mercoledì 13 luglio 2011

proverbi e vecchi merletti

Nel 1978 l'azienda per la quale lavoravo decise di mandarmi a Londra per 4 mesi. Una vacanza studio per migliorare la lingua e" per incrementare le mie potenzialità". Così almeno scrivevano nella comunicazione di distacco presso una consociata inglese. L'aspetto linguistico fu indubbiamente centrato. Dopo quattro mesi, che sono centoventi giorni, pure il più riottoso degli studenti riesce quanto meno a capire che i londinesi hanno un concetto assolutamente personale della loro lingua patria. Biascicata più che parlata. Ma feci di necessità virtù ed incominciai a destreggiarmi nel ginepraio delle "eight" che diventava "eisc", di "madame" che si trasformava in "mam" ed altre deformate curiosità. Periodo comunque indimenticabile. Mi aggiravo per la City pieno di orgoglio malcelato, con l'aria di uno che ci capiva. Non era assolutamente vero, ma anche l'illusione serve o meglio, come dicono a Napoli "il fruscio rende". Amicizie varie, con gente di tante nazioni. Ma anche tanti pranzetti improntati alla dieta mediterranea nel residence dove alloggiavo e che era diventato la foresteria di italiani e stranieri. Nel mese di settembre, un sabato mattina, mi trovai a leggere il giornale - ovviamente inglese - in uno dei fantastici parchi di Londra. Scoiattoli, uccelli, fiori e piante rari. Un vero spettacolo. Quasi per caso incominciai un colloquio con una signora di circa 70 anni che alle mie convinzioni assolute dell'epoca apparve decisamente "british", coi suoi pizzi, crinoline e cappellino vezzoso. Neanche a dirlo, mi sbagliavo, perché la signora era di origine francese ed aveva sposato durante la seconda guerra mondiale un militare inglese. Simpatica, con cautela, perché pur avendo circa 40 anni in meno di lei restavo pur sempre un maschio, cominciò il discorso con me interrogandomi garbatamente sulla mia condizione personale: nazionalità, età, stato civile, professione. Ottenute le informazioni, la gentildonna si trattenne con me fino ad una certa ora e mi dette appuntamento per il sabato successivo nello stesso posto. Dove puntualmente arrivai con un piccolo scatolo di gelatine di frutta per la mia signora Delphine. Che gradì moltissimo, quasi arrossendo, il dono e mi raccontò tutta la storia della sua vita. Bella ed avventurosa. Intorno alle 11,oo, arditamente proposi alla mia accompagnatrice un invito a pranzo. Mi guardò interrogativa, declinando gentilmente, ma nel contempo invitandomi per il te nel pomeriggio a casa sua. Accettai contento e mi presentai in versione formale, coi fiori ed un libro francese comprato qualche giorno prima. Casa perfetta, come da copione, con foto, ricordi di guerra, centrini fatti a mano, mobili d'epoca, deliziosi bicchierini per il liquore, piccole pastine al burro fatte in casa con ciliegia e fragola. Un meraviglioso infuso di erbe accompagnava il dessert. E la mia Delphine, prima di salutarci mi fece dono di una piccola bottiglia di cherry fatto in casa, un sacchetto dei suoi biscotti e soprattutto con una frase sulle lingue europee:" il tedesco serve per parlare ai soldati, l'inglese per comandare i cavalli, il francese per l'amore, ma l'italiano è per parlare con Dio." Qualunque cosa si possa pensare su quest'ultima entità, a me è sembrata una frase straordinaria.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissima questa storia. Non sapevo che lei e stato a Londra. Con amicizia, S.