martedì 16 marzo 2010

la parola a chi?


Mi sono posto più volte la domanda a chi sia effettivamente destinato lo spazio "la parola ai lettori" di Repubblica Napoli. L'interrogativo nasce dall'utilizzo della rubrica che in più di una occasione mi è sembrato improprio. Prendo le mosse da quella che è una certezza: la scelta di che cosa pubblicare rientra tra le irrinunciabili prerogative editoriali. Punto e a capo, si potrebbe dire, e discussione conclusa. E invece no. Perché quello spazio viene presentato come la parola ai lettori, un ambito speciale che l'autonoma scelta dell'editore ha riservato espressamente a chi legge e sostiene quella pubblicazione. Che cosa succede nella pratica? Troppo spesso leggiamo lettere che contengono dibattiti con tesi e precisazioni di categorie, consorzi, professionisti, di politici locali e sindacalisti. Cioè di soggetti che hanno la possibilità, oltre che i collegamenti necessari con la redazione, per vedere pubblicati articoli con firma e qualifica in calce. Ma non lettere. E' certamente vero che non tutte le corrispondenze dei lettori assurgano a profili e portata generale. C'è chi si aggrappa alle lettere per dimostrare a se stesso di essere ancora in esistenza; chi racconta la storia minima del cane che sporca la strada; chi sfoga la frustrazione di non essere l'allenatore del Napoli; chi ci ricorda periodicamente di quanti siano i disconosciuti meriti (?) dell'aristocrazia napoletana; chi non ce la fa più alle code degli uffici. Per fortuna non sono tutte di segno minimo. Non di rado vengono affrontati temi e questioni degni di voce e di luce. E così viene riaffermato il diritto di cittadini qualsiasi, senza etichette, nomi composti e carte intestate altisonanti, a dire che ci sono anche loro e che forse anche grazie al loro spontaneo apporto quel giornale, oltre che prosperare, riceve idee e spunti di dibattito non omologato.

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