venerdì 17 febbraio 2012

..ma quale spazio ai lettori ..

Leggo il quotidiano "la Repubblica" da quando è uscito in edicola. Quasi la preistoria, direte. Dagli esordi mi sembrò un giornale dove ci fosse spazio per una certa libertà di espressione. O almeno questo davano ad intendere i suoi promotori ed i suoi padri tutelari. E ancora sembrava una possibile tribuna per chi pensasse cose non allineate, sgradite alla casta al tempo dominante. Ho conservato tenacemente questa opinione, nonostante i tanti passi falsi della linea editoriale del giornale che, per ovvi motivi di tutela della bottega, diventata nel frattempo un megastore, si abbracciava ai tanti bucanieri che si sono avvicendati sulla scena politica, tacendone colpevolmente le magagne ed esaltando i pure possibili meriti.
Per un certo tempo, durato quasi tre anni, ho persino collaborato alla rubrica la "parola ai lettori" dell'edizione napoletana del quotidiano, senza mai approfittare dell'occasione per interessi personali o di gruppo. Scrivevo quello che pensavo in relazione a certi fatti della vita cittadina con la soddisfazione di aver visto pubblicate una ventina di mie lettere. Che in qualche caso creavano repliche e civili dibattiti. Poi, per motivi assolutamente futili che, per rispetto di chi mi legge e per personale decoro ometto, è calata la scure censoria sulle mie lettere.
Un ostracismo spiegabile solo con la minutissima misura umana di un redattore di quel giornale. Una volta capita l'antifona, mi sono divertito a sfotterli in ogni modo, inviando lettere grazie alla complicità di amici, puntualmente pubblicate. L'importante è che non ci fosse la mia firma in calce alla mail.
Una volta ho anche tentato, sotto falso nome, di lamentarmi sul fatto che quello spazio che, ripeto, si chiama "parola ai lettori", era diventata una palestra dialettica dedicata, con poche eccezioni, alle esternazioni di politici o di rappresentanti di gruppi associazioni ed istituzioni. Chiedevo, con finto stupore, che necessità avessero, ad esempio, un consigliere comunale ed un tecnico incaricato di lavori pubblici di scambiarsi invettive ed accuse attraverso quello spazio. Ma non era una zona del giornale riservata agli umori di chi legge? Questi papaveri di mezza tacca non avrebbero potuto comunicare direttamente o chiedere - e sicuramente ottenere - ospitalità in altri settori del quotidiano?
La triste verità è che anche questa risorsa dei poveri cittadini napoletani, che sembrava una riserva indiana, è in realtà occupata dai politici locali attraverso i loro uomini di redazione. E questi fanno il bello ed il cattivo tempo. E non solo rispetto al caso minimo del vostro etrusco che non vede più pubblicate le sue riflessioni. C'è un blocco sostanziale che riguarda il modo di fare informazione, disposto a compromessi con tutti purché ci sia o un utile politico o una marchetta commerciale. E le tecniche sono pesanti ed invasive: dalla scelta o eliminazione dei collaboratori, alla esclusione della notizia non gradita ai manovratori.
L'ennesima delusione, ancora più cocente perché nelle nostre speranze era cresciuta l'idea di un mezzo di informazione creato per uno spaccato di società non collegato da tessere di partito, ma da sintonie morali.
Così va il mondo, non lo cambieremo con i lamenti. Però finché esistono ambiti di libertà, meglio percorrerli, senza timore.

1 commento:

giuseppe ha detto...

ormai leggo solo più "il fatto quotidiano".... forse ancora si salva!