martedì 15 luglio 2014

veterani rilassatevi!

Non c'è niente di più serio delle cose fatte per gioco, diceva uno scrittore, attento analista dei comportamenti umani. 
Sembrerebbero confermare questo assunto un gruppetto di signori di età avanzata che di tanto in tanto frequento, in occasione dei tornei di tennis per veterani. 
Tutti giocatori che hanno almeno sessanta anni, dico sessanta, mica bruscolini. Dovrebbe essere l'età della pacata ragionevolezza, quel periodo di vita che normalmente corrisponde  alla fine dell'attività lavorativa di maggior impegno ed alla recuperata disponibilità del proprio tempo libero. 
In questi casi c'è chi si dedica di più alla famiglia, chi si concentra sul proprio hobby spesso trascurato, che va dalla lettura di un libro gradito, alla cura dell'orto del giardino, alla pesca, al bricolage e così di seguito.
La categoria di cui parlo è costituita da tennisti dilettanti, quasi senza eccezioni, che finalmente possono calcare gli amati campi da gioco anche di mattina o partecipare a quei tornei prima impossibili per gli impegni di lavoro.
E fino a questo punto come dare loro torto? Attività all'aria aperta, benefico movimento del corpo, recupero di una accettabile forma fisica, gratificazione che nasce dal sentirsi ancora in buona condizione, endorfina che si riversa nel cervello ad ogni efficace prestazione.
Quadro di positiva valenza, destinato ad essere criminalmente intaccato dall'attitudine, esclusivamente umana, di riuscire a farsi del male anche quando tutto potrebbe andare benone.
E così dopo i primi risultati di tornei, cui fanno da corollario le diaboliche "classifiche", il giocatore più sereno, quello con l'approccio più tranquillo rispetto al proprio divertimento, riesce a trasformarsi in un mostro afflitto dalla sindrome da competizione. 
Da quel punto in poi non c'è più limite. Critiche al gioco, alla forma fisica del coetaneo,  comparazione di analisi del sangue e dell'urina, stroncature all'abbigliamento sempre uguale o troppo variato, alla continua ricerca della racchetta che gioca da sola. 
Conosco signori che cambiano racchetta dopo la seconda ora di uso dell'attrezzo di gioco. Troppo rigida o troppo morbida, eccessivamente pesante o troppo leggera in testa. Attraverso questo cumulo di fesserie, si alimenta  un "secondo mercato" con affari da capogiro a chi sappia solo seguire le stranezze di questi incontentabili capaci di disfarsi di racchette da 150 euro, con pochi minuti di uso, a metà prezzo, perché ritenute inadatte al proprio "divino" braccio o al  tipo di gioco.
E che dire della proprietà transitiva? Se A ha battuto B, con netto punteggio e B, a sua volta, in altro torneo,  ha superato C, si arriva alla falsa convinzione che A incontrando C farà una passeggiata di salute C.  Al contrario, ogni incontro ha una propria storia, ogni giocatore, incontra problemi ovvero risulta avvantaggiato da un certo tipo di gioco avversario.
Il circuito dei tornei veterani è frequentatissimo, ed ogni occasione di incontro vede tante teste bianche  o pelate ritrovarsi per l'ennesimo confronto.  Spuntano persino improvvisati guru che promettono miglioramenti stupefacenti a signori di settanta anni. Un tale che conosco, modestissimo atleta, si è inventato una sua speciale "academy" che annovera soltanto over '60. Gli allenamenti sono addirittura ripresi da telecamere per poi studiare insieme quali rimedi apportare a quel colpo che pare carente. Con il "coach" severissimo a seguire e stroncare i suoi malcapitati allievi.
Nei racconti degli over ' 60 merita un capitolo apposito quello riservato alle malattie. Ma non parliamo della patologie  che malauguratamente possono colpire ciascuno di noi. In quel contesto si parla di "malanni professionali" dovuti al tennis che colpiscono spalle, anche, ginocchia, piedi e gomiti, questi ultimi sottoposti a speciali sollecitazioni dall'uso della racchetta.
Non c'è chi non abbia alle spalle dai tre ai dieci infortuni, con annessi interventi e periodi di recupero sempre più lunghi.
Ma, nonostante tutto, non si riesce a trovare uno, dico uno, che sia contento del fatto di stare in quel luogo di sport, a parlare spensieratamente del niente, a dichiararsi felice di poter occupare i propri spazi di vita con cose minori.

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