lunedì 4 giugno 2012

se scelgo il silenzio..

In questo Paese, per la causa della libertà di opinione o forse anche parzialmente a ragione di essa, c'è stata una guerra civile. Di cui più passa il tempo e minori sono le possibilità di ottenere informazioni effettive. Cioè che non siano il frutto della violenza dei vincitori o del vittimismo dei perdenti. I quali ultimi, sotto spoglie svariate, sono da tempo riemersi a far capire che potrebbero pure aver perso una battaglia, ma la guerra vera è ancora in corso e le truppe della loro crociata non hanno mai smesso di pugnare.
Per uscire dal cul de sac, accettiamo una specie di dogma: la libertà di opinione esiste in Italia.
Qualche esempio apparente potrebbe ricavarsi dai social network e dai blog. Io mi faccio il mio blog e scrivo un diario interattivo, concetto ad onor del vero un po' antitetico, ma che dovrebbe riflettere il mio pensiero ovvero il maldipancia del momento. Il sistema è così concepito e i mugugni rispetto alle tante castronerie che viaggiono per il web sono malposti. Questa è  la nuova realtà virtuale alla quale "bongrè malgrè" dobbiamo adattarci.
Personalmente ho aderito da qualche anno alla soluzione blog e mi presento ai miei improbabili lettori come etrusco. Nel frattempo ho ceduto anche alla voglia facebook, inserendomi in siti dove in prevalenza ci sono giovani "postatori".
Che in qualche caso dicono fesserie a iosa, senza il minimo controllo neppure della logica delle esternazioni. Credo sia profondamente giusto. Avere poco più di venti anni e rimasticare pochi elementi cognitivi digeriti in famiglia oppure sproloquiare per slogan è un diritto! Il fatto stesso di rendere per iscritto un'elaborazione mentale porta avanti con il lavoro. Che, ahiloro, si completerà con il passare degli anni e la constatazione che molti degli argomenti di tradizione familiare si sono dimostrati superati dai tempi ovvero in contrasto con la realtà percepita. E che tante delle avventate frasi della gioventù assumeranno addirittura un sapore beffardo, se confrontate con un'onesta analisi delle vicende della propria vita.
A questi giovani l'augurio di poter sempre continuare ad esprimersi secondo coscienza. Anche quella che nel tempo matureranno e che potrà porsi in antitesi completa con gli odierni ardori.
Diventa invece assai difficile accettare le parole di soggetti di età avanzata che, ancora oggi, a distanza di sessantasette anni dalla fine della guerra, continuano a parlare come se stessimo affrontando il referendum costituzionale sulla forma della nazione ovvero stessimo vivendo il clima di frontismo degli anni '50.
E' passato il tempo anche per loro? Hanno vissuto o si sono fatti ibernare nel frattempo? Solo una possibilità del genere rende plausibili le loro "intemerate" populiste ovvero parole che sono soltanto susseguirsi di slogan in voga nell'immediato dopoguerra. Che cosa hanno fatto questi signori nel frattempo? Hanno partecipato alla lotta in prima persona pagando tutti i prezzi che l'esposizione comporta? Oppure si sono semplicemente ritagliati il ruolo di grilli parlanti con riserva di ogni forma di censura?
E ancora: snocciolare "pronunciamenti" senza un filo logico, privi di una proposta concretamente adattabile alle necessità del momento, è operazione di intelligenza politica?
Io credo proprio di no. Ed è ancora più amaro prendere atto di fenomeni del genere se provengono da soggetti in teoria capaci e qualificati. Occasioni perse per i contesti di riferimento e persino umana delusione: fare i conti con se stessi è sempre l'esame più difficile.

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