lunedì 22 luglio 2013

or tu..sei Maresca - sei un avvocato se..

Sul mio amato facebook mi sono imbattuto - a completa mia insaputa - in un sito che offre ogni giorno spunti di riflessione per le tante vicende che mette in campo. Si chiama "sei un avvocato se..." ed è frequentato in prevalenza da giovani colleghi che con pudore e tanta freschezza pongono domande sui molti dubbi professionali legati all'inesperienza. 
Una casistica completa ed incisiva di situazioni umane che andrebbe esaminata dai Ministro della Giustizia se davvero volesse capire  quali siano i reali problemi della categoria. 
Dal momento della scelta,  a seconda dei casi volontaria o necessitata, del ruolo di avvocato, alle tante vicissitudini e difficoltà personali e professionali che si pongono  ad un soggetto che abbia imboccato quel difficile percorso lavorativo.
Mamme in difficoltà perché non sanno come provvedere alle necessità di figli piccoli, giovanotti di belle speranze e poche lettere che provano ad imporre il proprio entusiasmo, mestieranti che se la cavano con sistemi empirici e talvolta indovinati, tromboni falsamente magniloquenti che si parlano addosso invocando etiche professionali e scelte di parte politica.
C'è veramente tanto da apprendere nel labirinto affollatissimo dell'avvocatura italiana. Non mancano errori formali, prontamente rilevati dai polemisti d'occasione che fanno partire filippiche sui criteri di selezione.
Che parliamoci chiaro, non esistono quasi più. Le prove d'accesso, nonostante il numero esorbitante di avvocati già  operanti in Italia, non hanno quelle caratteristiche di severità o complessità che servirebbero quanto meno a far un po' di spazio a quelli disposti ad impegnarsi e studiare con impegno.
Un giovane neo laureato in giurisprudenza  dei tempi nostri non ha altra strada da tentare che quella della libera professione. Posti da lavoratore dipendente non ce ne sono più o sono così pochi - spesso già assegnati - da scoraggiare anche il più studioso dei neo-dottori. E allora si parte con la borsa regalata dal padrino della prima comunione e si affronta il pelago infinito di questo meraviglioso mestiere.
Incertezze, timidezze e timore di sbagliare, il tutto spesso mascherato da una apparente sicurezza che sfocia talvolta nell'aggressività nei confronti del mondo esterno.
Resta un lavoro fantastico che se si potesse fare con i tempi ed i metodi corretti riserverebbe ulteriori positive sorprese quanto a maturazione del pensiero e del comportamento.
Forza giovani avvocati, non lasciatevi intimorire dai tromboni e dalle loro presunte capacità e conoscenze. Spesso ne sanno meno di voi, ma il pagliettume riesce sempre a trovare l'espediente o l'escamotage dialettico che vi faranno sentire in colpa.
Fregatevene e andate avanti per la vostra strada, coltivando il dubbio come massimo fiore del pensiero umano.
Mi raccontavano gli anziani un episodio accaduto un tribunale del Sud. L' avvocato d'ufficio era impegnato nella difesa di un ladro, preso in flagrante reato e portato presso i Carabinieri dove aveva inscenato una strenua resistenza alla forza pubblica.
Al processo, il difensore del soggetto accusato di furto, tal avvocato Maresca, si impegnava da ore in una perorazione accorata sulle cause sociali che avevano portato il suo assistito ai margini della società e lo facevano vivere di espedienti. Accenti lirici che risuonavano per l'aula di giustizia da oltre tre ore affinché la corte potesse trovare nei gesti dell'imputato una giustificazione sociologica.
Il povero PM, che di fronte ad un caso di flagranza di reato non si era nemmeno letto le carte, si sentì in dovere di articolare una sia pur minima requisitoria. Davvero minima, perché espletata la formula di rito di saluto alla Corte così si rivolse all'accaldatissimo e stremato avvocato difensore: "or, tu sei Maresca, quindi: esca del mar. Non ti dispiaccia il mio pesce pigliar.." 

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