giovedì 12 giugno 2014

Divieto di calcio e gastronomia

Credo abbia ragione Alessandro Bergonzoni quando invoca l'esilio e l'estradizione per cuochi e calciatori. Chiede almeno undici anni di interdizione, con divieto assoluto di trasmettere calcio e gastronomia in televisione. Non so perché proprio undici anni, ma se ci pensate bene, eliminando dai principali palinsesti questi due spolpatissimi temi resta poco. 
Giusto quelle facce di sedicenti politici che si parlano addosso in una pantomima litigiosa gridando all'inciviltà dell'altro che non consente di terminare un fondamentale concetto. Ma quale concetto? Nella maggior parte dei casi si tratta di argomenti così stentati e mal esposti che sarebbe meglio un obbligo generale di silenzio.
Ma mi direte, così finisci per eliminare la democrazia. Rispondetemi voi: conoscete per caso la democrazia? Percorrendo i miei sessantasei anni e passa non ne ho vista traccia. Gli ambienti che ho frequentato, tutti e senza eccezioni,  mi hanno sempre più confermato che in ogni ambito c'è un gruppo di potere che impone le regole agli altri. Non mi ricordo di casi applicati di reale democrazia, di volontà generale che diventa norma per dare forza effettiva al patto sociale. 
Ieri notte ho preso la pessima decisione di assistere ad una finta gara sportiva. Il nome del vincitore era già scritto da tempo. Con tutti gli ingredienti per preparare il manicaretto. Compreso l'arbitro che era in quel posto soltanto per dare esecuzione agli ordini di scuderia che imponevano un certo copione. Il Brasile doveva vincere ad ogni costo la partita inaugurale del mondiale contro la povera Croazia. E forse la real politik imporrà la vittoria finale della squadra sudamericana, a prescindere dal merito effettivo. Per ragioni di politica interna di quel Paese, per la pace sociale, per evitare altri disordini, perché  non si può fare altro che rispettare gli equilibri dei vertici del calcio mondiale.
E il nostro baraccone nazionale tutto montato per dare spazio a questa enorme messinscena. Inviati speciali, ospiti con l'occhio spento, opinionisti del niente. Da quest'anno persino un contro canto fatto direttamente dalla RAI. Il povero Max Giusti chiamato a friggere con l'acqua in una mortificante esibizione di nullità assoluta.
Molto meglio il mio sport da dilettante, i miei sfoghi talvolta inopportuni con il compagno di doppio che puntualmente mi sfancula. Siamo dei signori anziani che, con la scusa della linea e del fatto che fa bene alla salute, ci aiutiamo l'un l'altro,  senza saperlo, a tirare avanti.
A non mollare ed a scansare l'altro incubo dominante che impone magnate ed abbuffate  a tutti i costi di cibi sempre più strani ed elaborati. 
Con gare e confronti tra chef e finti chef per creare il piatto perfetto. Uomini e donne di tutti i tipi, di ogni età e condizione mentale, si sfidano davanti alle telecamere, confinati nelle angustie di un segnatempo che impone di completare il manicaretto entro un certo termine.
Il contrario della vera cucina, piacere per raffinati che dedicano alla stessa il tempo necessario. Molto o poco, a seconda dei casi, ma senza rompiballe che ti cronometrino il tempo necessario.

Nessun commento: