venerdì 3 febbraio 2012

il sottoconversare di Eduardo


Rappresentare l’uomo Eduardo, a
margine del suo lavoro di attore,
nei momenti del dopo spettacolo e nelle pause
delle prove.
Questa l’idea creativa che ha animato Bruno Colella, autore,
regista ed anche interprete dello spettacolo “Io, Eduardo de Filippo” in scena
dal a febbraio al Teatro Acacia. Proposito complesso, specialmente a
Napoli, dove il desiderio di affermare il “mito” eduardiano secondo i più triti
schemi dell’aneddotica è tentazione
diffusa e difficile da scongiurare. La piece è animata, per converso, dal
“sottoconversare” dell’Attore negli spazi privati, fino a sfociare in libere
ricostruzioni quasi paradossali dei personaggi di contorno. Così in scena
diventa “carattere” il segretario della compagnia, Argenio, personaggio
apparentemente mite, al quale Eduardo indirizzava gli strali del suo cinismo
non sempre bonario, ma pur sempre ispirato dal rifiuto della volgarità e
dell’imbecillità. Spettacolo veloce, denso di contrasti, a tratti schizofrenico
che coinvolge attori con registri teatrali diversi, tutti a misurarsi con le
derive surreali volute dalla regia, circondati da una scenografia futurista di
significativo impatto che richiama il novecento, epoca nella quale si svolgono
le vicende rappresentate. Bene Colella, convincente nei tempi e nelle cadenze
sceniche del Maestro, pur rifacendosi ad interpretazioni già viste; brava Gea
Martire a pieno agio ad occupare spazi gestiti mediante una consapevole
sapienza attoriale; interessante, pur
mancando spunti di ispirazione assoluta, la colonna sonora di Eugenio Bennato
che ha dato musica ad alcune poesie eduardiane. Coraggiosi gli altri
interpreti, impegnati a marciare su terreni scarsamente battuti: Sebastiano
Somma, che appare peraltro coinvolto nell’idea teatrale di fondo, non può
sfoggiare la sua ben riconosciuta presenza scenica e resta quasi intimidito
dall’atmosfera soffusa e dal silenzio di molti momenti. Anche l’interpretazione
di Tosca d’Aquino fa percepire il disagio della mancanza sulla scena di situazioni “solari”. Così la
simpatica attrice cerca tra le sue corde i registri della macchiettistica che
la hanno reso nota al pubblico, con impennate non tutte in linea con lo spirito onirico e psicologicamente
complesso immaginato dal regista ed autore Colella. Poco da dire sulla prova incolore
di Marco Tornese, mentre le doti vocali di Nicola Vorelli stentano ad imporsi,
senza riuscire a convincere più di tanto. Il numeroso pubblico dell’Acacia ha
reagito bene, con una presenza attenta ed interessata, sottolineando con
applausi anche di incoraggiamento gli sforzi obiettivamente profusi da tutti i
protagonisti. Discordi invece i commenti dei critici teatrali dei mezzi
maggiori di informazione: ad un convinto riconoscimento della validità
dell’idea e della opportunità dell’iniziativa fa riscontro una stroncatura
abbastanza severa che, alla luce delle argomentazioni portate, non sembra del
tutto serena.

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