mercoledì 1 ottobre 2008

il familismo amorale


Nel 1958, l'antropologo americano Edward Banfield, coniò l'espressione "familismo amorale" per descrivere il comportamento degli abitanti di Chiaromonte, un piccolo paese della Basilicata, a cui fu dato il nome fittizio di Montegrano, oggetto di una sua analisi pubblicata con il titolo The moral Basic of a Backward Society (Le basi morali di una società arretrata).

Secondo Banfield, l'estrema arretratezza di Chiaromonte era dovuta "all'incapacità degli abitanti di agire insieme per il bene comune o per qualsivoglia fine che trascendesse l'interesse immediato del proprio nucleo famigliare". Ciò che particolarmente colpì lo studioso americano era la quasi completa assenza di vita associativa e l'estrema frammentazione del tessuto sociale se confrontata con quella di una tipica cittadina americana dell’Utah, St. George, dove l'antropologo aveva appena concluso uno studio sociologico.

Per Banfield, gli abitanti di Montegrano, erano totalmente incapaci di unirsi e cooperare per far nascere scuole, ospedali, imprese o qualsivoglia forma di vita sociale organizzata e di pubblico interesse. Egli sosteneva che, all'origine di quest’anomalia sociale, dovuta alla diffusa sfiducia istituzionale, assenza di spirito civico, mancanza di competenza e partecipazione politica, vi fosse un elemento eminentemente culturale e morale, un ethos tradizionale fissato nelle abitudini e nei costumi secolari della popolazione. Questo ethos, lo chiamò "familismo amorale" e lo riassunse così: "Massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo".

I familisti di Montegrano, non erano solo diffidenti verso i vicini, gli amici e verso qualunque forma di cooperazione, d’associazione e d’iniziativa pubblica, ma anche verso gli altri parenti che consideravano in competizione per l'acquisizione di risorse scarse.

E, seguendo un'interpretazione già suggerita dallo stesso Banfield, numerosi osservatori italiani e stranieri, hanno identificato nel "familismo amorale" il tratto caratteristico della cultura politica degli italiani, di un ipotetico "carattere nazionale" che affonderebbe le proprie radici nella storia più remota della società italiana, spiegando la gracilità e instabilità del suo sistema democratico.

Banfield, dopo un po' d’anni, per una verifica alle sue tesi, ritornò nella cittadina italiana, ma subito constatò che nessun progresso sociale era avvenuto, tanto, che finì per affermare che non c'erano speranze neppure per il futuro.

Dalle mie parti, quando osservo la gente che abita in case sfavillanti, ma circondate da degrado; gente che non ha nessun riguardo per tutto ciò che è comune e non fa niente per migliorare o sollecitare chi dovrebbe garantire un decoro sociale; gente impregnata d’egoismo e senza ritegno, non posso che avallare l'analisi di Banfield.

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