martedì 29 luglio 2014

Gli amici del giorno dopo

Di recente ci ha lasciato un consocio del nostro circolo. Persona amabile e mite, figura di sportivo come poche altre, impegnato nelle attività amatoriali del club fin quando le forze lo hanno sostenuto. Che fosse tennis o calcetto o bigliardo, Enzo era  sempre pronto a fare la sua parte, senza tirarsi indietro anche dopo aver valicato la soglia dei 70 anni. Poi, inevitabile, era sopravvenuta una fase di logorio fisico. Che a lui dispiaceva ancora più che ad altri della sua età, perché gli impediva di partecipare a quelle amate attività che erano state una parte rilevante della sua esistenza.
Non gli resto' che impegnare il tempo nel guardare partite di calcio, facendo commenti tecnici di rilievo.
La sua assiduità era proverbiale, al punto che nel circolo si era creata una zona "esclusiva, appunto "casa Raineri", nella quale erano ammessi soltanto soci di gradimento di Enzo, a patto di restare in silenzio e non fare caciara. Tutti gli riconoscevano il piccolo privilegio di gestire quello spazio.
Era stato anche preparatore di giovani calciatori e allenatore di una squadra di calcio femminile.
Una vita divisa tra la famiglia e l'amore per lo sport.
Negli ultimi tempi il peso dei suoi anni si era fatto sempre più aggressivo, ma finché ha potuto ha combattuto la sua battaglia.
Ora leggo su FB molte retoriche rimembranze e tardive attestazioni di amicizia.
Magari dagli stessi che nell'ultimo periodo lo scansavano accuratamente, girando le spalle alle sue richieste più o meno esplicite di attenzione o di semplice ascolto.
Negli ultimi due anni ho accompagnato Enzo a casa, a piedi o in macchina, ascoltando dispiaciuto le sue lamentele sulla condizione fisica o su altre asprezze della vita.
Arrivederci, amico mio, sono proprio contento di esserti stato vicino quando era giusto farlo.

venerdì 25 luglio 2014

E la nave va..

Forse ce l'abbiamo fatta! Se state pensando alla riforma costituzionale nata dal cenacolo di illustri padri costituenti, anche detti i "nazareni", vi comunico che siamo fuori strada. Per quella abbiamo voglia di attendere, tra patti, ricatti, veti incrociati ed altre nuove porcate. Restando sempre più misterioso e controverso se avessimo davvero bisogno del mutamento. 
No, pensavo al lento viaggio della nave più famosa, quella Concordia, arenatasi davanti ad uno splendido porticciolo della fantastica isola del Giglio. Incapacità, inadeguatezza, vanità e superficialità. Abbiamo messo nella vicenda tutti gli ingredienti che fanno sapida ogni pietanza nazionale. Se si facesse un bando per sostituire i simboli della Repubblica, farei mio il progetto di inserire lo scheletro di questa pacchianissima imbarcazione.
Ma per rendere sempre più vivace il paradosso, leggo fiumi di inchiostro per osannare l'impresa eccezionale del suo recupero. Forse in molti si sono rapidamente dimenticati dei poveri innocenti scomparsi in quella tragica notte e cercano di tacitare la coscienza gridando al miracolo della manovra di sgombero.
Dopo un tempo lunghissimo per decidere come si dovesse procedere ad eliminare il relitto, dopo aver ingaggiato i migliori e più costosi recuperatori internazionali, finalmente si sta muovendo e dovrebbe arrivare nel porto di Genova, nella mattina della prossima domenica.
Non intendo minimizzare la portata dell'impresa, probabilmente assai difficoltosa dal punto di vista tecnico.
Avrei sperato in un profilo meno trionfalistico dell'epilogo di questa orribile storia. Ma che volete, siamo italiani, anche nelle tragedie dobbiamo usare tutti i toni retorici a disposizione. Quelli che normalmente riserviamo a tutte le cose che invece andrebbero opportunamente  glissate e coperte da un pietoso velo.

mercoledì 16 luglio 2014

tu chiamale se vuoi..

"Tu chiamale, se vuoi".. 
Vi sento, avete risposto : "emozioni". Ebbene no,  Se state state canticchiando il seguito sulla falsariga di Battisti, sono spiacente per voi.  Siete fuori strada. Le emozioni sono fuori dal perimetro del mio ragionamento di oggi. Mi riferivo ad altro con l'espressione "tu chiamale, se vuoi". 
Volevo intendere "opere d'arte", ma in molti casi non ci siamo proprio, poiché troppo spesso ci vengono propinate autentiche "bufale"estive, sotto forma di libri. 
Sono davvero contrariato o meglio annoiato dalla lettura di poco più di venti pagine di un libro. Autore napoletano, già noto e non sgradito. Ma che a mio avviso ha già detto tutto quello che poteva dire. Ed ora è nella fase dello sfruttamento di una contenuta popolarità che lo induce a scrivere in modo compulsivo. E si dovrebbe concedere un lungo periodo sabbatico.
Le dieci pagine dell'introduzione sono il trionfo del niente, formalmente ben scritto. Passare al setaccio ogni singolo termine, scorticarlo, farne la proiezione, la storia linguistica e quella dell'uso corrente. Se penso che questo assurdo stiracchiamento di ciascuna parola da parte dell'autore deve durare 450 pagine mi viene da piangere. Oppure sono tentato di  lasciare il libro, gesto che da cultore della lettura considero di somma vigliaccheria, perché anche una porcata merita di essere letta fino in fondo. Magari per avere la conferma che si tratta di un'autentica vaccata o che, parzialmente, possa trovare giustificazione.
Arrivo all'assurdo paradosso di affermare che almeno nel campo artistico letterario bisognerebbe vietare tutti i professionismi. Tu sei impiegato, insegnante, medico? Ti piace scrivere e lo fai con garbo? Fallo pure, ma non ti fare prendere dall'ossessione della scrittura. Diversamente  ci troviamo di fronte a   produzioni seriali, che nulla aggiungono alla cifra artistica dell'autore, ma sono soltanto un sempre più penoso rimasticamento delle cose già dette. E che stanno a confermare la prevalenza di quella forte componente di narcisismo in quei soggetti che raggiunta una quota di notorietà ormai vivono soltanto della carica che i lettori trasmettono.
Quanti scrittori, poeti, cantautori, hanno già detto tutto con le loro opere iniziali? E perché ora il povero pubblico se li deve sciroppare in tutte le salse meno appetitose solo perché le rispettive case editrici li hanno messi sotto contratto e sono diventati un prodotto di mercato? e deve durare così, al ritmo di uno/due libri all'anno, fino all'età pensionabile ed oltre. 
Magari ci sono i fenomeni alla Camilleri. Ma in quel caso il discorso è diverso. Il nostro lucido vegliardo ha capito di aver raggiunto il successo sulla soglia degli ottanta anni, cioè troppo tardi. Ma visto che la sua produzione aveva incontrato i favori dei lettori ha deciso di produrre libri piccoli e di poche pagine. Anche nei suoi mini volumi  le storie hanno una trama già segnata e prevedibile sin dall'inizio. Ma durano pochi svolazzi di fogli e già non te ne ricordi più. Senza dimenticare che nel caso dello scrittore siciliano c'è un'intera filiera produttiva che agisce per suo conto. Un certo numero di "ghost writers" che incessantemente scrivono alla maniera del capo che alla fine ci mette la firma.
Spero di segnalarvi, appena possibile, un'opera degna. Per il momento, chiamatele come meglio vi piace. Anche con cattive parole. In certi casi è il minimo che gli autori meritino.

martedì 15 luglio 2014

veterani rilassatevi!

Non c'è niente di più serio delle cose fatte per gioco, diceva uno scrittore, attento analista dei comportamenti umani. 
Sembrerebbero confermare questo assunto un gruppetto di signori di età avanzata che di tanto in tanto frequento, in occasione dei tornei di tennis per veterani. 
Tutti giocatori che hanno almeno sessanta anni, dico sessanta, mica bruscolini. Dovrebbe essere l'età della pacata ragionevolezza, quel periodo di vita che normalmente corrisponde  alla fine dell'attività lavorativa di maggior impegno ed alla recuperata disponibilità del proprio tempo libero. 
In questi casi c'è chi si dedica di più alla famiglia, chi si concentra sul proprio hobby spesso trascurato, che va dalla lettura di un libro gradito, alla cura dell'orto del giardino, alla pesca, al bricolage e così di seguito.
La categoria di cui parlo è costituita da tennisti dilettanti, quasi senza eccezioni, che finalmente possono calcare gli amati campi da gioco anche di mattina o partecipare a quei tornei prima impossibili per gli impegni di lavoro.
E fino a questo punto come dare loro torto? Attività all'aria aperta, benefico movimento del corpo, recupero di una accettabile forma fisica, gratificazione che nasce dal sentirsi ancora in buona condizione, endorfina che si riversa nel cervello ad ogni efficace prestazione.
Quadro di positiva valenza, destinato ad essere criminalmente intaccato dall'attitudine, esclusivamente umana, di riuscire a farsi del male anche quando tutto potrebbe andare benone.
E così dopo i primi risultati di tornei, cui fanno da corollario le diaboliche "classifiche", il giocatore più sereno, quello con l'approccio più tranquillo rispetto al proprio divertimento, riesce a trasformarsi in un mostro afflitto dalla sindrome da competizione. 
Da quel punto in poi non c'è più limite. Critiche al gioco, alla forma fisica del coetaneo,  comparazione di analisi del sangue e dell'urina, stroncature all'abbigliamento sempre uguale o troppo variato, alla continua ricerca della racchetta che gioca da sola. 
Conosco signori che cambiano racchetta dopo la seconda ora di uso dell'attrezzo di gioco. Troppo rigida o troppo morbida, eccessivamente pesante o troppo leggera in testa. Attraverso questo cumulo di fesserie, si alimenta  un "secondo mercato" con affari da capogiro a chi sappia solo seguire le stranezze di questi incontentabili capaci di disfarsi di racchette da 150 euro, con pochi minuti di uso, a metà prezzo, perché ritenute inadatte al proprio "divino" braccio o al  tipo di gioco.
E che dire della proprietà transitiva? Se A ha battuto B, con netto punteggio e B, a sua volta, in altro torneo,  ha superato C, si arriva alla falsa convinzione che A incontrando C farà una passeggiata di salute C.  Al contrario, ogni incontro ha una propria storia, ogni giocatore, incontra problemi ovvero risulta avvantaggiato da un certo tipo di gioco avversario.
Il circuito dei tornei veterani è frequentatissimo, ed ogni occasione di incontro vede tante teste bianche  o pelate ritrovarsi per l'ennesimo confronto.  Spuntano persino improvvisati guru che promettono miglioramenti stupefacenti a signori di settanta anni. Un tale che conosco, modestissimo atleta, si è inventato una sua speciale "academy" che annovera soltanto over '60. Gli allenamenti sono addirittura ripresi da telecamere per poi studiare insieme quali rimedi apportare a quel colpo che pare carente. Con il "coach" severissimo a seguire e stroncare i suoi malcapitati allievi.
Nei racconti degli over ' 60 merita un capitolo apposito quello riservato alle malattie. Ma non parliamo della patologie  che malauguratamente possono colpire ciascuno di noi. In quel contesto si parla di "malanni professionali" dovuti al tennis che colpiscono spalle, anche, ginocchia, piedi e gomiti, questi ultimi sottoposti a speciali sollecitazioni dall'uso della racchetta.
Non c'è chi non abbia alle spalle dai tre ai dieci infortuni, con annessi interventi e periodi di recupero sempre più lunghi.
Ma, nonostante tutto, non si riesce a trovare uno, dico uno, che sia contento del fatto di stare in quel luogo di sport, a parlare spensieratamente del niente, a dichiararsi felice di poter occupare i propri spazi di vita con cose minori.

domenica 13 luglio 2014

Dubbi, viltà e certezze

Ci vuole un bel coraggio, o forse qualche altra dote che lascio a chi legge definire. Intanto coraggiosi eravamo stati  io e la mia Eli, capaci di farci 90 minuti di moto per arrivare a Sperlonga da Napoli. Ci ricordavamo di un bel posto, frequentato anni prima, allora in compagnia di un caro amico che  ci ha lasciato prematuramente. 
Niente più che un lido con annessi, che si chiama Eden ed è un posto abbastanza  decente.
Smontati dalle due rombanti ruote ancora sotto choc per il percorso accidentato che avevamo superato, il signore alla porta ha contribuito non poco a farci tornare sulla terra. Ci ha chiesto per un ombrellone  - in quarta fila - e due lettini,  la modica somma di 35 euro. Ho appena tentato di obiettare che non eravamo intenzionati a comprare gli arredi da spiaggia. La mia flebile protesta non ha prodotto altra reazione che un'alzata di spalle dell'addetto. O paghi o te ne vai, morto di fame.
Rapidissima consultazione familiare attraverso lo sguardo e poi la resa incondizionata. Che cosa avremmo potuto fare di diverso se non pagare? Farci una altra scorpacciata di chilometri? Con aria di rassegnazione abbiamo preso i nostri ridotti bagagli per andare nel paradiso che ci attendeva oltre lo scalone di accesso.
Un simpatico giovanotto con la faccia di chi riesce a lavorare per la prima volta ci ha accompagnato verso la nostra costosa meta. E credo sia stata l'unica nota positiva di giornata.
Il mare era agitato, tanto da sconsigliare bagni che andassero oltre i tempi di una rapida immersione e ce la siamo cavata con un po' di sole ed una passeggiata sul bagnasciuga.
Per fortuna affrontiamo le contrarietà con la giusta dose di ironia, altrimenti ci sarebbe stato da incavolarsi tanto. Il nostro posto "al sole" era sotto l'altoparlante del bagno. Da quell'infernale strumento uscivano i  senza sosta i richiami più assordanti per persone disperse, bimbi in cerca di genitori, personale richiamato all'ordine dalla ferocissima  kapo'  seduta alla cassa.
Di fianco a noi una coppia che, secondo Eli, parlava francese. Io ho espresso perplessità, perché i due giovani vicini, di stazza notevolissima, mi sembravano più facilmente collocabili nell'hinterland napoletano, tipo S. Antonio Abate o Pollena Trocchia. Macché, rintuzzava la moglie, lei ha detto "merde", mentre giocavano a carte e non è certo linguaggio campano.
Così abbiamo avviato il nostro gioco preferito nei tempi morti. Le appartenenze di suocere o mamme, le somiglianze di bambini pestilenziali che imperversavano, l'età di certe signore o signorine. Una in particolare, piuttosto avvenente, ha richiamato  tutta la nostra attenzione per arrivare a scoprire che età avesse. 40/45 come diceva la moglie, o 55 come sostenevo io. Non lo sapremo mai, e resterà un dubbio per sempre. Così come la domanda sul perché una donna così piacente avesse per partner un tale decisamente orribile.
Interrogativi, dubbi, perplessità. 
Ben diversi dalle certezze di un tale che conosco, senza vantarmene. Ho la ventura di frequentarlo per motivi di coabitazione, in ragione della parziale locazione del mio locale/studio, troppo grande per essere lasciato vuoto. 
Così tre anni addietro decisi di darne in fitto una parte e la mia proposta fu accolta da uno compagine di commercialisti. Persone tutto sommato a posto e civili. Uno di loro, il più anziano, di età superiore ai sessanta anni, qualche tempo fa si è presentato improvvisamente al lavoro con una chioma corvina che aveva di colpo annullato l'effetto sale e pepe della sua capigliatura.
Agli inizi ha cominciato a chiederci come stesse. Per educazione e mancanza di confidenza, abbiamo "scapuzziato", in italiano, scosso la testa un po' perplessi. Concludendo ipocritamente che in fondo non stava male.
La settimana scorsa, il nostro, mi squadra e proditoriamente afferma: "che peccato, ti leveresti  dieci anni di dosso se ti facessi un shampoo "rivitalizzante" come il mio."E qui tutta la mia viltà è nuovamente emersa  in tutta la sua prepotente misura. Invece di sfancularlo dicendogli che ero contentissimo della mia canizie e che mai mi sarei sognato di diventare un grottesco mascherone, ho abbozzato ancora una volta, evitando di replicare, spendendo uno dei miei sorrisi più melensi. 


giovedì 10 luglio 2014

un'amata stagionata..

In un libro letto da poco ho trovato una efficace elegia delle donne mature, racchiusa in una poesia che in pochi versi  sembra contenere una serie di verità. 
Il testo recita così:
Un'amata stagionata è davvero una furbata
più conosce della vita, men pretende sia condita
ma se trova il sentimento non avrai che star contento
perché solo ti darà cuore, baci e rarità
D'accordo, non raggiunge le vette della lirica poetica. Ma è certamente piena di significati e di insegnamenti.
E procedendo dall'inizio: l'amata è stagionata, cioè  ha superato il  trascorrere del tempo, evidentemente traendone  profitto. Come un vino che abbia trovato valorizzazione nella botte giusta, alla temperatura adatta di una cantina ben aerata. O come qualsiasi altro prodotto  che abbia trovato nei giorni di conservazione il motivo della sua specialità e particolarità.
Segue l'uso di "una furbata", parola di gergo, che indica una scelta accorta che si è indirizzata verso un risultato di pregio. Chiaro l'intendimento dell'autore, che non ha dubbi sulla giustezza di quella opzione, rivelatasi piena di positive conseguenze.
Questa "amata stagionata", se ha accumulato le esperienze giuste di vita, non si aspetta chissà cosa dal nuovo amore, non pretende che sia "condito" da straordinari o struggenti momenti di passione. Evidentemente si accontenta del solo fatto di aver trovato, nel suo tempo stagionato, un motivo di interesse e di emozione. Pare contenta di sentirsi viva e partecipe delle gioie della vita.
Ma c'è di più, perché se trova il sentimento, cioè se la fiamma arriva a  divampare nel suo cuore per la persona amata, allora l'oggetto di quell'amore non avrà che star contento. A  lui sono riservati dedizione, momenti di tenerezza e "rarità".
Su quest'ultimo termine si può aprire ampio dibattito.
Di che cosa parla l'autore dei versi? A quale genere di rarità intende riferirsi? Personalmente resto affascinato dal mistero contenuto in questa parola. Può voler dire tutto e si presta ad ogni forma di interpretazione che il poeta lascia alla libera individuazione del lettore.
La poesiola è datata, come riferisce l'autrice del libro da cui è tratta. 
Stiamo parlando della trasposizione in versi di un proverbio popolare che intendeva sottolineare quanto fosse appropriata la decisione di chi avesse allacciato una relazione con una signora di età.
E che il proverbio contenga concreta saggezza popolare viene confermato dal'uso della tecnologia più recente. Sui siti "hard" di tutto il mondo la prevalenza è stata presa non dalle bellone, tutte rifatte e gonfiate. Non è più tempo di bagnine siliconate di "bay watch". Ora i siti più richiesti sono quelli delle "matures", "grannies", "milfs", addirittura "grey hair only", in altre parole siti web che raffigurano solo soggetti con capelli grigi. Le statistiche sul consumo di questo tipo  di prodotto hanno evidenziato come milioni di persone di tutte le età,  ogni giorno, facciano ricorso a questo genere di visioni.
E ci sarà pure un motivo. Ma senza andare troppo lontano in speculazioni sociologiche delle quali non mi sento capace, provo soltanto ad ipotizzare: l'aggressività di molte  giovani donne contemporanee spaventa il maschio, costretto alla fuga ed a rifugiarsi nel più tranquillizzante mondo della maturità femminile. E chi se ne frega del possibile nascosto risvolto edipico. 
Come diceva una canzone di Roberto Vecchioni: "voglio una donna donna, donna con la gonna"..



giovedì 3 luglio 2014

faccio fatica..

Il signore che stava seduto di fronte mi guardava senza imbarazzo. E ripeteva, quasi come in una cantilena: "faccio fatica, faccio fatica..". Il nostro tragitto in metro si era rivelato assai più travagliato del previsto. Di solito in pochi minuti quel trenino sotterraneo  porta dal centro del Vomero al cuore della città. Ma non quel giorno: si erano succeduti, in rapido susseguirsi, un tentativo di suicidio, sventato dagli addetti; una caduta di corrente sulla linea, una agitazione di pendolari che si lamentavano del servizio.
Insomma una giornata di quelle con il "bollino nero", dove per contrapposizione la mente corre libera verso mete desiderate. Per molti il mare o i laghi. Per me, il mio amato paesino sonnolento. Dove già immaginavo la possibile raccolta delle fragoline di bosco e delle amarene degli alberi davanti alla casa.
Il mio interlocutore, o meglio quel tale che sembrava rivolgersi a me, esce dal suo stato di semi torpore e chiede: " ma a lei che effetto fa, tutto questo?". Ed io cadendo effettivamente dalle nuvole; " "a che cosa si riferisce tra i tanti imprevisti e disagi che stiamo affrontando?.
Deluso dalla mia domanda, con un'aria da sopravvissuto in un bombardamento, rincara: " al culo di fuori del ragazzo che è appena sceso, a che altro mai potrei riferirmi?". Effettivamente il giovanotto in questione pareva aver dimenticato cintura e decenza. Nei momenti che avevano preceduto la sua fuoriuscita dal vagone, si era abbassato un paio di volte per mostrare ad un suo compare un certo aggeggio informatico che compariva nel suo zaino. E questo movimento aveva messo in evidenza molto più della metà delle sue natiche  fuori dai suoi pantaloni  a vita bassa.
Il mio dirimpettaio non ammetteva divagazioni sociologiche sul tema giovanile: " solo un pazzo o un debosciato si può vestire così, circondato da una famiglia di altrettanti folli. Una madre che vede uscire di casa un figlio così conciato, secondo lei che cosa dice? Niente? E allora è lei la responsabile di una simile oscenità. Per non parlare poi del padre..!
E guardandomi in faccia, dritto e senza indulgenza: " se io o lei alla loro  età fossimo usciti con abbigliamenti poco adeguati che cosa ci sarebbe capitato? Cazziatoni a non finire, interruzione di ogni colloquio con i genitori, un clima infernale..".
Ho tentato una minima difesa, ricordando gli strazi dei nostri pantaloni a zampa di elefante, delle capigliature incredibili, di certe camicie di forza, con colletti astrusi.
"E' vero facevamo schifo, non lo nego. Ma non così, non allo stesso modo. Erano punizioni che infliggevamo al massimo a noi stessi per restare scomodi ed ingessati in certi vestiti. Oppure ci complicavamo la vita con chiome che, solo per per asciugarle, ci voleva un'ora di asciugacapelli. Però le terga non le esibivamo a nessuno. E non tenti di convincermi che non ci sia differenza!
Quasi di scatto, il mio interlocutore mi ha lasciato da solo. Ha raggiunto la porta di uscita, in attesa della sua stazione. Senza guardarmi più. Evidentemente uno come me che tenta una difesa d'ufficio dell'ingiustificabile non meritava per lui altro colloquio. Ma mentre mi lasciavo prendere da sconfortate conclusioni sulla difficoltà dei rapporti umani, il signore proprio sulla porta di uscita della sua stazione, mi ha fatto un cenno di saluto e rivolto un sorriso.