martedì 17 aprile 2012

i giostrai non vanno mai a casa

Capita così, ad un certo punto della recente storia italica, che una banda di ladroni inciampi sulla classica buccia di banana da Pio albergo. Un "mariolo" come lo definì il capobastone, invece di capire anche lui che era ora di fuggire. Cosa che lo stesso gran pachiderma farà più tardi, quando avrà completamente perso la faccia. Ma dicevo, in quel tempo difficile, era assai diffusa l'incazzatura di gente normale del nord. Si chiedevano, non a torto, se i loro denari dovessero liquefarsi in tasse e balzelli per ingrassare i soliti porci ingordi. Troppo giusto! A suonare la grancassa fu un astuto nullafacente, che fiutando l'opportunità imperdibile, si inventò letteralmente una affascinante serie di cazzate. Quali la razza padana, la difesa del gruppo etnico, i simboli del nordest. Macroscopiche minchiate, a ben vedere: l'ampolla, il fiume eridanio, la croce celtica, il carroccio, la spada di Alberto da Giussano. Una figura leggendaria della metà del dodicesimo secolo, sulla quale non c'è niente di sicuro o documentato. Non poteva esserci quindi personaggio migliore per sparare menate a più non posso, destinate ad affascinare una popolazione di cultura media che sbottava da tempo contro le conventicole pseudocristiane e falsosocialiste. Così nacque il mito del senatur, incapace di combattere con condizionali e congiuntivi, ma dalla parola tuonante. Roma ladrona, i forconi, le baionette padane, le guardie verdi. Un circo verde, che nel tempo diventava grandioso, sostenuto dai voti di chi credeva alle amenità propinate.
E il furbo ex disoccupato cronico capisce di aver scoperto la sua pietra filosofale che trasforma in oro la feccia e lo strame. Addio miseria, pensava contento e soddisfatto delle sue astute invenzioni e del seguito crescente che otteneva quello spargimento di niente.
E, come tutti i furbi, ad un certo momento del suo oscitante percorso fantapolitico, si tira definitivamente la zappa sui piedi, reso cieco dal proprio delirio di onnipotenza.
Crea un cerchio magico a protezione dei suoi interessi, composto da persone considerate di fiducia massima. E arraffa tutto il possibile a fine proprio e dei suoi approfittando dei tempi bui della politica che hanno fatto consolidare e prosperare una minuscola figura umana e politica. Diventa di questo il maggior alleato, poi il nemico, poi di nuovo la trave di sostegno, leggi il suo ricattatore abituale.
Arriva anche per lui il momento del tramonto e come sempre sono le seconde generazioni a tradire. Su quattro figli avrebbe potuto sperare di averne uno con onde cerebrali medie, insomma normali. Niente! Uno più sfessato dell'altro; ingordi e smaniosi di mostrarsi persino in pubblico, mentre avrebbero dovuto osservare uno strettissimo profilo privato.
Il tutto mentre il nostro a causa di un ictus coperto da pettegolissimi silenzi è ormai arrivato al capolinea.
Gli attacchi interni di ex fratelli di lotta lo mettono nell'angolo definitivo. E da attore consumato recita le sue ultime battute. Che avrebbero dovuto essere: cari amici ci abbiamo provato, ci hanno sgamato, non ci resta che scomparire. E invece no, patetiche confessioni, lacrimose ammissioni di responsabilità minori, anche perché il c.d. movimento esiste. E deve produrre ancora i suoi vantaggi ai nuovi timonieri.
Una storia italiana come altre, certo di proporzioni minori di quell'altra che regge ancora, sostenuta da una delle fortune economiche maggiori del povero paese e di origine assolutamente misteriosa.
E ancora una volta una vicenda umana che insegnerà niente. Tra qualche tempo da qualche cespuglio spunterà un nuovo "masaniello", capace di vendere le sue mercanzie di frottole e promesse e diventerà uno "statista". Perché l'incapacità tutta italiana di porsi le vere domande del pessimo stato in cui è ridotta la nazione prevarrà ancora una volta. E quindi prepariamoci a battere le mani a chi arriverà!

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