mercoledì 17 ottobre 2007

artisti e crisi d'età


Sono tanti 64 anni per un artista? Forse no se ci sono ancora idee e voglia di esplorare i percorsi infiniti dell'arte. Tante volte tuttavia abbiamo davanti ai nostri implacabili occhi di spettatori figure di attori, cantanti, musicisti pittori e quant'altro che si trascinano integrando la produzione con opere che non sono all'altezza dei tempi di più felice ispirazione. Troppo spesso si tratta di persone che non sanno fare altro o quasi. Una vita sul palcoscenico o comunque dedicata alla propria arte. Succede anche per i pochi veramente grandi che hanno brillato di luce propria e non per semplice induzione mediatica. Per il vostro blogger Etrusco la voce ed alcuni brani di Caetano Veloso rappresentano il non plus ultra della musica contemporanea. Un vero innamoramento, consolidatosi nei 4 incontri dal vivo, con il possesso della collezione completa del baiano, oltre 30 cd, e con la lettura di due libri a tema. Mi è sembrato di non poter conoscere musica migliore ed ho corso il rischio di perdere il sano senso della critica. Ma l'uomo Veloso, che si vanta di vivere di contraddizioni, mi è venuto incontro. Alcune produzioni degli ultimi anni mi sembrano quantomeno discutibili ed in assoluta discontinuità con il Veloso più amato. La svolta artistica ed umana, contrassegnata anche dalla separazione dalla seconda moglie, Paula Lavigne, non è dovuta al caso. Il baiano ha deciso di inseguire il suo credo tropicalista con sonorità nuove, talvolta al limite della cacofonia. Ispirazione che percorre nuove strade, costi quello che costi, pur nella piena consapevolezza da parte dell'artista che il suo pubblico si attende da lui quelle soavità che lui solo sa profondere nella voce serica e nelle melodie. Un tentativo di uscire dal cliché del cantante raffinato che nel tempo si è cucito addosso. Certamente Veloso ha questa libertà, la stessa che ha il suo pubblico di aficionados di non comprare e non sentire quest'ultima produzione. E tra questi io, chiedendomi dove sia il giusto: pretendere che l'icona riproduca se stessa all'infinito, anche se in crisi di entusiasmo; ovvero che si faccia prendere da illuminazioni che portano verso altri confini musicali, talvolta incomprensibili o forse di più aspra percezione.

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