venerdì 14 settembre 2012

sangue e .. arena

Con un ritardo di circa quaranta  anni, Napoli si è dotata di uno spazio denominato arena del tennis. A via Caracciolo, contigua con i campi del T.C. Napoli  ,di cui quel campo è parte integrante. La spinta alla realizzazione dell'impianto, certamente rapida, è stata conferita dall'amministrazione comunale. Il sindaco ha voluto fortemente il perfezionamento di questo progetto per poterlo annoverare tra i meriti della propria giunta. Su quei campi si svolgerà, tempo permettendo, l'incontro di coppa Davis Italia/Cile.
Dicevo del ritardo. Il tennis italiano ha conosciuto i suoi fasti negli anni '70, grazie ad una fortunata nidiata di atleti che vide in Panatta l'esponente più significativo dal punto di vista tecnico. A quei memorabili tempi lontani, modestissimi cronisti sportivi sollecitavano la costruzione di uno stadio del tennis, ovunque dislocato, appuntando peraltro l'attenzione su quelle aree che si erano venute a creare all'epoca della costruzione della tangenziale. Il suggerimento nasceva dalla possibilità, allora esistente, di utilizzare gli spazi di "verde attrezzato" che gli strumenti urbanistici offrivano proprio in prossimità della nuova arteria cittadina che stava crescendo.
Giova ricordare che grazie alle buone imprese degli azzurri di Davis, gli anni '70 erano epoca di boom del tennis e delle scuole di addestramento. Pensate che in alcuni maggiori circoli (tre o quattro potevano essere legittimamente definiti tali) ci voleva la raccomandazione di un politico locale o nazionale per poter veder inserito l'aspirante tennista nelle SAT - Scuole Addestramento Tennis - che potevano contare su centinaia di iscritti ai corsi.
La situazione attuale è effettivamente diversa. Anni di gestione burocratica e talvolta rapace da parte di Federazione nazionale e propaggini locali, hanno ridimensionato i numeri di quel fenomeno. A completare il quadro, ha contribuito anche l'estendersi a macchia d'olio di tante altre discipline concorrenti che ha di fatto impoverito il bacino di utenza del tennis.
Ma ecco che solo nel 2012, sotto la spinta del Sindaco, nasce questo spazio, apparentemente suggestivo perché su uno dei tratti più panoramici della litoranea cittadina. 
Da semplice osservatore della realtà locale, rilevo  che con la costruzione dell'impianto si è sottratta alla libera fruizione della cittadinanza una parte del lungomare per creare una struttura privata di cui, a parte una o due occasioni di apertura al pubblico pagante per i possibili tornei maggiori, usufruiranno soltanto i soci del Tennis Club Napoli. 
Sorgono così una serie di domande sulla legittimità di questa "ablazione" dalla sfera del patrimonio pubblico per creare vantaggio ad una struttura di natura privatistica, che ricordiamolo bene, sorge pur sempre su suolo demaniale attraverso il meccanismo della "concessione".
Non ho gli strumenti tecnici per inquadrare l'opera dal punto di vista dell'impatto ambientale. A braccio dico che un manufatto prevalentemente in cemento di questo genere rappresenta una discontinuità fisica evidente con il naturale sviluppo della strada litoranea.
Probabilmente urbanisti ed architetti potrebbero esprimersi sul punto. A me sembra soltanto una propaggine di cemento proiettata nel mare, priva di quel garbo estetico che avrebbe meritato uno dei tratti stradali più belli del mondo. 


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