giovedì 30 dicembre 2010

i nostri paesi dimenticati

Senza speranza. Un quadro abbastanza desolante emerge dal confronto sviluppatosi su un social network a proposito della vita in uno dei tanti piccoli paesi del Sud. Afflitti dagli stessi mali, con le speranze dei giovani che si affievoliscono, gli egoismi degli adulti che diventano legge morale, i rimpianti degli emigrati costretti a vite non sempre straordinarie in posti ostili. Mi colpiscono in particolare alcuni interventi: quello accorato e dolente della emigrata al nord con forte tensione e passione sociale; quello del residente, che pur avendo ottenuto alcuni importanti obiettivi personali, lamenta l'ostilità e l'acrimonia dei paesani specie per chi non vive sul posto; quello pieno di termini apparentemente ricercati - ma in realtà privi di contenuto - di un giovane che si nasconde dietro una sigla. Potevo aggiungere il mio commento. Mi sono astenuto con la stessa determinazione mostrata di recente di fronte ad una affettuosa proposta di coinvolgimento nell'amministrazione del Paese. Ho imparato a mie spese e con qualche piccola ferita che il paese è dei paesani. Ogni tentativo di intervento di chi non vive direttamente quella realtà, sia pure in buona fede e per quanto minimo, sarà stroncato dalla piccola minuta critica da bar o da panchina, da circolo degli anziani o da parrocchia. Che fino al momento dell'esposizione si limita all'attenta osservazione, ma non appena "lo sciagurato" osa varcare i limiti invisibili dello spazio interno paesano, da chiacchiera sussurrata diventa ostracismo manifesto. Pronto a tutto con uno sviluppo che va dall'ingiuria, all'offesa sistematica, alla campagna diffamatoria ben articolata. E forse c'è anche da capire questo rifiuto dell'estraneo. Nella sostanza questo atteggiamento traduce un pensiero: tu te ne sei andato a vivere o vivi altrove, hai scelto una dimensione diversa da quella locale. E allora ti è consentito solo venire in vacanza, prenderti quel pochissimo che c'è e lasciare al paesano le scelte, i condizionamenti, i suoi vizi, le sue virtù. Perché la realtà di tutti i giorni la costruiscono i residenti veri con le dinamiche interne che fanno emergere i poteri forti, quelle poche figure che decidono. E tutti gli altri a godere delle briciole cadute da una tavola abbastanza avara.
Giovani, speranze, delusioni? Nel nostro caso ci sono tantissimi ragazzi di valore. Belle teste con spazi ridotti allo zero nell'ambito locale. Che cosa resta da fare? La risposta è scontata, andare via a trovare orizzonti più ampi; come pure scontata è l'assenza di attenzione per alcuni "forestieri" che sarebbero risorse di grande utilità, ma pagano per il loro peccato originale di estraneità.
Teniamoceli così i nostri piccoli centri, ma senza rabbia. Non serve. Oppure torniamoci davvero, lavoriamoci sodo dentro, scontriamoci con le altre forze contrapposte e conquistiamo anche noi il diritto ai nostri egoismi...

la dignità non ha prezzo

La frase del titolo, "la dignità non ha prezzo" è tratta da una dichiarazione del presidente di una squadra di calcio. Garrone, Presidente della Samp, non è tornato indietro nelle sue decisioni ed ha attivato la procedura per la risoluzione contrattuale del rapporto con Cassano. Resistendo così ad una sonora contestazione dei tifosi genovesi e ad una strisciante campagna di stampa che lo invitava a "perdonare" il figliol prodigo. Il quale dopo avergliene dette tante e dopo averlo minacciato fisicamente, si era scusato piagnucolando, improvvisamente ricordandosi della serenità finalmente ritrovata in casa Samp. Garrone è andato, contro tutti, per la sua strada. La commissione arbitrale della Lega ha sentenziato che il calciatore dovesse rientrare nella "rosa", sebbene con lo stipendio ridotto al minimo. E il butterato barese, piuttosto che farsi decurtare gli emolumenti, ha subito trovato una casa ad accoglierlo, quella del Milan, dove fino alla prossima mattana dichiarerà il suo amore per tutto e tutti. Auguri anche a lui, sperando che non faccia ancora peggio di quanto sinora ha fatto, dimostrando che agi e ricchezza non riescono a compensare e sanare le ferite dell'anima subite in quella vita aspra e grama che ha conosciuto da ragazzino. Intanto il Presidente Garrone, - la lettera maiuscola è meritata - ha riconosciuto che con l'addio a Cassano, la squadra si impoveriva di contenuti tecnici. Ma, nonostante tutto, la linea della società manteneva quell'invocato profilo di dignità, concetto che seppure superato per molti, continua ad avere - fortunatamente - qualche seguace.
Complimenti a questo signore, rimasto tra i pochi a continuare a credere in alcuni valori, specie in un contesto dove il potere del denaro ha sostituito ogni altro riferimento. Come il giapponese che a distanza di 40 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, nella boscaglia di un'isola del Pacifico, lontano da qualsiasi forma di comunicazione, continuava a combattere contro gli americani.

giovedì 23 dicembre 2010

la mostra delle mostre

Qualche giorno fa parlavo con un amico, coetaneo sessantenne, che mi confidava di come avesse smesso di cantare e suonare perché i proprietari dei locali, senza mezzi termini, gli avevano fatto capire che la sua fantastica voce e le sue capacità musicali non erano accompagnate ormai da un "look" gradito al pubblico. La sua immagine risultava troppo datata e non attirava più. Mi è venuta così alla mente una gradevole intervista televisiva di Oliviero Toscani, famoso occhio fotografico e provocatore, nel corso della quale ricordava un suo progetto mai realizzato. Aveva proposto ad alcune riviste e network televisivi di realizzare una "mostra delle mostre", raccolta fotografica dei volti resi "mostruosi" dalle modifiche della chirurgia estetica. Raccontava di come la sua idea avesse trovato contrasti e ostracismi immediati tanto dagli interlocutori quanto da parte delle interessate. Per la maggior parte si trattava di donne che fanno parte del mondo dello spettacolo e che nel tempo avevano sottoposto il proprio viso ed il corpo a trattamenti nel tentativo di sconfiggere il tempo. Riaffiorava così alla mente la storia di Dorian Gray, letta troppo frettolosamente ai tempi del ginnasio, come classico inglese. Quella vicenda si concludeva con il protagonista che, rimasto eternamente giovane per un patto col demonio, in un finale impeto di disperazione si lanciava contro il proprio orribile ritratto, reso vecchio ed inguardabile dall'oltraggio del tempo. Per tutti, senza eccezioni, è certamente difficile accettare il peso del tempo che passa. Ancora di più se la propria vita professionale è strettamente legata all'aspetto esteriore. La bellona che invecchia male è inservibile, sotto tutti gli aspetti. E allora ecco che intervengono i falsi guru del ritocco che promettono nuove primavere, la sconfitta della caduta naturale dei corpi gravi, ma che in definitiva riescono ad ottenere soltanto quei faccini di plastica tutti uguali, che talvolta fanno risaltare ancora di più il vuoto degli sguardi, riflesso del vuoto interiore. E che dire degli uomini con le guance riprese e i capelli tinti? Bamboli che ci ricordano "Beautiful", centenaria soap opera popolata di alieni in gara col tempo, grotteschi protagonisti di una società che non sa trovare forme di rispetto per le generazioni più avanti con gli anni. Restare tutti giovani, a qualsiasi costo, omologarsi a stereotipi da spot televisivo, questa la spinta del "grande fratello" che comanda nel mondo.

giovedì 16 dicembre 2010

i ruoli grandi, gli uomini piccoli

Qualche tempo fa fui avvicinato da un ragazzo del mio paese. Con grande garbo e altrettanto pudore, questo giovane, che non conoscevo direttamente, mi parlò di un caso giudiziario nel quale si era trovato coinvolto. Una leggerezza da ragazzi, con possibili ripercussioni sul suo futuro di studente universitario vicino alla laurea. Ebbi un'ottima impressione dell'interlocutore che sembrava vivamente colpito dalla vicenda, specie per le conseguenze sulla sua famiglia, contadini laboriosi che lo mantenevano agli studi. Dentro di me pensai automaticamente a che cosa avrei fatto se il caso avesse riguardato mio figlio. A quel punto un'ispirazione: mi sarei rivolto all'amico magistrato che occupa un importante ruolo per chiedergli un consiglio sul comportamento migliore da suggerire al giovanotto. Tornato a casa lo rintracciai, chiedendogli un appuntamento in ufficio viste le sue ristrettezze di tempi. Spiegai a questo signore la questione, aiutandomi con un documento per evitare di dire fesserie sullo stato del procedimento. Le vicende penali mi sono sostanzialmente estranee e nutrivo il timore di riferire cose inesatte. Lesse e si fece spiegare il tutto, rilevò il nome del magistrato che aveva il caso, uno dei molti che da lui dipendevano. A questo punto ebbe una specie di impennata deontologica, tentando di farmi una morale sulla improprietà delle mie richieste, rivolte a chi aveva un alto magistero da tutelare nel superiore interesse della giustizia, dei cittadini e della società, profondamente lesa dal reato contestato, il possesso di ben 2 grammi di hashish.
Mi resi conto in quel momento di quanto fossi stato leggero a rivolgermi ad un soggetto del genere. Da giovane era un mezzo sfigato, sfottuto da chi lo conosceva per la sua misura umana non proprio eccelsa e per la corrispondente apertura mentale. Superato il concorso in magistratura dopo qualche tentativo, aveva intrapreso una pervicace e fruttuosa opera di diffusione della sua immagine, quasi sempre in contesti che non avevano nulla a che fare con il lavoro. In ogni caso, meriti o demeriti, aveva ottenuto riconoscimenti anche grazie un'accortissima vita di relazione, a vari sgomitamenti e ad una disinvolta attitudine a cambiare casacca e padrini. In quel momento, in quella stanza occupata da oggetti impropri, che non sembrava un ufficio di un palazzo di giustizia, ma soltanto una fisica testimonianza della vanità e dell'autocelebrazione dell'occupante, io persi l'occasione per dirgli che da uno come lui non potevo aver alcun tipo di lezione morale. Invece, colto da una profonda rabbia riferita a me stesso ed alla mia leggerezza, restai quasi muto a farmi fare una specie di predicozzo da quel furbastro che mi parlava, ex catedra.
Per fortuna, il mio giovane conoscente è stato completamente tirato fuori dalla vicenda che non avrà conseguenze, quantomeno sulle sue speranze. Restano le mie amarissime considerazioni sugli uomini e sulle loro miserie e sulla mia profonda ingenuità.

domenica 12 dicembre 2010

farsene una ragione

Sono assai democraticamente incazzato. L'atmosfera da basso impero che ci circonda mi fa venire l'eritema. E non so come difendermi, se non rifugiandomi in retoriche forme di indignazione.Già, perché vorrei avere gli anni e le energie per combattere in un modo o in un altro e non accettare passivamente questo stato di cose generali e particolari. Vivere in uno stato gestito da ladri, corrotti e figure da operetta buffa. Era questa la speranza dei miei anni di vigore? O tentare di contribuire a far progredire questo paese che usciva da una guerra. A pezzi, ma con la voglia di voltare pagina, di abbandonare le satrapie che ci avevano gettato nel baratro, di rifondare la voglia di vivere civile attraverso le forme della solidarietà umana e sociale. Che cosa ne è stato? Macerie maleodoranti che vengono trafugate per nuovi valori e per superamento dei vincoli del passato. Ladri e malfattori considerati personaggi "vincenti" per le loro tracotanti malefatte ed esaltati da vassalli a basso costo. Quanto rimpiangeremo i mediocri servitori dello Stato che erano la parte fondante della società. Con tutti i limiti di una cultura ancora contadina, ma che riconosceva il vero dal falso, l'autentico dal tarocco. Impossibile ripartire da quelle origini, ormai sotterrate dalle frontiere del cosiddetto nuovo che avanza. Le generazioni future ci giudicheranno e non potranno essere benevole con chi ha sprecato in modo così clamoroso l'occasione per diventare una Nazione ed un modello per altri popoli.

mercoledì 8 dicembre 2010

E'aperto il mercato del voto

Grande fermento tra i parlamentari italiani. Tra ruffiani, portaborse, piccoli ras del quartierino, e altre mezze tacche venute fuori dalle ultime elezioni non c'è pace. Giri infiniti di telefonate, appuntamenti segreti ma conosciuti da tutti, cacciatori di teste impegnati a tutto campo, persuasori sempre meno occulti. Insomma è una bufera, a suon di promesse e e di attribuzioni di caparre che durerà fino al fatidico 14 dicembre, giorno in cui finirà la serrata delle camere imposta dai buffoni al governo. E finalmente si voterà, secondo senso e coscienza e nel pieno rispetto di quel mandato elettorale che gli elettori hanno conferito agli eletti nell'interesse del paese. Senza lettera maiuscola, perchè sta offrendo in questo periodo la più rispondente delle fotografie del suo stato reale. Chi guida tutto questo? Un imbroglione, corruttore, degenerato e mentitore. Potrebbe esserci un premier migliore per quello che è rimasto di questa aggregazione di consorterie, associazioni criminali e fazioni definita italia. Concludere senza una speranza? Riesce difficile, se non altro per le giovani generazioni che meriterebbero almeno di coltivare un sogno, un'illusione di tempi diversi. E a questo stato di cose ha contribuito la mia generazione che come fanno i nati nel dopoguerra ha interpretato il senso dello stato in modo egoistico. Usando il benessere e le opportunità che si erano venute a creare solo per costruire agi e garanzie solo per se stessi, ma dimenticandosi in modo assolutamente miope di chi sarebbe venuto dopo.
Intanto il mercato è continuo e le quotazioni di questi omuncoli oscillano di minuto in minuto.
C'è una sola certezza: la gente normale sa bene quanto valgono effettivamente e se dovesse offrire un quarto di centesimo di euro, magari per pietà o per gettarglielo addosso, avrebbe seri dubbi.

venerdì 26 novembre 2010

Non c'è più religione!

Non c'è più religione! Era un vecchio modo di dire, quando ci si trovava davanti a comportamenti anomali, senza collegamenti con una logica o privi di criterio.
Ora potremmo adattare la massima anche allo sport. Pare infatti che nel campionato di calcio scozzese si voglia evitare la designazione di un arbitro quando la sua confessione religiosa possa influenzarne l'operato.
Una bella trovata, che mette al riparo da sospetti, sempre presenti tra i tifosi delle varie squadre. Ma un principio che, ove trovasse spazio e seguito - come capita a quasi tutte le minchiate - potrebbe allargarsi agli orientamenti sessuali dell'ufficiale di gara, ai gusti, alle sue preferenze in fatto di cinema, musica, gastronomia, teatro, scelte del tempo libero e così proseguendo.
Potremo così metterci al riparo dalla temuta circostanza che per il derby infuocato tra A.S. Sgurgola e F.C. Roccapipi venga inviato ad arbitrare il tale, conclamato vegetariano, che certamente infierirebbe sugli atleti di casa sponsorizzati dalla locale macelleria.
Oppure nelle gare contro il tempo attenzione ai cronometristi di religione contrapposta al recordman. Pensate che errori volontari, magari alzando l'asticella degli ostacolisti o sgonfiando le ruote dei ciclisti. C'è spazio per tutto!
Coraggio amici, ci attendono tempi sempre più incerti. Abbiamo solo bisogno di seguire le vicende del mondo con attenzione. Ci saremo così assicurati risate a non finire, accompagnate da una fragorosa pernacchia liberatoria.

martedì 23 novembre 2010

le scelte sbagliate della Carfagna


Il caso Carfagna ci aiuta a capire alcune cose.
Cosa sta capitando alla signora in questione, Ministro senza meriti propri e candidato votatissimo alle recenti elezioni regionali della Campania?
Fino al momento in cui ha fatto da comparsa silenziosa, da vestale e appendice leggiadra del suo mentore, tutto è andato a gonfie vele. Anche con riconoscimenti bipartisan, persino intervenendo in alcune occasioni pubbliche in cui ha dato dimostrazione di buon senso e di compostezza, certamente non sfigurando al confronto di alcuni partner di cordata, talvolta soggetti "border line" tra normalità ed imbecillità conclamata.
E lei, salernitana di nascita, alle prese con l'emergenza rifiuti della Campania, ha preso sul serio la parte superficiale di questi consensi e si è messa in testa di svolgere davvero la sua parte. E qui incominciano le difficoltà, perché si può anche essere eletti al Senato come Incitato, famoso cavallo di Caligola; ma guai a pretendere di ricercare una propria autonoma credibilità politica. Tutti si sono d'improvviso ricordati della "colpa originale" del suo passato di soubrette di secondo piano e delle malignità sui meriti "speciali".
E poi, dovendosi scegliere una sponda in Campania, la signora ha dimostrato tutta la sua avventatezza.
Perché non si è messa dalla parte "giusta", dei signori delle tessere, cioè di quelli che contano davvero e decidono. Ha scelto secondo un condivisibilissimo profilo etico ed istituzionale, ma ponendosi contro la "chiesa madre", che nella nostra Regione ha in Cosentino, Cesaro, e Cirielli i suoi moschettieri decisi e senza scrupoli.
La ministra delle pari opportunità ha ingenuamente creduto che i suoi contatti privilegiati con il premier la ponessero al riparo degli strali avversi. Anche in questo caso la signora ha dimostrato di sopravalutare l'influenza del suo ispiratore che, in realtà, a livello regionale, è tenuto per le palle dai veri "uomini d'onore" che già hanno dovuto deglutire l'amaro boccone Caldoro. Ma che in questo caso non possono cedere perchè le loro stesse fortune sono legate al business dei rifiuti che condizionano direttamente ed indirettamente.
E così forse siamo alla piroetta sbagliata o al canto del cigno della pure apprezzabile signora.

martedì 16 novembre 2010

delusione ferrari

Sono reduce da un fine settimana a dir poco faticoso. Con questo non intendo alludere al mio impegno tennistico ormai patetico, né ad altri goffi tentativi in settori ormai in abbandono, ma all'atmosfera generale di lutto nazionale a seguito della mancata vittoria della Ferrari.
Ma, dico io, nemmeno un poco di rispetto per una nazione che di travagli (non Marco) ne ha più d'uno? E lasciateci vincere almeno la formula uno, senza boicotaggi o alleanze giudo-massoniche. Se ad un italiano medio, già vessato da ogni parte e con serie difficoltà a mettere assieme pranzo e cena gli levi un Alonso vincente, ma che gli resta? Sui giornali, persino quelli considerati più seri e meno contaminati dal cretinismo nazionale, titoli da "noir": "tragedia Ferrari, catastrofe delle rosse, suicidio del cavallino, disfatta italiana". Manco una nuova Caporetto o la scoperta del nuovo quartino monegasco del cognato d'Italia, avrebbero potuto portare portare altrettanto sgomento. Quaranta milioni di italiani incollati ai teleschermi, con prognosi riservate non per distacco della retina spiaccicata sui video, ma per sindrome depressiva post sconfitta. E dai...!
Il giorno dopo, dibattiti, tavole rotonde, plastici di Vespa a gogò. E Montezemolo, dopo questa debacle, sarà più libero o più impegnato?
Insomma il niente che si somma al niente, producendo la tipica bufera italica di proclami, smentite, prese di posizione e smarcamenti.
Mi chiedo: ma ci rendiamo conto? Non c'è alcuna speranza di lavoro per i nostri sventurati giovani, dopo le illusioni di studi inutili. Ogni giorno chiudono nella nostra Regione aziende di tradizione secolare, lasciando in braghe di tela il personale. La vita pubblica si fa sempre più mefitica, al pari dell'aria che siamo costretti a respirare. Il senso di umanità scompare, lasciando il posto alla logica dell'utilità.
E con tutto questo dovrei partecipare al funerale Ferrari? Ma chi volete che se ne f..tta se un marchio ed un gruppo industriale che guadagnano l'impensabile ogni anno rischiano di perdere una fettina del prestigio internazionale. A quest'ultimo aspetto non si era già dedicato con risultati rimarchevoli il nostro premier? Lasciamo a lui, homo superfaber, anche questo cruccio. Risolverà il caso come tutti gli altri già affrontati e risolti.

giovedì 4 novembre 2010

Obama ridotto ai minimi "term"

Pare che la tendenza a citarsi rifletta pericolosamente lo stato di vecchiaia di un cervello. Correrò questi rischio, peraltro temutissimo, di apparire più datato di quanto in effetti non sia.
Due anni fa, in mezzo alle fiamme di entusiasmo per l'elezione di Obama, con il mio post del 6 novembre 2008 esprimevo più di una perplessità sulle effettive possibilità di cambiamento in quel Paese. In sintesi dicevo: ricordatevi che siamo comunque in America, che il nostro dovrà passare sotto le forche caudine dei poteri forti, che sarà costretto ad accettare i suoi compromessi di "real politik".
Un caro amico, colto e garbato, bollò questo mio scetticismo accusandomi di essere un disfattista, incapace di annusare il vento di novità e di vitalità che proveniva da oltreoceano. E che sarebbe diventato col tempo un uragano, tale da portare effetti benefici nella cinica Europa e persino in Italia. Con rammarico, devo concludere che avevo ragione io.
I risultati delle recentissime elezioni di "mid term" sconfessano il giovane presidente USA e suonano come una pesante bocciatura della sua azione politica. Solo una parte minima del suo programma innovatore è stata realizzata, mentre ha dovuto fare marcia indietro su progetti di rilevante portata. Rivelandosi, alla fine dei conti, conservatore in politica estera per non scontentare le gerarchie dell'esercito, gli ebrei e l'industria bellica; timido nell'affermazione dei diritti civili per paura di chiese e confessioni; inetto in campo economico, con accenni di becero protezionismo, tanto da essere uno dei negativi protagonisti della crisi internazionale dove non ha promosso un solo momento di effettiva cooperazione. A tacere dei tentativi nemmeno abbozzati di più equa distribuzione della ricchezza.
E le critiche peggiori, con conseguente abbandono nei suffragi, vengono proprio da chi aveva creduto in lui, favorendo la sua elezione. diseredati, poveri, etnie in sofferenze, giovani senza speranza.
Da ora in poi dovrà fare i conti anche con la minoranza al Congresso e diventerà più realista del re, fino a ricalcare posizioni simili a quelle del tanto biasimato Bush.
Questo il mondo, direte.
Gli idealisti, chi è capace ancora di accendere qualche speranza è destinato ad essere spazzato via dalle leggi del potere. L'avventura è al termine. Ora restano solo due anni di fotografie con cane, famiglia e signora e poi si spegnerà la bella favola.

Obama ridotto ai minimi term

Pare che la tendenza a citarsi rifletta lo stato di vecchiaia di un cervello. Corro il rischio, peraltro temutissimo, di apparire più datato di quanto in effetti non sia.
Due anni fa, in mezzo alle fiamme di entusiasmo per Obama, gettavo un sottile getto di estintore per osservare cose assai banali. Nel mio post del 6 novembre 2008, dicevo in sintesi: ricordatevi che siamo comunque in America, che dovrà passare sotto le forche caudine dei poteri forti, che accetterà anche lui i suoi compromessi di "realpolitik". Un amico, colto e garbato, mi accusò di essere un disfattista, cinico, incapace di annusare il vento di novità e di entusiasmo che spirava dal nuovo continente. E che sarebbe diventato un urugano, tanto da portare effetti benefici anche in Europa, persino in Italia. Presi in dovuta considerazione quelle parole, frutto di passione, ma non prive di elementi di fatto e di un'apertura di credito alla speranza.
I risultati delle elezioni di "mid term" sconfessano il presidente USA e la sua azione politica. Una parte minima del suo programma è stato realizzata, mentre ha dovuto fare marcia indietro su altri progetti. Rivelandosi conservatore in politica estera per non scontentare l'esercito e le industrie belliche; timido nell'affermazione dei diritti civili per paura di chiese e confessioni; inetto in campo economico o meglio complice del disastro economico internazionale non avendo fatto niente per dare a chi non ha e limitare chi ha troppo.
E le critiche peggiori, con conseguente abbandono elettorale della parte democratica, vengono proprio da chi aveva creduto in lui. Diseredati, poveri, gente comune, etnie in sofferenza, giovani senza speranza.
D'ora in poi dovrà fare i conti anche con la minoranza al Congresso e diventerà più realista del re, fino a concludere il suo quadriennio su posizioni simili a quelle del tanto biasimato Bush.
Questo è il mondo. Gli idealisti, chi accende ancora qualche speranza, è destinato farsi da parte. Le carte in tavola le mescola sempre a suo piacimento chi detiene potere e ricchezza. E questi signori potenti staranno godendo immensamente e pensano: Obama, ti abbiamo fatto "pazziare" quanto basta. Ora, fatti da parte e lasciaci lavorare sul serio.

lunedì 1 novembre 2010

Un giubileo che ci potevamo risparmiare

Feste e balli, celebrazioni e soldi spesi male. Maradona ha compiuto 50 anni. Auguri.
Ma perché alcune migliaia di napoletani abbiano pensato di dedicargli un "giubileo", questo resta da comprendere.
Facile, direte. E' stato il più grande pedatore del mondo ed ha consentito gioie mai prima raggiunte a tifosi depressi e frustrati da anni di delusioni.
Tutto vero. Altrettanto vero che tirare calci ad una palla era il lavoro del "pibe" e che per questo era superpagato. Facendo, come tutte le prime donne, il bello ed il cattivo tempo.
Gli interrogativi dell'epoca: gioca, non gioca? Sta bene, sta male? Donne, altri eccessi tutti personali, ed in quanto tali senza commento, mettevano in forse le sue prestazioni. Strepitose quando c'erano. E la massa dei suoi adoratori a chiedersi se era sceso dal letto col piede giusto o se qualcosa avesse intralciato la divina ispirazione. Una bella trama thriller. Fino al momento, inevitabilmente traumatico, dell'abbandono. Condito come tutti i tradimenti di questo mondo da menzogne, retoriche d'occasione. Già allora era in condizioni, soprattutto mentali, di non poter giocare. Sembrava finita, macché! Figli sparsi, legami stretti con ambienti della malavita, evasione fiscale clamorosa. Fiumi di chiacchiere spese sul nulla o quasi.
Parlare del dopo, dei malori e delle vicende personali, dei tentativi di reinserimento nel mondo del calcio, con effetti miserevoli, sarebbe come sparare su un bimbo indifeso.
La civiltà di chi scrive, evidentemente non un estimatore, non permette di lasciarsi andare a commenti moraleggianti. Ciascuno di noi è quello che è. Limiti, difetti compresi.
Difficile però accettare passivamente la costruzione di un simile mito.
Sfido la retorica, ma penso ai milioni di donne ed uomini normali, anche loro nati e cresciuti senza cultura ed educazione, che ogni giorno fanno il loro miracolo in terra: tirano avanti con poco, sopportano ogni sorta di violenza e di sopraffazione e non si rifugiano in paradisi artificiali. Si aggrappano a quel pochissimo che hanno per non arrendersi. Avranno mai un giubileo? ci saranno canti balli e litanie in loro onore? Escludetelo. Credo, anzi questa volta sono certo, che la loro vita passerà inosservata. In morte, forse, un necrologio dei pochi intimi.
Chi non ha mai pensato allo spreco ed alla autentica amoralità dei centinaia di necrologi dedicati sui giornale ai "morti eccellenti"? Tempo fa mi detti la pena di contare 124 necrologi per la morte di una signora che, dalla sua, aveva l'appartenenza ad una famiglia di armatori del sud. 50.000 euro, che potevano ben essere impiegati a sostenere un ente di ricerca per le malattie più diffuse.
Alcune centinaia di migliaia di euro sono stati destinati al giubileo del pedatore. Sarebbe stato meglio spenderli per qualche centro di accoglienza per chi decida di uscire dal tunnel della droga. Senza polemica, il suo era un caso come quello di tanti altri. Ha avuto peraltro le risorse per uscirne. Tanti altri muoiono negletti ed abbandonati. Colpa loro se erano incapaci di dare un calcio ben assestato ad una palla di cuoio?

sabato 23 ottobre 2010

gira e rigira la monnezza ritorna

Aveva promesso già una volta che in pochi giorni le cose sarebbero tornate alla normalità. C'erano le elezioni regionali alle porte e bisognava cavalcare la tigre della spazzatura. Obiettivamente il problema c'era e ci sarà fino all'adozione di misure straordinarie. Tenendo conto del fatto che specie nelle provincie di Napoli e Caserta ci sono enormi centri urbani sovraffollati, uno a ridosso dell'altro, con pochissimi spazi realmente adatti alla dislocazione di aree di raccolta, stoccaggio e compattazione dei rifiuti. In quei giorni di primavera avvenne tutto e di più. Persino i torpedoni di mazzieri neri che si fiondavano sul problema, certamente per dare un contributo decisivo, alla loro maniera. Pianura e Chiaiano erano terre dello scontro e questi gentiluomini, vestiti per lo più in nero, seppero fornire una decisiva spinta alle sorti di un governo regionale già traballante di suo. Tutto secondo copione. Doveva vincere la destra e la Regione passare di mano.
Ma anche nelle cose semplici ci sono complicazioni. Il vero demiurgo della saldatura tra la politica del cainano e gli "ambienti più vivaci ed intraprendenti" che "operano" in regione era Cosentino. Al centro di polemiche feroci per sue presunte aderenze con la camorra. E già per questo costretto a lasciare il ruolo di Viceministro, dove si stava comportando in modo impeccabile.
L'area più presentabile della destra di governo tentò di imporre un nome diverso, una faccia - questa volta si - presentabile e così spuntò Caldoro. Anima apparentemente candida che al momento opportuno, superato il tentativo di dossieraggio da parte del leale avversario politico che schierava anche una ritrovata P3 al suo fianco, riuscì a spuntarla ottenendo la designazione. Il candidato governatore non poteva certo ignorare che i suoi peggiori nemici erano tutti da individuarsi dal lato suo. Ma in quel momento Santa Lucia valeva bene una messa e turandosi tutto il turabile andò avanti. Ci furono momenti di incertezza, certo. I valentuomini che si riuniscono nella zona di Casal di Principe non sono particolarmente arrendevoli. Hanno regole tutte loro e la funzionalità della "corporation" è profondamente legata ad un'osservanza stretta dei principi. Eliminare, anche fisicamente chi si mette di traverso, isolare fino alla disperazione che non è d'accordo.
Il povero Caldoro è diventato Governatore, certo, ma da quel momento, passati i brindisi elettorali, sono iniziate le pene. E, a dirla tutta, i conti non sono ancora chiusi. In una crisi di ampie proporzioni come quella rifiuti, immaginate ad avere come interlocutori "istituzionali" la povera Rosetta in rottura prolungata e che non ne indovina una nemmeno a pagarla; dall'altra un bounty killer come Cesaro, altra espressione diretta degli "ambienti" che contano.
C'è da non dormire tranquilli, o meglio da non dormire affatto. E quanto succede al nostro capo della Regione che vede schierarsi contro di lui il "meglio" della contestazione. Capace di qualsiasi dimostrazione di forza pur di fargli capire che lui, quel posto, lo occupa senza titolo e che se vuole continuare a restare dove sta non deve intromettersi in questioni che toccano gli interessi di chi conta davvero.
C'é però un fattore nuovo, destinato a sparigliare tutti tavoli imbanditi. Arriva Bertolaso, Homo provvidentiae, che dopo le cure ricevute pare del tutto ripreso da certi attacchi di sciatalgia che lo torturavano. In pochi giorni - dieci ha detto il suo piccolo capo - deve imporre le sue mani taumaturgiche e risolvere questa crisi.
Non abbiamo dubbi sull'esito dell'intervento, come sempre "straordinario" e fuori budget.
C'è solo da chiedersi la ripercussione politica quando le acque saranno placate. Gli sciacalli già puntano dritto verso palazzo Santa Lucia, dove, si dirà, che il Governatore non è stato capace di affrontare l'emergenza. E non siamo che all'inizio.

martedì 19 ottobre 2010


LE 10 STRATEGIE DELLA MANIPOLAZIONE MEDIATICA
di Noam Chomsky
www.visionesalternativas.com


Il linguista Noam Chomsky ha elaborato la lista delle “10 Strategie della Manipolazione” attraverso i mass media.

1 - La strategia della distrazione.
L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 - Creare il problema e poi offrire la soluzione.
Questo metodo è anche chiamato “problema - reazione - soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 - La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 - La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 - Rivolgersi alla gente come a dei bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente.
Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 - Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione.
Sfruttare l'emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell'analisi razionale e, infine, del senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti….

7 - Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori" (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

8 - Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti...

9 - Rafforzare il senso di colpa.
Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di depressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 - Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.

EDÌ 14 OTTOBRE 2010


domenica 17 ottobre 2010

C'è tunnel e tunnel

L'esperienza dei minatori cileni ci insegna una serie di cose. Anzitutto che è possibile affrontare con serietà una grave emergenza che vede in pericolo tante vite umane. E che quello è un Paese che merita in blocco elogi per l'approccio umano al problema. Chi è rimasto dentro è diventato una sola squadra con chi lavorava per liberarli. Senza strombazzamenti di miracolosi interventi del governo, come sarebbe successo dalle parti nostre.
Tra cainano e Bertolacchio ci avrebbero fatto due campagne elettorali di fila, senza smettere di occupare le telecamere anche durante le inevitabili sedute di massaggi del capo della protezionecivile.
Niente di tutto questo. Notizie all'esterno, ma dosate come la situazione meritava. Cioè con rispetto per chi stava dentro a penare, delle famiglie, delle squadre di soccorso. E finalmente immagini liberatorie di uomini che avevano affrontato il buio e le incognite di tanti disperati giorni in segregazione.
Tra loro un ex calciatore, che a suo tempo aveva fatto parte della nazionale cilena. Particolare non indifferente. Vi immaginate un nostro ex azzurro che, appese le scarpe alla parete, non diventi opinionista, manager, allenatore, guru, procuratore, ruffiano, commentatore televisivo, talent scout, dirigente federale? Io non ne ho conoscenza.
In Cile le cose, tutte, anche quelle economiche, devono andare diversamente. Il buon Lobos, una volta lasciate le luci dei riflettori del calcio si deve essere trovato a fronteggiare i problemi reali della vita. Tanto da accettare un lavoro usurante, pericoloso e di estremo sacrificio.
Dovrebbe insegnare qualcosa ai tanti sbarbati che guadagnano l'impensabile grazie a qualche buona pedata. Ma per diffondere questo come altri messaggi virtuosi ci vorrebbe un potere politico capace di mostrarsi come esempio di condotte civili.
Ho detto troppo? Si, avete ragione, rischio di essere retorico. Tra poco anch'io imboccherò le orme gloriose del dio, patria e famiglia e sarà la fine!

venerdì 15 ottobre 2010

Giuliano, morto o fatto fuggire?

Chi muove i fili della storia, orientandone i destini, non aveva fatto i conti con il DNA. Si, una di quelle scoperte scientifiche tanto osteggiate dai poteri, sta rivoltando il corso delle vicende storiche, aiutando nella riscrittura reale delle vicende che ci sono state presentate come vere.
Ultimo, ma significativo, il caso di Salvatore Giuliano, delinquente siciliano emerso come rappresentante dei separatisti ed indipendentisti siciliani, ma poi utilizzato dagli alleati e dai loro complici italiani per mantenere in quelle terre, tra Castelvetrano e Montelepre, lo "status quo" in chiave anticomunista. Ucciso, ci raccontano, da un suo infedele picciotto, il cugino Gaspare Pisciotta. Le cronache del tempo dettero grande risalto alle foto del cadavere di Giuliano, riverso bocconi in una pozza di sangue, con una pistola a fianco ed una borsa da cui fuoriescono proiettili. Verosimilmente un colpo alle spalle, per accreditare con le immagini la teoria del tradimento dell'ex luogotenente. Dopo 60 anni da quei fatti, tuttavia, si sta riaprendo l'inchiesta sulla morte del bandito e forse proprio grazie all'esame del DNA potranno essere chiariti i dubbi e le perplessità di chi sostiene, adducendo ragionamenti e rilievi, che quel corpo non sarebbe di Giuliano, ma di un altro anonimo cadavere.
Se così fosse, c'è da chiedersi che fine ha fatto Salvatore Giuliano. C'è infatti una parte della storiografia che, partendo dai dubbi sulla reale identità del cadavere, elabora una teoria non inverosimile: Giuliano sarebbe stato fatto fuggire dai servizi segreti perché divenuto scomodo testimone del reale andamento delle vicende postbelliche nelle quali aveva svolto un ruolo non secondario negli anni dal '43 al '50.
Vicende come questa gettano un'ombra di di generale perplessità su tutto quanto ci viene raccontato. Tutto quello che appare non è "sicuramente" reale, dietro immagini apparentemente chiare ci potrebbero essere forzature e ricostruzioni di comodo per orientare l'opinione pubblica, calmare gli animi e mostrare la forza delle istituzioni.
E noi, povera gente comune? Resteremo costretti, come ci impone la condizione di gente normale, a leggere la storia dai libri scritti dagli altri. Senza difesa da poter opporre, magari creandoci convinzioni false e senza fondamento.

lunedì 11 ottobre 2010

autunno e nostalgia di sole

Estate assolata, ma non torrida. Dalle parti di Napoli, tempo buono per lunghi periodi, fino alla metà di ottobre, con l'inizio mese splendido, per temperatura ed assenza di piogge. Oggi il tempo si è messo al brutto, piove, l'umidità entra nelle ossa e le previsioni indicano un lungo attraversamento di cattivo tempo. Insomma, siamo nella normalità più assoluta. Però per strada, alla fermata e dentro i bus, la gente ha incominciato subito a lagnarsi. Gente della fascia sociale media che dovrebbe essere da sempre abituata a prendersi le cose della vita, tra cui il tempo meteorologico, come viene. E invece no. E provate a dare loro torto. In una città dove dire che non funziona niente è un commento civile, ma al tempo stesso un complimento vivissimo all'andamento della civica amministrazione. Che meriterebbe sberleffi e reazioni indignate. Ma persino l'indignazione, ultima risorsa della gente normale, sta per andare in un definitivo dimenticatoio. Almeno il sole, l'illusione della città piena di luce, lasciamogliela. Nelle città del centro e del nord, assai meno fortunate in tema di tempo atmosferico, si è da sempre formata una cultura degli spazi coperti. Pensiamo ai portici, ai bar, ai ritrovi ed ai vari centri di aggregazione per comunità impossibilitate a stare all'aperto. L'inizio consolidato del cattivo tempo rappresenta in questi casi l'avvio dei tempi di riunione. La gente si incontra, ed è tutto un intreccio di discorsi sull'estate appena trascorsa e di programmi per superare il periodo di cattività forzata. Sconosciute realtà alle nostre latitudini, dove bisognerà attendere il profumo di primavera per tornare a riversarsi per strada, sugli scogli, in qualche campagna fiorita. Ma confortiamoci, almeno noi napoletani. Fino a primavera, epoca di elezioni comunali, ci attende un fiorire di microcrisi dei servizi che metteranno ancora più in ginocchio una cittadinanza già disperata e alle corde. Chi deve vincere le elezioni non mancherà di orchestrare la sua campagna inverno-primavera per costringere gli elettori a votare in massa per i nuovi salvatori. Lo abbiamo già visto e pagato a nostre spese tante volte. Ma non è bastato. Il copione si ripropone e darà i risultati sperati dagli organizzatori della messinscena. Forza napoletani, se ce la fate.

domenica 3 ottobre 2010

Non vi aspettate niente

Presa di distanza della stampa cattolica dal governo B. Una parte della stampa cattolica ha fatto - finalmente si potrebbe dire - opportune considerazioni sui comportamenti pubblici del capo del governo, mostrando un apparente sgomento rispetto alla disinvoltura con la quale il cainano bestemmia e si esprime senza rispetto dell'altrui fede religiosa. Ma siamo seri! Il Porcoddio di Silvio nel filmato di Youtube non aggiunge certamente niente al quadro umano di questo personaggio. Un profilo già da tempo a disposizione di tutti coloro che intendano seriamente analizzarlo. Soggetto privo di scrupoli, ispirato dai soli interessi della sua vita, quali denaro, potere, disprezzo del pensiero e della personalità altrui. Un "santione" tirato in mezzo ad uno dei suoi sconnessi concitati discorsi può veramente irritare le gerarchie vaticane? Non dimentichiamo che costoro sono i vertici di un'istituzione sofisticatissima, abituata ad inquadrare con immediatezza tutti gli interlocutori. Il nano in peluche sarà stato radiografato e scannerizzato tante di quelle volte da porpore rosse e quadri intermedi che nemmeno una improvvisa masturbazione davanti alle telecamere potrebbe aggiungere alcunché al già consolidato giudizio di oltretevere. Lo conoscono bene, lo hanno pesato ed accettato senza riserve perché in fondo di omuncoli del genere hanno bisogno. E prima di lui si sono serviti di altrettanti imbecilli più o meno egemoni. madre chiesa (il minuscolo non è casuale) conosce i suoi polli, li compra per quanto valgono e li vende carissimi. O meglio si vende carissima la sua "caritatevole assistenza", come nei secoli ha dimostrato col mercato delle indulgenze. Per cui, attendiamoci un rialzo di quote nel finanziamento alle scuole cattoliche, un beneficio non meglio identificato per i "superiori" fini religiosi, insomma l'ennesima marchetta vaticana. E allora, tutto finirà in "gloria", il cainano riabilitato, il santione dimenticato o peggio mistificato perché aveva detto "porcozio". Non ci resta che attendere e i corvi neri sapranno digerire l'ennesima carcassa putrefatta. E' la loro specialità, e noi, tutti gli altri, da due millenni ce li sorbiamo. A scapito e spese nostre, ma evidentemente ce li meritiamo.

mercoledì 8 settembre 2010

Sicurezza dell'impunità

L'omicidio del sindaco Vassallo rappresenta una brusca accelerazione nel percorso tra delinquenza organizzata e società civile. Nella cronaca leggiamo di un macabro rituale con otto colpi sparati da vicino dalla mano degli assassini. Chi ha colpito con tanta violenza non poteva certo sperare di passare inosservato, anzi ha puntato addirittura sulla forte risonanza dell'episodio. Il fatto di colpire un sindaco, protagonista tra l'altro di una fiera resistenza all'invasione del cemento, non poteva che scatenare una serie di reazioni. Fatta la doverosa scrematura per le ipocrite dichiarazioni di facciata, il delitto sta richiamando crescente attenzione delle forze di polizia e della magistratura. E a questo punto la domanda che viene spontanea è perché gli autori del crimine agiscono con tanta impudente tracotanza? Verrebbe da rispondere: perché sono convinti di essere intoccabili, avendo le complicità e le collusioni che impediscono di fatto l'individuazione ovvero la punizione dei colpevoli. Il modello dominante si espande: posso fare qualsiasi cosa perché ho la forza del mio gruppo a difendermi. Ed è un gruppo trasversale che presumibilmente deve includere poteri forti e pezzi delle istituzioni, tutti anelli di un unico "sistema", funzionale a creare una barriera di impunità intorno agli esecutori materiali. Uno schema criminale che riafferma la propria vitalità attraverso fatti eclatanti, perché servano da deterrente a chiunque osi mettersi di traverso. A ricordare che sono in mezzo a noi, sempre più vicini e più potenti in quell'opera di trasformazione di una metà del Paese in un territorio occupato dalla tenebra della malavita.

martedì 3 agosto 2010

sabato 31 luglio 2010

post agostano

Torno dopo una settimana trascorsa all'Elba. Viticcio, posto incantevole. Albergo decoroso, spazi e silenzio, vista mozzafiato. Cucina quasi imperdonabile, ma personale accogliente. Ho così rivisto un posto visitato 32 anni prima, cambiato il giusto, non più di tanto. C'è ancora tanto verde, grandi spazi e il comportamento degli elbani non è diventato intollerabile. Penso ai diversi modi degli ischitani, ponzesi e maxime dei capresi. Mare quasi ovunque bello e pulito. Mica poco! I nostri compagni di vacanza Enzo e Antonella sono gli stessi da anni. Poco cambiati, sembrano discutere su tutto, ma poi vanno d'accordo e rappresentano una delle poche coppie riuscite che conosco. Sulla via del ritorno siamo andati a Montalcino da Giovanni, al lavoro per il Festival Internazionale dell'Attore. Mi è sembrato contento, conosce tutti nel piccolo centro e si bacia con una ottantottenne simpatica, Idolina, affittacamere e larghi .. sorrisi. Ci ha anche presentato uno sfilenzone romano, proprietario di camere e ristoro. Gentilissimo ci ha accompagnato per le vie del centro e nel museo. Ora me ne vado al buen retiro bellese. Sperando di non aver troppe rotture e di annoiarmi quanto spero. Qualche libro, tanti quotidiani, amici impegnati nelle solite polemiche sterili di tutti gli anni.

venerdì 23 luglio 2010

il piacere di non rispondere

Da quando nasciamo c'è sempre qualcuno che pretende di insegnarci qualche cosa. Ed è pure necessario imparare alcuni rudimenti di base che ci accompagneranno nel corso della vita. Poi, crescendo, entriamo nelle svariate quasi inevitabili gabbie, tipo scuola, università - per chi ha avuto quest'esperienza -, servizio militare ('?), poi il posto di lavoro ed i vari contesti di tipo associativo nei quali ci imbattiamo. Ma per apprendere e diventare "istruiti" e "disciplinati", dobbiamo metabolizzare un pregiudiziale obbligo: quello della risposta. C'è un tale, maschio o femmina, dietro un banco, una scrivania o altro simbolo del potere che ci interroga. E noi, un po' angosciati e timorosi, dobbiamo fornire risposte. Ma non risposte qualsiasi, bensì quelle che nei vari camminamenti sono "obbligatorie", quelle che fanno di noi personcine inquadrate. Guai a discostarsi, perché in quel caso immediatamente viene diffusa di noi una immagine: quello è strano, "diverso" nelle varie accezioni, non sembra proprio la giusta proiezione del cittadino modello cui il potere deve aspirare. Per poter riprodursi e continuare in eterno. Simile a se stesso, sai pure con abiti e qualche dettaglio differente.

Sin da giovane ho dato segni evidenti di una palese insofferenza alle regole scritte da altri, quei vari libri sacri che spesso non condividevo e che mi sembravano una grande fregatura, spesso un affronto alla semplice logica. Mi è capitato così di suscitare varie forme di reazione, subdola ovvero violenta, a questa impensabile ed improponibile voglia di pensare con la mia testa. Magari pessima, ma in ogni caso mia. La repressione giungeva nelle varie forme: con un pretesto amoroso una fanciulla borghese mi staccò dalla amata musica degli anni giovanili, forse realizzando anche uno scopo sociale lodevole, perché riconosco di essere stato sempre una mezza frana musicale. Ma fu pur sempre una dolorosa rinuncia. Poi tentarono, riuscendoci apparentemente, di inquadrarmi in una organizzazione di lavoro tra le meno creative di quelle disponibili. Ci provarono anche con le marce e i discorsi allucinanti sulla patria (?), poi con le varie gabbie di una vita borghese. Ed io, miseramente, continuavo a fornire risposte. Non esattamente quelle che gli interlocutori pretendevano, ma comunque erano rinunce a me stesso, con rappresentazioni persino grevi di un altro da me. Un altro che ha dovuto affrontare anni di autogiudizio severo e di interni conflitti prima di potersi liberare.

Poi, finalmente, anche se tardivo, è arrivato il mio 25 aprile. Alla mia età, purtroppo non più verde, ho deciso di non rispondere a quelli che si aspettano da me certe risposte preconfezionate o che in modo oltraggioso credono di potermi continuare ad insegnare il mondo e la vita attingendo ai loro libri.

Semplicemente non rispondo. Mi sono infatti convinto che una risposta darebbe una indiretta dignità ad interlocutori che per l'assoluta mancanza di sensibilità e di rispetto dimostrano di non meritare interlocuzione.
Ed il criterio discriminante della improprietà della domanda l'ho individuato nel tempo e vi assicuro che funziona: "farei mai una domanda del genere a qualcuno?" Se al quesito rispondo di no vuol dire che chi chiede sta andano oltre quei precisi limiti che intendo consentire agli altri

La vecchiaia deve avere pure aspetti positivi o è solo una straordinaria fregatura?

giovedì 15 luglio 2010

il polpo per sempre

Un caro amico mi accredita di notevole competenza in campo calcistico. Superato il legittimo dubbio dello sfottò, nel tempo ho realizzato come si fosse formata questa convinzione, mettendo insieme qualche pronostico azzeccato e poche banali considerazioni su alcuni giocatori. Certezza rafforzatasi di recente con le mie facili previsioni alla vigilia degli ultimi mondiali sudafricani. In soldoni, il polpo Paul ed io abbiamo colto nel segno. Ignaro di come abbia fatto il bravissimo collega opinionista acquatico, potrei sciorinare scarni concetti sulle motivazioni delle mie indicazioni. Ma vi risparmio, esprimendo invece una diffidenza di base su tutti gli esperti di calcio. Credo che non ci capisca niente nessuno e mi perdoni persino l'ammirevole Paul. La fortuna reale di questo gioco che visto dall'esterno potrebbe sembrare una follia, risiede invece proprio nella difficoltà elevatissima di poter prevedere che cosa succederà, specialmente in un torneo come la coppa del mondo. Troppi i fattori da ponderare; quasi impossibile riuscire a metterli insieme tutti ed a ricavarne ipotesi attendibili. Al massimo, si possono tirare fili logici per escludere la possibilità di successo di alcune squadre, procedimento che avevo seguito nel mio vaticinio. Mi era intanto impossibile immaginare che un icona della mancanza di razionalità come Maradona potesse essere un credibile tecnico. Di una seleccion di zeppa di talenti ma altrettanto condizionata da estri e umori che nemmeno il più freddo e navigato coach avrebbe potuto arginare. Si sono trovati contro una squadra di medio profilo, come la Germania, che sfruttando tutte le vistose carenze argentine ha impartito una lezione de futbol difficile da dimenticare. Altrettanto dicasi per la sciamannatissima Italia che, se anche avesse avuto un tecnico meno arrogante e più umano, non sarebbe andata molto oltre i suoi meriti.
E via escludendo, anche la capelliana Inghilterra non prometteva nulla di buono, senza ricambi e con poche vecchie glorie sazie di successo. Superate le secche delle immancabili outsider, non restavano che Spagna ed Olanda che avevano fatto bene nelle qualificazioni, motivate da una fame di mundial, traguardo mai tagliato.
Come ha ben detto qualcuno, avremmo fatto meglio ad individuare per tempo il nostro animale saggio. Ci saremmo risparmiati di mandare in Sud Africa quella pletora di sedicenti saggi ed opinionisti che hanno impunemente pascolato sui nostri schermi pesando sull'erario - quindi a spese di noi contribuenti - quanto mezza manovra finanziaria.

mercoledì 14 luglio 2010

il nuovo che arretra


C’è un’associazione nazionale, con forte radicamento anche nei territori regionali. Si chiama ACDP, acronimo che sta per Associazione Caduti dal Pero. Incalcolabile il numero dei soci, ogni giorno crescente. Tutti col distintivo in fronte, il bernoccolo che testimonia della repentina caduta. A dimostrare inequivocabilmente che anche loro si sono staccati dal ramo e battendo a terra hanno ripreso a vedere le cose che erano sempre state davanti agli occhi di tutti, ma che per un qualche recondito motivo erano sottratte alla loro visione. Un nome emerge su tutti per rilevanza istituzionale: Stefano Caldoro, neo governatore campano. Infatti, il giovine tenebroso presidente si è d’improvviso reso conto che tra le sue falangi c’è un diffuso puzzo di marcio. Ma, ci chiediamo, quando faceva campagna elettorale non si era mai accorto di essere accompagnato da un mondo (a)variato di sostenitori. Nello sforzo del momento, pur di buttare giù l’avversario di turno, distratto anche lui come il povero Scajola, non aveva fatto caso che il suo consenso cresceva grazie a patti con ogni specie di personaggi. Molte di queste intese passavano probabilmente senza un suo controllo diretto. Ma alla fine, il beneficiario .. finale restava lui. Che avrà pensato dentro di se, magari senza neanche ammetterlo fino in fondo: “se la vita politica nazionale si ravviva solo per i gossip sull’ultima fiamma del capo, chi vuoi che si accorga che il mio voto è condizionato dalla mala, dalle cricche locali, da piccoli e malsopiti mal di pancia? E poi, peggio di Bassolino potrò mai fare? A volerci provare è quasi impossibile. E allora andiamo avanti, magari scansando sul percorso solo le dejezioni più grandi”.

giovedì 8 luglio 2010

Le truffe per veri furbi e gonzi

Da circa venti anni nel mondo si sono diffuse comunicazioni truffaldine destinate di solito a gente comune. Dapprima via fax, poi via mail, nel corso degli anni è stato diffuso un messaggio in lingua inglese che ha identica struttura di base, sia pure articolato in tante varianti. In sostanza si dice: "abbiamo avuto il suo nominativo come quello di un soggetto affidabile; sono (o siamo) un funzionario pubblico dello stato... ed abbiamo depositato in maniera illecita un forte quantitativo denaro. Le restrizioni valutarie del nostro stato ci impediscono di trasferire questo denaro all'estero. Ci serve pertanto la sponda di un rapporto bancario in un Paese diverso dal nostro per poter trasferire questa ingentissima somma. Qualora il destinatario sia disposto ad offrire le proprie referenze bancarie gli riserveremo il dieci (quindici/venti) per cento di quanto accreditato."
Chi riceve questa allettante proposta ha di solito riserve e perplessità. Normale chiedersi che cosa ci sarà sotto? Poi la trafila consueta. Si va dall'amico in banca ovvero da un avvocato che conosca l'inglese e si affrontano i rischi connessi che, almeno nella prima fase, sembrano inesistenti perché viene richiesto soltanto di comunicare conto corrente e banca.
E allora l'ingordigia e la curiosità prevalgono e si comunicano i dati richiesti. Con una tempestività eccezionale i maghi della truffa rispondono che non ci sarà alcun problema e che comunicheranno in tempi brevissimi le coordinate dell'accredito. Che arrivano attraverso moduli creati artificialmente che dimostrano l'avvenuta intestazione dei fondi (50, 100, 150, o 500 milioni di dollari USA), a nome della "vittima", presso la banca dove si dice che siano depositati i fondi. A questo punto il titolare del conto deve solo chiedere alla banca estera il trasferimento.
In questa fase, i truffatori bombardano la vittima di comunicazioni: "sta andando tutto bene, i fondi sono già stati inviati.. però ci vorrebbe una spintarella ad un bancario o ad un funzionario di ministero. Bastano 10 mila dollari e i fondi arrivano entro 24 ore."
L'ingorda vittima, vero furbo ed autentico gonzo, segue le indicazioni dei truffatori. Allettato dall'ingente sperato guadagno, trova la somma richiesta e la invia secondo le direttive dei burattinai.
La truffa è fatta!
Negli ultimi venti anni pare che circa un milione di persone abbiano abboccato a questa procedra fraudolenta che normalmente va sotto il nome di "truffa nigeriana", perché all'inizio lo schema base prevedeva funzionari dell'ente petrolifero nigeriano che dicevano di aver accantonato somme con sovrafatturazioni di greggio. Non ci sono però statistiche attendibili, perché, comprensibilmente, molte vittime hanno evitato per la vergogna di denunciare l'accaduto.
Dicevo di centinaia di sofisticazioni ed evoluzioni dello schema iniziale. Eredità di vecchie suore, di parenti in Brasile e Argentina. Quello che certamente non manca è la fantasia degli ideatori e dei loro emuli che hanno perfezionato "pacchi" sempre più elaborati e credibili.
Con l'evoluzione tecnologica si è sviluppata la truffa di vendite sul Web.
In uno dei tanti mercatini di compra-vendita su internet offriamo un oggetto di casa che non ci serve: ad esempio uno strumento musicale antico. Corrediamo l'offerta con qualche foto.
A brevissimo giro arriva una mail che ci dice che l'oggetto piace, con richiesta di prezzo.
Alla nostra precisazione del quantum arriva una rapidissima replica. Il prezzo è stato accettato e il nostro corrispondente ci rivela di essere un intermediario, che vive di questo commercio. Tratta per conto di terzi interessati che hanno apprezzato quanto noi offriamo. Non ci dovremo perciò sorprendere se riceveremo un assegno - non si parla mai di accredito - di importo superiore. La differenza tra l'importo dell'assegno ed il prezzo da noi stabilito sarà il guadagno dell'intermediario che dovremo rimettere su un certo conto.
E l'assegno arriva, tratto su una esistente banca estera, - di solito inglese, irlandese, scozzese
- di importo tre o quattro volte superiore a quanto da noi richiesto. Ci dicono i truffatori che basterà versare sulla nostra banca l'assegno e contemporaneamente fare il bonifico per la differenza. Per chi non abbia dimestichezza con il mondo delle banche è bene precisare che le banche del Regno Unito possono stornare l'accredito effettuato anche sei mesi dopo l'accredito.
Capita così, inevitabilmente, lo storno dell' intero importo dell'assegno al quale il povero correntista non può opporsi. Nel frattempo il triplo o quadruplo del prezzo pattuito è volato via all'estero verso lidi sconosciuti ed inarrivabili.
Questi ingegnosi ideatori di meccanismi truffaldini meritano la nostra considerazione per la fantasia e la creatività. Ma non la nostra ingorda fiducia!

domenica 27 giugno 2010

Il coraggio della conoscenza

Vale la pena di riflettere sulla propria vita? O forse è meglio affrontare i giorni senza pensarci, spinti soltanto dalla propria carica vitale? Due posizioni diverse certo, ma con intrinseche dignità ideali che vanno riconosciute. Confesso, da presuntuoso e da superbo quale sono, di non aver provato in vita grandi invidie per altre persone umane. I soldi, il potere, il fascino, la saggezza? Ciascun elemento ha aspetti favorevoli e nel contempo un controcanto pesante. Possedere una grande ricchezza economica significa sacrifici ed ansie per accumularla e per proteggerla. Una posizione di rilevanza politica comporta enormi rinunce in termini di libertà personali e l'abbandono di molti scrupoli. Un aspetto esteriore lusinghiero ha dietro di se un regime di vita talvolta austero, ovvero un continuo ricorso agli aiuti ed ai rischi della chirurgia. E pure dietro alle figure dei grandi saggi si nascondono gli scheletri di tanti errori personali, spesso pagati ad prezzi altissimi di inquietudini e malesseri.
Però devo riconoscere che ho sempre ammirato una categoria umana, con gli occhi di chi guarda il dolce incollato alla vetrina della pasticceria: quella degli ardimentosi. Si, resto affascinato da chi ha un senso del nuovo e dello sconosciuto e lo affronta con il piacere della scoperta. No, non parlo di chi cerca ogni giorno un'emozione nuova e non riesce a sentirsi vivo senza grandi impatti emotivi. Parlo dell'uomo che riconosce nei fattori esterni un limite alla propria conoscenza e per questo rischia, in proprio, per superare quei vincoli e magari insegnare ad altri uomini che ciò che sembrava impossibile può essere affrontato. Passano attraverso teste così le grandi scoperte dell'umanità ed il senso vero di essere soggetti degni del fantastico regalo della vita.

venerdì 25 giugno 2010

Voci dal silenzio

Non scrivo. Il mio blog è muto da parecchio. Dovrei chiedermi il perché. Ma deve essere un periodo di mancanza di voglia. E non vado oltre. Chiedersi troppo di se stessi non credo sia producente.. L'età avanzata serve anche a questo, ad accettarsi per come siamo. Con i nostri periodi di slanci e e furori; ma anche con fasi di vuoto e di poca voglia. Per stare sempre in tiro, ci vorrebbe forse .. un tiro? Meglio non saperlo e oscillare tra svogliatezza ed entusiasmi. Imparando anche ad apprezzare il gusto del non fare. Di vedersi passare il tempo addosso senza reagire troppo. Scoprire che anche i nostri piccoli vizi mentali sono caratteristiche di una personalità. Così si doma anche l'ansia da prestazione che sta dietro tutte le nostre azioni. E' vero! Si può anche optare per gli infiniti grigi della gamma di una vita. Che non nascondono nemmeno piccole soddisfazioni. Nascondersi per un periodo, per quanto gli altri te lo consentono, produce una forma di contentezza silenziosa. Il resto del mondo sta dall'altra parte e tu lo guardi, cauto e furtivo, evitando di mostrarti troppo. Pensate ad un gatto, animale meraviglioso per il suo senso pratico e perché non soffre di inutili nevrosi. Ti cerca se ha bisogno, ma per il resto della giornata si nasconde, difendosi da tutte le scomode convenienze della convivenza con umani. E miagola il giusto, senza mai cercare il rumore autentico, con una sordina naturale che è la misura della sua intelligenza. Se gli va, ti fa pure le fusa, in modo apparentemente compiaciuto. Ma non si concede oltre quel preciso certo limite che l'innato senso della dignità gli suggerisce. Sono troppo scioccamente umano per arrivare a queste vette di comportamento. Ma ci si può provare, tempo residuo permettendo.

lunedì 31 maggio 2010

non li cercate più!


La nostalgia. Che sporca canaglia! Ma certe volte prevale quel ricordo che ti spinge alla ricerca dell'amico perduto. Perduto o nascosto? Non lo sapremo mai fino al momento fatale. Attraverso una di queste intriganti magie della modernità è ora più facile arrivare a rintracciare un numero. Sarebbe forse giusto chiedersi che cosa ti ha spinto a questo genere di ricerche. E poi perché a te non ti cerca mai nessuno. Domande senza risposte, ovvero risposte che devi intuire dall'evolversi di queste iniziative.


Più o meno un anno fa chiamo a telefono un amico, magistrato a Palermo, con il quale all'età di 23/24 anni, avevo diviso un intero difficile anno di preparazione ad un concorso. Da quel periodo una sola telefonata nel 1982. Più niente. Avevo letto sulla stampa di sue difficoltà per aver condotto le indagini del filone mafia-politica contro il divo Giulio Andreotti, che, al solito, era uscito indenne dal procedimento, ma che, immediatamente dopo, aveva fatto terra bruciata intorno ai suoi nemici.


Era stato davvero faticoso rintracciarlo, mezze parole del Ministero, poi finalmente ottengo il numero. Di lui, fino a quel momento, avevo avuto notizie imprecise. Mi era pure stato detto che in occasione di una sua ispezione a Santa Maria Capua Vetere aveva incontrato un avvocato napoletano. Parlando del periodo di studi trascorso a Napoli aveva chiesto di me. Nel frattempo, da parte mia avevo chiesto di lui ad un magistrato di Roma che incontro ogni anno a Bella. Numero, telefonata. Ciao, come stai? Sono ... Dopo le prime parole confuse mi sembrò contento di avermi risentito. Mi disse che aveva abbandonato la perfida Roma e che si era stabilito a Palermo, città natale. Scambio di informazioni sui figli, sulla condizione fisica. Congedo con promesse di risentirsi. "Se vieni a Palermo fatti sentire. E' difficile che io venga a Napoli. Ma, non si sa mai..." Fine delle trasmissioni. Da allora più niente. E così resterà.


Caso numero due. Cerco un amico di gioventù, scombinato e pazzo la sua parte, ma divertente. Così almeno mi sembrava di ricordare. Anche qui la ricerca è infruttuosa fino a Facebook. Nella "piattaforma sociale" più amata al mondo, digitando nome e cognome, vedo una faccia, è la sua. Con la barba bianca, ma è lui. Scomparso da Napoli per motivi igienici, inseguito da creditori di mezzo mondo. Gli scrivo su FB e mi chiama. Prima telefonata neutra, con notizie generiche. Poi lo richiamo e alla fine di una conversazione assolutamente amichevole, mi rivela il perché non si era fatto sentire in tutti quegli anni. Ripercorro l'episodio con la mente. Una di quelle stronzate col botto. E mi pento improvvisamente di averlo cercato. Troppo deficiente! Da ragazzi, ci si poteva pure passare, facendosi un risata. Ma a sessanta anni no! E' giusto selezionare i propri amici in base alle affinità, alle sensibilità comuni. La nostalgia? Ma che vada pure a farsi fottere!

sabato 17 aprile 2010

riaffiorano versi dimenticati

Può capitare a molti di scrivere una poesia o a tentare di dare vita ad una canzone. Capita specie a quelli, fortunati come me, che quasi senza accorgersene nel corso del tempo hanno imparato a suonare uno strumento. Forse suonare è una definizione audace, dovrei dire piuttosto a farmi compagnia con la chitarra. Ma per me fa lo stesso. Non mi devo esibire se non da qualche amico di buona volontà che cade nella trappola e mi dice: "stasera porta lo strumento". E allora mi sfogo con le mie nenie più o meno riuscite. Quasi tutte beguine, ritmo a me gradito assieme al samba. Ma a un chitarrista precario come me non poteva mancare un direttamente proprorzionale estro creativo. E così, cominciando dagli anni giovanili, pagine dalla grafia incerta rivelavano amori più immaginati che vissuti. Quaderni che sono giustamente scomparsi in traslochi e sistemazioni di case. Se però resta un foglio,, la nostalgia lo salva. Con danno di musica e poesia ma anche con la soddisfazione postuma di essere stati giovani "sensibili". Chissà se è vero. Intanto il testo, in un napoletano che denuncia le mie origini borghesi. Di cui mi vergogno soltanto il giusto.

" E na notte senza suonne
me rimane sulo tu
st'uocchie tuoie che vanno 'nfunno
addo nunn e vveco cchiù
simme state vere amante
senza manco ce tuccà
ce bastava l'illusione
e po' manco chella lla
n'coppa a porta me diciste
siente: io nun c'a faccio cchiù
e na lacrima è rimasta
come l'ultima risposta
senza manco addimmannà"

Nostalgia fa rima con patetico? Può darsi. Ma è comunque un conforto.

giovedì 8 aprile 2010

Più stupidi o più cattivi?

I luoghi comuni sui napoletani si sprecano: gente di cuore, intelligente, con un innato senso dell'umorismo, portata per la musica, la poesia e in generale per l'arte, buongustaia in cucina. Tutti stereotipi che meritano qualche approfondimento. Usando i dati dell'archivio del Ministero dell'Interno, la provincia di Napoli è insieme a quella di Caserta, quella dove avvengono più omicidi, dove ci sono i fatti sangue più efferati. Cifre aride ed innegabili che non fanno parte di prevenute opinioni dei detrattori. Altro dato sintomatico: la regione è quella con il più basso livello di donatori di organi, un indice di mancanza di generosità che non ammette repliche. Ma certo non si potrà negare l'intelligenza.. E anche qui occorre mettersi d'accordo sui termini: quella dote, primario motore dell'evoluzione umana, non può essere confusa con un'altra, apparentemente simile, la furbizia. Certo in una terra di miseria la necessità di arrangiarsi fa aguzzare l'ingegno per tirare la giornata (la "campata"). Ma non può essere questa improntitudine che nasce dallo stato di necessità a regalare l'etichetta di intelligenza ad un popolo. Basta vivere con serena attenzione in questa città. Vedrete di tutto: traffico stupido ed insulso, piccoli e grandi abusi edilizi per guadagnare spazi irrisori; continue truffe sul peso e sulla qualità delle merci, senza nessuna possibilità di controlli delle autorità. Direi che i nostri vigili urbani rappresentino la sintesi più appropriata di questi spazi civici. Forse generalizzo, ma la tentazione è fortissima, viste l'incapacità e la sciattezza della maggior parte degli addetti di polizia municipale. Gli ultimi musicisti napoletani degni di tal nome fanno parte di generazioni passate. Resta ancora qualche ottuagenario formato alla scuola del Conservatorio. I musicisti italiani vengono ora da altre parti d'Italia, così come i pittori, gli scultori, gli altri artisti di respiro nazionale. Da ultimo a Napoli - forse più che nel resto della regione - si mangia male quasi dappertutto. I ristoratori utilizzano condimenti e materie prime di basso livello per conseguire profitti più alti. Insomma un paradiso frequentato da demoni.

sabato 3 aprile 2010


Alla fine di una campagna elettorale vischiosa e condotta senza scrupoli da parte delle due maggiori forze politiche gli elettori si sono espressi. Anche non andando a votare. Forse soprattutto astenendosi. Se un italiano su tre ha considerato il voto poco utile o fastidioso, manifestando così la sua protesta, ci devono essere ragioni serie. I motivi sono davanti ed intorno a noi. Livelli di vita insufficienti per troppi, disoccupazione ed inoccupazione diffuse ovunque, difficoltà a far quadrare i conti delle famiglie. Situazione complessiva che riguarda una fascia larghissima di popolazione. Intanto, una percentuale pari al 10/15 per cento degli italiani vive invece benissimo e nella opinione del pubblico di questa fetta agiata della torta italiana fanno parte i politici, gli imprenditori di tutti i settori legati alla politica, i vari livelli di boiardi statali, regionali e comunali. Ci sarebbero le premesse per una guerra civile tra le classi. Ma nello spirito nazionale prevalente è la caratteristica della ignavia, le masse si muovono soltanto dietro le bandiere del presunto tifo sportivo, mentre la mission nazionale resta sempre e soltanto la "pagnotta" pronta e subito. I nostri bamboccioni potrebbero scendere in piazza solo se gli levassero il telefonino e la paghetta periodica. Proprio i nostri giovani, che sono i più danneggiati da questa morta gora senza slanci, senza rigurgiti di dignità. Illusi a sostare in interminabili parcheggi di finti studi, finte specializzazioni ed illusori posti di lavoro. Precari per sempre, senza alcuna forma di previdenza o assistenza, destinati a ricevere all'infinito il sostegno delle famiglie. All'età di 34 anni, con una quota di aiuti familiari e grazie a risparmi (!) di lavoro, insieme a mia moglie che all'epoca di anni ne aveva 26, siamo riusciti a comprare una bella casa a Napoli. Penso a che cosa potrebbe fare oggi una giovane coppia animata dallo stesso proposito. Poniamo un reddito familiare complessivo di circa 2.000 euro. La risposta è sicura. Niente di niente, oppure immani sacrifici ed una casa minima in una periferia sperduta. C'è qualcuno che possa affermare che la vera priorità di questo benedetto Paese non è quello di garantire i privilegi a chi ce li ha già. E questo immaginario uomo politico può impegnarsi ad invertire la tendenza inventandosi qualcosa di concreto perché ci siano lavori stabili per i giovani. E aria per i loro sogni, per le loro speranze di non vivere in un Paese dove contano, in ogni senso, solo i vecchi. Lo aspettiamo per seguirlo. Costi quello che costi.

lunedì 29 marzo 2010

elezioni e ragionamenti


Sono stato a Bella, mio paese del cuore oltre che della ragione. Per votare, a parte qualche momento di relax tra piante ed odori graditi. Piaceri che non tramontano. Intanto il piccolo alveare del Paese sciamava intorno all'edificio del seggio elettorale. Con i soliti bottinatori, le api operaie e rarissime regine. I discorsi si muovevano intorno agli argomenti di sempre, anche se con le articolazioni che il caso rendeva necessarie. In particolare venivano scrutinati con attenzione speciale i candidati di casa, i loro vizi, i possibili pregi. E si dibatteva su come avessero condotto la campagna elettorale; metodi spregiudicati, promesse, questua del voto, legami familiari attivati. Con tutte le combinazioni possibili. E di seguito, l'analisi dei veti incrociati, delle amicizie trasformatesi in rivalità: quanti veleni sparsi in modo apparentemente occasionale, ma sullo sfondo emergevano strategie di imprevedibile acutezza. Certo in un piccolo centro mancano quasi completamente gli strumenti della grande comunicazione, rivelandosi marginale l'apporto di stampa, televisione o della radio. A sorpresa o quasi, pare sia cresciuto invece il supporto degli altri mezzi informatici. Migliaia di sms hanno dato contenuto al sostegno per i vari candidati. I più sosfisticati hanno imboccato la strada di facebook, strumento destinato in prevalenza alle fasce giovanili di popolazione. Attivati gli exit pool, con esperti capaci di formulare previsioni con margine minimo di errore. Poi arriverà lo spoglio dei voti con lo strascico di piccole e grandi polemiche, ma finirà pure questo momento di reale attività del Paese. Basta visite, pranzi, cene, comizi, incontri elettorali. Per restituire tutto alla dimensione solita dei discorsi da bar o da panchina.

venerdì 26 marzo 2010

assalto alla bananiera del PDL

Stanno sbarcando dalla "fregata" PD e passano in massa sulla "bananiera" PDL: fantastiche notizie per i cittadini campani. Dalla stampa hanno appreso che ad una riunione di appoggio al candidato della destra alla Regione Campania hanno partecipato molti medici e dirigenti sanitari pubblici e privati in passato di "area" PD. Gruppo ora rapidamente confluente dall'altra parte (?) dello schieramento politico regionale. A chi non conoscesse bene le ragioni di così massiccia e rapida migrazione forniremo un tentativo di spiegazione. La sanità campana è stata da sempre un feudo DC, con lievissimi cedimenti di segno minore in favore del PSI craxiano. In seconda repubblica, il nucleo demitiano dei successori DC , nel marasma creatosi in quei giorni di gravi incertezze, si appropriò della roccaforte non concedendo spazi a chicchessia, ma marcando militarmente tutto lo spazio regionale. Nomine di dirigenti USL e poi ASL, incarichi a primari, promozioni di ogni ordine e grado e soprattutto le convenzioni, da quel momento ebbero bisogno dell' imprimatur o del gradimento degli uomini irpini dell'ex segretario della balena bianca. Dopo la iniziale gestione Mazzeo, si passò a quella di Montemarano, medico irpino anche lui, che divenne in breve il reuccio della sanità campana. Con il passaggio della quota ex partito popolare al PD avvenne il travaso di quel tesoro nell'area bassoliniana. Chi la vittima e chi il carnefice? Difficile dirlo, specie quando la torta è di proporzioni enormi ed attira appetiti di soggetti voraci. Ricordiamo che la giunta Bassolino è andata in crisi per la questione spazzatura, ma che i veri focolai di lotta erano sugli spalti della sanità, nucleo dorato del bilancio regionale. Costretto a furore di popolo all'allontanamento di Montemarano, Antonio Bassolino ha di fatto perso tutta la protezione a destra del suo già sbilenco schieramento. E così, il buon cane (Montemarano) da pastore (De Mita), sentitosi estromesso dal nucleo che conta, ha ben pensato di portare i propri onusti labari al nuovo che arriva, cioè a Caldoro. Con lui tutte le pecore: primari, dirigenti e proprietari di cliniche, dirigenti di strutture sanitarie pubbliche. Un transito impetuoso che visto dal di fuori potrebbe sconvolgere i poveri cittadini, ma, che tenuto conto del lardo che continua a colare dalla brace della sanità, ha precise e sostanziose ragioni di essere.

mercoledì 24 marzo 2010

Compravendita del voto


Quanto vale un voto? E il mercato dove è localizzato? C'è un listino prezzi con varianti legate ai vari momenti della competizione? Da sempre, in questa sfortunatissima città, il voto di alcune decine di migliaia di cittadini è oggetto di libero scambio. Al miglior offerente, potremmo dire o forse al peggiore. E' così da tempo immemorabile. La scarpa destra prima del voto e la sinistra dopo l'elezione fu la geniale trovata del marketing del "comandante" Lauro. I pacchi di pasta, due litri d'olio, il seguito democristiano della stessa trattativa. Sembra la cronaca del dopoguerra con immagini di una popolazione con le tessere annonarie. Quella guerra per una non trascurabile parte di cittadinanza non è mai finita e lo stato di necessità permanente è l'unica certezza di esistenze per il resto assolutamente precarie. A questo target di elettori è facile porre un do ut des. Un giorno o una settimana di viveri o più semplicemente una mangiata, sono argomenti di insostenibile validità. Negli ultimi trentanni le facce degli intermediari sono sempre le stesse: hanno fatto il giro delle chiese DC, PSI, PSDI, Forza Italia, AN, DS, e successori, ma gli esperti del mercato del voto restano quelli. Qualcuno tenta di salvare le forme, in un rigurgito di decoro, con appuntamenti coperti. Altri, più apertamente, ricevono le file di petenti con la mazzetta dei soldi in mano. Quasi a far capire che da quella mano viene il pasto del giorno. E se in tempi di prima repubblica bastavano 50 mila lire, il listino si è ora adeguato all'euro: da 50 a 100 per ciascun voto. E il controllo dell'operazione? Capillare e sicuro; non sfugge un voto a chi opera in un certo settore, altro che sondaggisti a cottimo di questo o quel capobastone. L'operatore di mercato elettorale conosce con certezza matematica chi voterà secondo gli impegni; accettando persino per motivi di opportunità qualche sgarro, fisiologico scostamento rispetto a calcoli precisissimi. Quando finirà tutto questo? Basteranno le indagini severissime che partono in coincidenza di ciascuna tornata elettorale? Potremmo azzardare soltanto che appena finirà la miseria scomparirà anche la necessità di vendersi quel minimo spazio democratico che il voto rappresenta. Lo vedremo mai?

martedì 23 marzo 2010

ma sarà vero?


L'attuale clima politico sembra respirare a pieni polmoni la propria ispirazione dalle atmosfere calcistiche. Allo spettatore/elettore non si richiede di assistere o partecipare ad un evento sportivo. Si pretende piuttosto la sua partecipazione vociante in forma di coro da ultras alle imbeccate del politico di riferimento. Che cosa è rimasto di un messaggio politico forte ed illuminato, ma dai toni pacati, come quello di Enrico Berlinguer? Che fine avrà mai fatto il ragionare di forme di stato e di alternative tra le forze sociali? Finito tutto verosimilmente nel nulla! Le campagne elettorali si fanno per mesi tramite i media, articolando gli interventi medi o forti attraverso figuranti speciali che devono la loro ragione di sopravvivenza a quella funzione esclusiva. Poi negli ultimi giorni, sotto la pressione dei sondaggi pre-elettorali, si armano le piazze. I partecipanti delle adunate sono mille, diecimila, o un milione: poco importa. Quello che serve è il kit del perfetto dimostrante. Sciarpe, fischietto, cappelletto a colore, sciarpa e striscione. L'urlatore sul palco griderà delle frasi concordate e il capo clacque darà il via alle masse urlanti. Via questo, a morte quell'altro, i nemici sono quelli con la faccia squadrata; gli amici hanno le orecchie lunghe. E giù un profluvio di boati, di consenso o di esecrazione. Questa è la faccia della politica degli anni nostri. Non c'è il minimo accenno alla posizione dei problemi, all'individuazione delle esigenze di comunità nazionale o locale. C'è solo lo sberleffo all'antagonista; la promessa di fagliela pagare sempre più cara.

martedì 16 marzo 2010

la parola a chi?


Mi sono posto più volte la domanda a chi sia effettivamente destinato lo spazio "la parola ai lettori" di Repubblica Napoli. L'interrogativo nasce dall'utilizzo della rubrica che in più di una occasione mi è sembrato improprio. Prendo le mosse da quella che è una certezza: la scelta di che cosa pubblicare rientra tra le irrinunciabili prerogative editoriali. Punto e a capo, si potrebbe dire, e discussione conclusa. E invece no. Perché quello spazio viene presentato come la parola ai lettori, un ambito speciale che l'autonoma scelta dell'editore ha riservato espressamente a chi legge e sostiene quella pubblicazione. Che cosa succede nella pratica? Troppo spesso leggiamo lettere che contengono dibattiti con tesi e precisazioni di categorie, consorzi, professionisti, di politici locali e sindacalisti. Cioè di soggetti che hanno la possibilità, oltre che i collegamenti necessari con la redazione, per vedere pubblicati articoli con firma e qualifica in calce. Ma non lettere. E' certamente vero che non tutte le corrispondenze dei lettori assurgano a profili e portata generale. C'è chi si aggrappa alle lettere per dimostrare a se stesso di essere ancora in esistenza; chi racconta la storia minima del cane che sporca la strada; chi sfoga la frustrazione di non essere l'allenatore del Napoli; chi ci ricorda periodicamente di quanti siano i disconosciuti meriti (?) dell'aristocrazia napoletana; chi non ce la fa più alle code degli uffici. Per fortuna non sono tutte di segno minimo. Non di rado vengono affrontati temi e questioni degni di voce e di luce. E così viene riaffermato il diritto di cittadini qualsiasi, senza etichette, nomi composti e carte intestate altisonanti, a dire che ci sono anche loro e che forse anche grazie al loro spontaneo apporto quel giornale, oltre che prosperare, riceve idee e spunti di dibattito non omologato.

martedì 9 marzo 2010

una coppia giovanissima in metrò


Alla stazione di piazza Dante della collinare. Mi siedo di fianco a loro in attesa del treno. Lei 16 anni circa, non bellissima, ma con personalità, seduta in braccio al giovanottello, poco più grande. Non posso non sentire il dialogo, al limite del comprensibile, un misto tra gergo giovanile e espressioni dialettali, forse della zona Marano/Chiaiano. Lui racconta di aver visto qualcuno e lei improvvisamente si irrigidisce, fa la sostenuta. Dopo qualche secondo di tentativi, lui assume arie da uomo tosto, minacciando di andarsene, non prima di averle ricordato le peripezie affrontate in giornata pur di vederla. Lei si scioglie e lo abbraccia. Arriva il treno e ci sono due posti liberi. Uno per me, l'altro per la coppia, sempre lei seduta in braccio al maschietto. E lui racconta della mattinata in ospedale dove, dopo vari tentativi, è riuscito a trovare il reparto che lo interessava. Numero 19 della lista, ha atteso molto, infreddolito, quando lo hanno fatto entrare. E senza altro dire, il medico gli ha intimato di abbassarsi i pantaloni. E lui riferiva del suo imbarazzo.. proprio la davanti a tutti. Riesce finalmente a dire al sanitario del suo problema: un testicolo che presenta un ingrossamento o rigonfiamento anormale. Qui finisce la nostra storia, o meglio la mia. A piazza 4 giornate scendo e lascio i due ragazzini alle prese con i loro problemi e le loro facce perplesse. Ho ripensato al loro modo di fare, alle cose che indebitamente avevo sentito, alla dinamica di quel rapporto. Non diversa da quella dei loro genitori o avi 25/50/70 anni prima. Cambiano le cose esterne, c'è un treno che attraversa la città in minuti, un telefono che ci tiene in contatto con l'esterno. Ma il mondo di quei due ragazzi mi ha fatto tenerezza. Speriamo bene per loro ed anche per il resto della società.

venerdì 5 marzo 2010


Cose che con gli Iphoon album non esisteranno più. Cose degli anni ’80 e di quelli degli anni ’80. Una generazione che, come tante prima e dopo, ha collezionato le figurine. Ma l’unica che può vantarsi di aver desiderato la figurina di Maradona. Perchè era una carta astratta, un mito. La figurina del più grande giocatore di tutti i tempi. Inconfondibile, con quei ricci che coprivano metà dell’inquadratura sopra l’azzurro targato Cirio, Buitoni, Mars. Ma non usciva mai. Pochi sanno che era in edizione limitata. C’è chi l’ha scoperto da poco e chi ancora non ci crede. Per il sospirato rettangolino di colla e carta con l’effigie del Pibe de oro bisognava aspettare, nel migliore dei casi, fine stagione. Tranne qualche raccomandato dalle stelle e dal caso, che riusciva a trovare Dieguito già dai primi giorni, quando passavano davanti scuola i rappresentanti Panini a regalare il raccoglitore e le prime stickers. Per invogliare all’acquisto e creare astinenze, come dei pusher. E si diceva che fosse scientifico che Maradona capitasse in solo una o due bustine sulle mille spettanti ad ogni istituto. Per creare casi di mercato ed aumentare il potere d’acquisto. Per il resto dei mortali, non c’era niente da fare. Non valeva la legge dei grandi numeri: neanche la misura di dieci pacchetti comprati, dopo un investimento di ben duemila lire, poteva garantire la Sua figurina. Al massimo uno scudetto del Napoli, o un doppione di Careca con cui acquisire forza contrattuale al mercatino degli scambi. O, se ti andava di tentare la sorte, ai giochi di abilità. Nella galassia dei banchi di ultima fila erano vari i giochi con cui potevi aumentare il capitale di figurine senza andare in edicola. Anzi, ad un certo punto l’album e il suo completamento non erano più il fine ultimo della collezione. C’era da giocare, e da vincere il titolo della classe come miglior figurinaro dell’anno.
Il re dei giochi era Mignolino. Per giocare "a mignolino", si mettevano sul banco due figurine; chi riusciva, dopo ripetuti urti, a fare girare le due carte contemporaneamente, se le prendeva entrambe. Arbitri e Probi Viri controllavano il corretto svolgimento dell’azione, specie nel suo finale. Quando lo sconfitto tentava di strappare la sua carta ed evitare la perdita con una fuga vergognosa ma redditizia. Tuttavia, il mignolino era una pratica fisica, pressochè sportiva, e, diciamo la verità, cavalleresca. Insieme alla sua versione liofilizzata e spettacolare detta lo “sbattone”, consentiva la vittoria di una sola carta per volta e poteva durare ore. Dunque lo si faceva per pura passione agonistica, era in voga tra gli amanti del bel gesto e del colpo ad effetto.
Per i malati dell’azzardo, le discipline erano altre. C’era “Numero”, una sorta di pari e dispari in cui si sommavano le ultime cifre comparse sul retro delle figurine, dopo preventiva scelta. Anche questo permetteva l'entrata di una sola “figu” alla volta, ma era più veloce. E bisognava coprire le carte, perché gli esperti erano capaci di individuare da un millimetro quadro dell’immagine il giocatore, e quindi il numero di appartenenza. Chi voleva capitalizzare davvero, invece, doveva darsi alla “lettera”. La regola era semplice: si ponevano le figurine in un piccola pila preselezionata, senza possibilità successive di modificarne l’ordine. E si scartavano una per volta, come una roulette russa. Si aggiudicava l'ammontare chi cacciava il nome di un giocatore con la stessa iniziale del precedente. In palio anche dieci figurine a partita, con collassi dello sconfitto e momenti di gloria per il vincitore. Per le sue caratteristiche da bisca, era inviso ai professori e fuori dai regolamenti ufficiali delle federazione T.i.f.o (Torneo interscolastico figurine organizzate). Ma aveva il fascino del brivido, e della clandestinità. Praticato com’era nei bagni all’intervallo, o sullo scalone di scuola all’uscita, fuori dagli sguardi di insegnanti e genitori preoccupati della piega illegale dei piccoli discenti. Resta da dire che era possibile solo all’epoca: quando la Serie A consentiva massimo tre stranieri per squadra, e poche probabilità di imbattersi in giocatori che iniziavano con la K.
Giovanni Chianelli

giovedì 4 marzo 2010

Come affrontare il lutto


Nell'anticamera di uno studio medico di solito la gente è raccolta su se stessa. Pensa ai guai suoi, magari seri. Occasione per scambiarsi brandelli di umanità, una parvenza di sensibilità sociale. Me ne stavo quieto a leggere il mio quotidiano, soffermandomi sull'"amaca" di Serra. Al mio fianco una "sciuretta" che si affannava tra le foto a colori di un giornale di "gossip", molto presa dal dramma di una delle solite "note", straziata dalla dipartita della amata gattina "Fifì". Sono un amico dei gatti, animali che trovo straordinari per indipendenza e personalità. Mi sono anche chiesto che cosa avrei provato se il mio "Zuchino" mi avesse lasciato. Sono quasi certo. Non sarei andato oltre una silenziosa elaborazione del mio lutto. Diversa la reazione della diva coscialunga, che ha versato lacrime davanti ai fotografi. E tutto poteva finire così. Ma la lettrice del sacro testo, alzando gli occhi, mostrandomi l'articolo ha preteso la mia "sympathia" allo strazio della sventurata attrice. Ho laconicamente risposto che in questo momento ci sono molti fatti tragici nel mondo e tanti problemi più seri. Ha incassato, ma dopo un minuto ha rotto il silenzio :"Ma che mi potevo attendere da uno che legge un giornale del genere.. " Subito sostenuta da un signore benpensante : "lasciatelo perdere, farà parte anche lui della cricca al potere". Sono stato bravissimo, mi sono alzato, li ho salutati e ho atteso in piedi il mio turno di visita.