mercoledì 16 luglio 2014

tu chiamale se vuoi..

"Tu chiamale, se vuoi".. 
Vi sento, avete risposto : "emozioni". Ebbene no,  Se state state canticchiando il seguito sulla falsariga di Battisti, sono spiacente per voi.  Siete fuori strada. Le emozioni sono fuori dal perimetro del mio ragionamento di oggi. Mi riferivo ad altro con l'espressione "tu chiamale, se vuoi". 
Volevo intendere "opere d'arte", ma in molti casi non ci siamo proprio, poiché troppo spesso ci vengono propinate autentiche "bufale"estive, sotto forma di libri. 
Sono davvero contrariato o meglio annoiato dalla lettura di poco più di venti pagine di un libro. Autore napoletano, già noto e non sgradito. Ma che a mio avviso ha già detto tutto quello che poteva dire. Ed ora è nella fase dello sfruttamento di una contenuta popolarità che lo induce a scrivere in modo compulsivo. E si dovrebbe concedere un lungo periodo sabbatico.
Le dieci pagine dell'introduzione sono il trionfo del niente, formalmente ben scritto. Passare al setaccio ogni singolo termine, scorticarlo, farne la proiezione, la storia linguistica e quella dell'uso corrente. Se penso che questo assurdo stiracchiamento di ciascuna parola da parte dell'autore deve durare 450 pagine mi viene da piangere. Oppure sono tentato di  lasciare il libro, gesto che da cultore della lettura considero di somma vigliaccheria, perché anche una porcata merita di essere letta fino in fondo. Magari per avere la conferma che si tratta di un'autentica vaccata o che, parzialmente, possa trovare giustificazione.
Arrivo all'assurdo paradosso di affermare che almeno nel campo artistico letterario bisognerebbe vietare tutti i professionismi. Tu sei impiegato, insegnante, medico? Ti piace scrivere e lo fai con garbo? Fallo pure, ma non ti fare prendere dall'ossessione della scrittura. Diversamente  ci troviamo di fronte a   produzioni seriali, che nulla aggiungono alla cifra artistica dell'autore, ma sono soltanto un sempre più penoso rimasticamento delle cose già dette. E che stanno a confermare la prevalenza di quella forte componente di narcisismo in quei soggetti che raggiunta una quota di notorietà ormai vivono soltanto della carica che i lettori trasmettono.
Quanti scrittori, poeti, cantautori, hanno già detto tutto con le loro opere iniziali? E perché ora il povero pubblico se li deve sciroppare in tutte le salse meno appetitose solo perché le rispettive case editrici li hanno messi sotto contratto e sono diventati un prodotto di mercato? e deve durare così, al ritmo di uno/due libri all'anno, fino all'età pensionabile ed oltre. 
Magari ci sono i fenomeni alla Camilleri. Ma in quel caso il discorso è diverso. Il nostro lucido vegliardo ha capito di aver raggiunto il successo sulla soglia degli ottanta anni, cioè troppo tardi. Ma visto che la sua produzione aveva incontrato i favori dei lettori ha deciso di produrre libri piccoli e di poche pagine. Anche nei suoi mini volumi  le storie hanno una trama già segnata e prevedibile sin dall'inizio. Ma durano pochi svolazzi di fogli e già non te ne ricordi più. Senza dimenticare che nel caso dello scrittore siciliano c'è un'intera filiera produttiva che agisce per suo conto. Un certo numero di "ghost writers" che incessantemente scrivono alla maniera del capo che alla fine ci mette la firma.
Spero di segnalarvi, appena possibile, un'opera degna. Per il momento, chiamatele come meglio vi piace. Anche con cattive parole. In certi casi è il minimo che gli autori meritino.

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