sabato 17 aprile 2010

riaffiorano versi dimenticati

Può capitare a molti di scrivere una poesia o a tentare di dare vita ad una canzone. Capita specie a quelli, fortunati come me, che quasi senza accorgersene nel corso del tempo hanno imparato a suonare uno strumento. Forse suonare è una definizione audace, dovrei dire piuttosto a farmi compagnia con la chitarra. Ma per me fa lo stesso. Non mi devo esibire se non da qualche amico di buona volontà che cade nella trappola e mi dice: "stasera porta lo strumento". E allora mi sfogo con le mie nenie più o meno riuscite. Quasi tutte beguine, ritmo a me gradito assieme al samba. Ma a un chitarrista precario come me non poteva mancare un direttamente proprorzionale estro creativo. E così, cominciando dagli anni giovanili, pagine dalla grafia incerta rivelavano amori più immaginati che vissuti. Quaderni che sono giustamente scomparsi in traslochi e sistemazioni di case. Se però resta un foglio,, la nostalgia lo salva. Con danno di musica e poesia ma anche con la soddisfazione postuma di essere stati giovani "sensibili". Chissà se è vero. Intanto il testo, in un napoletano che denuncia le mie origini borghesi. Di cui mi vergogno soltanto il giusto.

" E na notte senza suonne
me rimane sulo tu
st'uocchie tuoie che vanno 'nfunno
addo nunn e vveco cchiù
simme state vere amante
senza manco ce tuccà
ce bastava l'illusione
e po' manco chella lla
n'coppa a porta me diciste
siente: io nun c'a faccio cchiù
e na lacrima è rimasta
come l'ultima risposta
senza manco addimmannà"

Nostalgia fa rima con patetico? Può darsi. Ma è comunque un conforto.

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