisione. Uno spot per il grande fratello o l'isola degli scempiati o quelle incredibili passerelle dei programmi del pomeriggio.
Parla un filosofo, non Lele Mora. E i poveri ragazzi si guardavano in faccia, increduli. O peggio rassegnati ad accettare quel destino ineluttabile delineato per la loro generazione.

lunedì 28 marzo 2011

la ciaciona terremotata pezzottata

Manipolare l'informazione. Maggiore e minore. Specialmente la minore, se la tua base elettorale al massimo ha letto Topolino nei momenti di maggiore impegno culturale. E così, attaccati sulle disastrose condizioni della ricostruzione post terremoto a l'Aquila, il governo e le sue macchine del consenso hanno ingaggiato una falsa terremotata. Una signora ciaciona bruna che, dietro compenso - modesto - ha invaso i nobili spazi di Forum. Per dirci che le critiche all'azione della Protezione Civile e del governo sono davvero ingiuste. E che di terremotati non è rimasta traccia. Stanno tutti benone e felici dell'assistenza che gli aiuti governativi assicurano, cospicui e e continui. La signora aveva parlata ed accenti sostanziali di sicura presa sul pubblico. Tanto che la conduttrice ha rilanciato con una tirata pro Bertolaso, provocando applausi scroscianti.
Chi ha organizzato questa pantomima - che si è rivelata una patacca alla minima verifica - avrà pure preso in considerazione il contraccolpo inevitabile della rivelazione della verità, cioé che la brunona fosse una figurante, al soldo della regia. Ma, visto che il bacino di utenza del programma è composto da anziani e da soggetti di limitate aspirazioni conoscitive, era importante piazzare la sia pure evanescente bandierina della ricostruzione che funziona.
Così, da decenni, ci fanno inghiottire tutto il letame disponibile. Per farsi un'idea effettiva sullo stato reale della ricostruzione bisognerebbe restare per qualche giorno nella città sconquassata. Che ha perso centri di aggregazione e di socialità. Che sta franando quanto a imprenditoria attiva e occupazione. Ma sarà sempre così? E abbiamo ancora margini per riottenere un minimo di decoro informativo?
Gli ultimi 50 anni di storia italiana ci hanno fatto perdere progressivamente speranze. E dalle ipocrisie e censure sulle mutande e le calze a rete delle Kessler siamo arrivati all'esposizione continuata di falsi testimoni. Costano poco, ma rendono molto, specialmente se chi dovrebbe indignarsi si gira dall'altra parte. Sarà anche un contegno poco decoroso, ma pratico e poco impegnativo e sostanzia l'ideale di moltissimi italiani.

lunedì 14 marzo 2011

12 marzo

Sensazioni che si rincorrono per allontanare il dolore. Non riesco a descrivere diversamente il mio stato. La testa sembra incapace di organizzare i pensieri. E questi entrano ed escono dal cervello come il vento nel buco di un albero. Il fischio prodotto è stridente e non placa l'angoscia, nemmeno in minima parte. Le persone care, gli amici ti vedono soffrire e sanno che è il tuo momento di stare male. Nessuno si può sostituire a te; non servirebbe. Perché quel malessere è il tuo. Inesorabile, come il destino che ci porta via chi amiamo. La vita e la natura ci hanno condannato ad attraversare certe ore del tempo. E più passavano i giorni e più cresceva la tua pena da espiare. Non serve ora cercare di consolarti ripetendo a te stesso che chi se ne è andato forse non ha troppo sofferto. E' una bugia pietosa e furba al tempo stesso, che non riesce a superare lo sconforto e a darti pace. Il sostegno degli amici delle prime ore si affievolisce e quando resti da solo nemmeno le lacrime ti aiutano.
Chissà quante pagine come queste sono state scritte da chi si è trovato a percorrere la strada del lutto. Magari scritte da gente che usa l'espressione con dolce sapienza. Sarà servito anche a loro a curare la ferita per un attimo e a distrarli per pochi istanti. Ma non avrà potuto sanarli, perché la freccia è penetrata fino ad uno stadio così intimo del nostro essere da non poter essere più estratta. Speriamo meglio domani!

venerdì 18 febbraio 2011

i miracoli della tecnica

Le cose che ci circondano sono la testimonianza di teste umane che si sono poste un problema e hanno trovato soluzioni.
Guardatevi intorno, in tasca, osservate gli oggetti dell'ambiente dove vi trovate. Tutto rivela l'ansia di uomini e donne come noi che, nel tempo, si sono posti il problema di migliorare o facilitare la vita umana.
Certo, si viveva anche nei tempi remoti e c'erano cervelli degni di nota e di ricordo. Ma, come tutti i nani che si poggiano sulle spalle di giganti, anche noi altri contemporanei utilizziamo le idee - e la capacità di renderle concrete - di chi c'è stato prima di noi. E il progresso scientifico e tecnico proseguono incessanti. Proprio mentre noi ci occupiamo - di buona o mala voglia - di anziani che sbavano per minorenni, nello stesso momento ci sono ricercatori e scienziati che lavorano per noi. Per dare alle nostre esistenze ulteriori comodità e facilitazioni.
Aggiungere che molte di queste scoperte ci rendono schiavi della tecnologia? Verissimo. Come è vero che è possibile fare uso ragionevole di ogni cosa. O di diventarne completamente vittime. Un libro, un oggetto, un'ideologia, un sentimento. Possono essere ragioni di vita, di conforto e di accrescimento individuale ovvero trasformarsi in un delirio sistematizzato, in forme maniacali e di fanatismo.
Ma con devoto rispetto penso a chi ha iniziato, tra mille difficoltà e diffidenze, a pensare ai tanti oggetti che ci rendono la vita più facile e più comoda. Mi vengono in mente pochi esempi, forse nemmeno i più rappresentativi, ma sono quelli che proprio alla mia testa di sedicente cultore delle arti letterarie, fanno maggiore impressione. Non citerò le scoperte scientifiche che ci consentono di sopravvivere anche alle malattie considerate incurabili. In quei casi, siamo al piano nobile della ricerca - settore così ben riconosciuto nel nostro sfortunato Paese - ed invece intendo restare nel cortile assai più umile delle utilità.
Così da uomo minuto del 21° secolo, penso al telepass ed al bancomat. Chi ha la ventura di leggermi penserà al livello non eccelso delle mie preferenze ed ha ragione! Non faccio obiezioni. Ma la soddisfazione di passare rapido al casello autostradale con tre chilometri di coda, sotto il sole e la canicola imperanti..; e che dire di avere bisogno di una somma liquida di sabato o di domenica. Che avremmo fatto venticinque/trenta anni fa'? Una mesta processione da parenti ed amici per ottenere un brevissimo prestito e far fronte all'esigenza. Mentre ora? Una tesserina di plastica e il denaro è con noi in ogni momento, natale pasqua e ferragosto compresi. Piccole soddisfazioni direte, potendomi contrapporre i tanti mali contemporanei: l'ambiente è nelle condizioni note, le falde inquinate, l'effetto serra in marcia, le risorse energetiche in esaurimento, i cibi sempre più adulterati e meno genuini. Forse cerco di consolarmi, ma già pregusto la possibilità di usare la "rete", collegarmi con i cugini in Argentina, restare in contatto con tanti amici diversamente distanti. O trovare chicche musicali deliziose e spartiti per i miei goffi tentativi chitarristici. Io mi contento e intanto faccio il tifo, reale e sentito per quei giovani che in laboratori nemmeno straordinari, con fondi sempre più taglieggiati (per consentire ad altri corruzioni e sprechi), stanno lavorando per ciascuno di noi. Grazie, sconosciuto e silenzioso eroe dei tempi nostri. Il mio pensiero non ti consentirà nessun miglioramento effettivo, ma è un riconoscimento anonimo a chi come te accetta le sfide con coraggio e tenacia ed è capace di vincerle.

mercoledì 16 febbraio 2011

sanremo è sanremo

Accompagnato dal solito coro di inutilità e notizie false è arrivato anche quest'anno il festival. Spese faraoniche per l'intero format, pare giustificate dagli introiti pubblicitari. Come da antica tradizione, scelta travagliata e negoziata del conduttore. Se gli italiani adottassero un metodo così meticoloso pure nella scelta dei rappresentanti in Parlamento avremmo due camere composte da persone più degne o quantomeno più rappresentative delle varie anime del Paese. E dopo il popolar qualunquista Bonolis, la ciaciona finta scema Clerici, arriva Morandi l'ex fidanzato delle italiane con cuore, dichiarato, a sinistra ma portafoglio a destra, non si sa mai.. E le canzoni? scelte da un addetto ai lavori come il Gianni avremmo dovuto ottenere una base media dignitosa. Ma anche in questo caso, il Cencelli sanremese è stato consultato senza sosta. E gli ingredienti versati sul pastone finale con un dosaggio da farmacista di altri tempi. Immancabile figura della "tradizione canora (?)", Al Bano che ci sorprende con un canto quasi da impegno sociale; seguono vari prodotti dei talent show con canzoni così anonime da farsi dimenticare pure dagli autori. Un tocco di classe dai La Crus con un brano che non ci fossero le demenzialità del televoto vincerebbe a mani basse. E poi? tanti desaparecidos che si giocano le restanti carte per un successo colto in un momento della loro vita e mai più ritrovato. C'è anche la Tatangelo, non poteva mancare, seguita a ruota da una Oxa che ci riempie le scatole con discorsi da donna in psicanalisi. E riappare, dopo anni di meritatissimo e apprezzato silenzio, Pezzali. Vuole cambiare stile, ha detto. E se cambiasse mestiere?

sabato 29 gennaio 2011

non ho più niente da dire

Capita di pensare di essere arrivati al punto di non ritorno delle proprie riflessioni. Depressione momentanea o consolidata? Può darsi. Ma prima di affrettare diagnosi psicologiche sarebbe il caso di interrogarsi sullo stato generale delle cose. Si, proprio così. C'è stato un tempo durante il quale le vicende esterne fornivano i punti cardinali del nostro pensiero. Alcuni avvenimenti erano talmente insopportabili che era facilissimo schierarsi dall'altra parte. Naturalmente, senza sforzi particolari e ti trovavi posizionato a resistere, tentando di andare contro quella insostenibile corrente. Le vicende attuali, pure nella loro travolgente volgarità, si collocano in uno spazio semi oscuro nel quale nascono solo dubbi. Così, anche chi voglia orientarsi e non sentirsi soltanto vittima dell'ennesimo imbroglio ordito sopra la propria testa, se usa coscienza e buona fede si trova a concludere sempre più spesso che ci sono vari piani di ragioni e torto. E così lo smarrimento produce silenzi sempre più assordanti. Persino un giovane amico ha scelto come proprio nick name ...forsenonhopiùnientedadire. Un uomo giovane, che dovrebbe trovare forza ed entusiasmo nel fatto stesso di essere all'inizio della sua esperienza di vita. Quanto a me, che pure ho risorse umane ancora sufficienti per valutare con equilibrio i molti aspetti positivi di una vita, faccio sempre più sforzo ad esprimermi. In modo silenzioso, senza accorgermene, sono soltanto alla ricerca di un angolo quieto dove ... bruciare i miei libri. Come Pepe Carvalho che compie sistematicamente questo gesto apparentemente iconoclasta. Traendone soddisfazione e piacere o quanto meno momentanea quiete. L'affascinate detective mette al fuoco del camino testi che lui definisce "inutili". Presuntuoso mica da poco, si potrà pensare! Ma determinato e sicuro di quello che fa, senza dubbi o incertezze. Ardendo senza distinzione "mostri sacri" e fortunati "best sellers", ma godendosi l'effimero calore prodotto da quelle pagine. Forse, non c'è molto altro da dire o da fare ...

Por causa de você - Gal Costa

domenica 16 gennaio 2011

mercoledì 12 gennaio 2011

Laboratori ... in corso

Capita che una persona amica ti consegni una pubblicazione, con preghiera di commento. Uno di quei giornali che si distribuivano una volta. Pieno di passione politica, frutto non di una redazione, ma dell'idea e degli sforzi finanziari di un uomo. Ancora attaccato ai suoi ideali, per i quali ha anche penato. Grafica da vecchio ciclostile, con qualche grazia in più dovuta alle tecnologie moderne. Il contenuto è di spessore considerevole: proteste di fabbrica, un ricordo di Mimmo Beneventano, medico campano vittima di camorra, pesante censura contro i media attuali, un'intervista a Marco Ferrando, un articolo di critica cinematografica e un "cameo" molto ben scritto su Monicelli. Chiusura con la vicenda di Spartaco, simbolo sempre attuale di libertà.
Per fortuna ci sono ancora persone ed iniziative così. Poco importa quanto seguito riescano effettivamente ad ottenere nella nostra epoca materialista. C'è ancora chi riesce a parlare ai giovani di cose che li riguardano; ai meno giovani delle loro precise responsabilità; agli anziani della dignità di un'idea. Un "laboratorio" ancora vitale, privo di dubbi su quali siano le strade da percorrere per la ripresa civile e morale di questo povero Paese.
Questo prodotto della mente e del cuore proviene da un piccolissimo centro del Sud: i giovani locali sono quasi esclusivamente attratti dalle lusinghe del gioco del calcio. Pronti anche allo scontro fisico per una squadra che ha sede a 800 o 1000 chilometri di distanza, per sostenere campioni viziati e strapagati che non sanno nemmeno se sulla carta geografica esista il nome del loro paesino. Sfruttati e macinati da un meccanismo perverso che vede in loro piccoli clienti da rendere sempre meno coscienti e sempre più vittime della grande bolla calcistica.
E sempre nello stesso piccolo centro, a dispetto dell'apparente sonnolenza dell'ambiente, nello stesso periodo viene fuori un altro giornale edito da un'associazione. In questo caso, forse per la diversa strttura dell'editore, si vola un po' più basso. Premiazioni, tutte giustificate, ricordi assolutamente doverosi riservati ad eventi locali. In ultima di copertina, una magnifica foto di altri tempi con persone, molte scomparse, che insieme esprimono energia e speranza.
Non mi sembra poco: un piccolo centro che conta poco più di 5.000 anime, disperse su un territorio assai vasto, riesce ancora a credere nel valore della comunicazione ed a mettere insieme le risorse umane e finanziarie per creare due pubblicazioni. C'è ancora molto da scoprire nel nostro "profondo sud", per fortuna di tutti!

mercoledì 5 gennaio 2011

Battisti, ovvero come ti manipolo l'informazione

C'è un uomo attualmente contentissimo delle malefatte, provate e di natura prevalentemente criminale, a suo tempo perpetrate da Cesare Battisti. C'è un nano con tappezzeria in testa che si frega le mani e pensa: "che bucio di c... ho avuto; mi trovo tra le mani un caso con risvolti internazionali. L'Italia compatta si schiera con l'azione di governo, scendendo addirittura in piazza a manifestare a favore delle proteste ufficiali. Ci organizzo quindici giorni di campagna di stampa e faccio dimenticare a questo povero popolo di fessi le condizioni miserevoli in cui le scelte di governo e la mia grande personalità di statista lo hanno cacciato...Meglio di così?"
Da una settimana non si parla, a proposito o sproloquiando, di altro. Uno specchio per le allodole che neanche a volerlo costruire poteva riuscire così bene. E persino giornali normalmente scafati, del genere "Il fatto quotidiano" hanno scansato il fosso. Pure loro a darci dentro a ricordare quanto sia delinquente Battisiti. Mentre in piazza, tra i parenti dei morti compaiono, con fascia e distintivo, zombies, tipo Frattini, che ricorda come in ballo ci sia in questo caso la dignità nazionale. Occorrerebbe dapprima accertarsi se questo signore, come il suo manovratore, conservino un concetto, sia pure vago, di dignità. Magari una reminiscenza di quando a scuola leggevano qualche libro decente. C'è da dubitarne fortemente. Inquisiti, indagati, condannati, da tempo avrebbero dovuto farsi da parte quantomeno per un minimo di pudore personale. Sono invece pervicacemente aggrappati alle loro fruttuose "cadreghe", spesso zattere di salvataggio per evitare, anche loro come Battisti, la galera.
Almeno quello, delinquente e criminale quanto loro, ha avuto il buon senso di scappare e farsi sostenere da tutti i radical chic della terra. Mica di farsi nominare premier o di fondare partiti.
A questo punto, senza riserve e consapevole di ricevere più di uno strale, meglio Battisti!