lunedì 2 aprile 2012

il miglior atleta da allenare?

Nel mondo dello sport è largamente diffusa una lugubre battuta: il miglior atleta da allenare? Un orfano! C'è una letteratura ormai secolare sulle figure dei genitori degli sportivi. Tanto è stato scritto e tanto ancora c'è da leggere. Il meccanismo è sempre lo stesso: l'ansia da prestazione dei padri e delle madri investe i poveri piccoli sportivi. Che magari volevano fare un po' di moto per stare con i compagni, per non rincretinirsi davanti ai videogiochi, per tenere una linea da ragazzi. Macché. A quel punto entrano in ballo tutte le frustrazioni, la mentalità del guadagno facile, i sogni andati a male. Ed il genitore del piccolo sportivo si manifesta come essere pericolosissimo per l'educazione e la crescita equilibrata del figlio. Genitori che litigano tra loro ai bordi dei vari campi di competizione; altri iingaggiano duspute di alto contenuto tecnico con i maestri e d i preparatori dei piccoli. Altri ancora entrano dalla porta di servizio dello sport come arbitri, componenti di federazioni, responsabili di strutture sportive. Al fine unico di "proteggere" l'espansione dell'attività agonistica del presunto talento. Da oltre 45 anni ho visto che cosa significhi la presenza di questi personaggi nel mondo dello sport e quanto male riescano a fare ai figli.
Nella mia campagna antigenitori non riesco ad essere così prevenuto da non riconoscere che questi soggetti svolgono comunque la funzione di finanziatori e accompagnatori dei piccoli atleti. Ma dovrebbero capire che il loro compito si ferma a quel punto preciso. Senza invadere competenze ed aree di altri che svolgono compiti formativi in forza di un'abilitazione professionale.
L'esperienza insegna che nella quasi totalità dei casi l'ansia dei genitori si tramuta in un flop delle attività dei figli: molti abbandonano, non sopportando il fardello dei genitori; altri conseguono risultati assolutamente inferiori alle possibilità. Esistono anche esempi in senso contrario, ma rari e per di più in sport dove il bacino di utenza è ristretto e i praticanti in numero ridotto.
Come difendere i giovani da questi fanatici in cerca di rivincite personali? Non credo che esista un metodo legalmente e umanamente accettabile. Solo sperare che nei tanti casi del genere il piccolo cresca in fretta e sappia prendere per tempo le distanze, utilizzando l'esperienza per distinguere un sano rapporto padre/figlio dal falso amore e dal frainteso senso di protezione. E che se ne serva per non commettere gli stessi errori nei confronti dei propri figli.

3 commenti:

Unknown ha detto...

Come al solito ha perfettamente ragione.

Personalmente non ho mai dovuto affrontare questo problema (a differenza di molti miei altri ex colleghi) in quanto vengo da una famiglia di Olimpionici - mio zio ed i miei cugina sono "i Ghibellini" (pallanuoto) e tutti gli altri componenti più scarsi erano come minimo campioni europei di nuoto... però ho avuto il "problma" inverso: niente raccomandazioni, niente facilitazioni e a nessuno fregava se vincevo o perdevo... per non parlare del concetto - che tutt' oggi mi manda al manicomio - "la vita è come lo sport", e "Michela, per questo avvenimento utilizzerei la metafora "se in un match.... allora..."

Unknown ha detto...

P.S. Mi ha fatto venire in mente un aneddoto di quando avevo circa 6 anni e mezzo: campionati regionali under 9.
La prima ed ultima volta che mio padre (ex calciatore di serie B e grande amante dello sport) è venuto a vedermi giocare. Non appena urlò "corri ancora di più!" l' ho letteralmente cacciato da bordo campo dicendogli di non venire mai più a vedermi. E così è stato!

I peggiori genitori sono comunque coloro che non hanno praticato un agonismo professionale e serio.

Ho deciso che pubblicherò un mio tema delle elementari sul tennis; le lascierò il link! ;)

Unknown ha detto...

http://michelaluise.blogspot.it/2012/04/back-in-days.html