giovedì 3 luglio 2014

faccio fatica..

Il signore che stava seduto di fronte mi guardava senza imbarazzo. E ripeteva, quasi come in una cantilena: "faccio fatica, faccio fatica..". Il nostro tragitto in metro si era rivelato assai più travagliato del previsto. Di solito in pochi minuti quel trenino sotterraneo  porta dal centro del Vomero al cuore della città. Ma non quel giorno: si erano succeduti, in rapido susseguirsi, un tentativo di suicidio, sventato dagli addetti; una caduta di corrente sulla linea, una agitazione di pendolari che si lamentavano del servizio.
Insomma una giornata di quelle con il "bollino nero", dove per contrapposizione la mente corre libera verso mete desiderate. Per molti il mare o i laghi. Per me, il mio amato paesino sonnolento. Dove già immaginavo la possibile raccolta delle fragoline di bosco e delle amarene degli alberi davanti alla casa.
Il mio interlocutore, o meglio quel tale che sembrava rivolgersi a me, esce dal suo stato di semi torpore e chiede: " ma a lei che effetto fa, tutto questo?". Ed io cadendo effettivamente dalle nuvole; " "a che cosa si riferisce tra i tanti imprevisti e disagi che stiamo affrontando?.
Deluso dalla mia domanda, con un'aria da sopravvissuto in un bombardamento, rincara: " al culo di fuori del ragazzo che è appena sceso, a che altro mai potrei riferirmi?". Effettivamente il giovanotto in questione pareva aver dimenticato cintura e decenza. Nei momenti che avevano preceduto la sua fuoriuscita dal vagone, si era abbassato un paio di volte per mostrare ad un suo compare un certo aggeggio informatico che compariva nel suo zaino. E questo movimento aveva messo in evidenza molto più della metà delle sue natiche  fuori dai suoi pantaloni  a vita bassa.
Il mio dirimpettaio non ammetteva divagazioni sociologiche sul tema giovanile: " solo un pazzo o un debosciato si può vestire così, circondato da una famiglia di altrettanti folli. Una madre che vede uscire di casa un figlio così conciato, secondo lei che cosa dice? Niente? E allora è lei la responsabile di una simile oscenità. Per non parlare poi del padre..!
E guardandomi in faccia, dritto e senza indulgenza: " se io o lei alla loro  età fossimo usciti con abbigliamenti poco adeguati che cosa ci sarebbe capitato? Cazziatoni a non finire, interruzione di ogni colloquio con i genitori, un clima infernale..".
Ho tentato una minima difesa, ricordando gli strazi dei nostri pantaloni a zampa di elefante, delle capigliature incredibili, di certe camicie di forza, con colletti astrusi.
"E' vero facevamo schifo, non lo nego. Ma non così, non allo stesso modo. Erano punizioni che infliggevamo al massimo a noi stessi per restare scomodi ed ingessati in certi vestiti. Oppure ci complicavamo la vita con chiome che, solo per per asciugarle, ci voleva un'ora di asciugacapelli. Però le terga non le esibivamo a nessuno. E non tenti di convincermi che non ci sia differenza!
Quasi di scatto, il mio interlocutore mi ha lasciato da solo. Ha raggiunto la porta di uscita, in attesa della sua stazione. Senza guardarmi più. Evidentemente uno come me che tenta una difesa d'ufficio dell'ingiustificabile non meritava per lui altro colloquio. Ma mentre mi lasciavo prendere da sconfortate conclusioni sulla difficoltà dei rapporti umani, il signore proprio sulla porta di uscita della sua stazione, mi ha fatto un cenno di saluto e rivolto un sorriso.

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