domenica 25 gennaio 2009

Se il castello potesse parlare


Ho seguito con interesse vivissimo lo scambio epistolare tra il prof. Pagliara ed il regista Wetzl a proposito di lavori post terremoto realizzati a Bella, il Paese del potentino dove risiedo. A mio parere, l’impatto visivo dei due manufatti in discussione, il Castello e la scuola comunale, è a dir poco catastrofico. Certamente si tratta di un’opinione. Ma trovo estremamente condivisibile il richiamo allo spirito “colonialista” operato da Fulvio Wetzl. In molti dei nostri paesi dell’Alta Irpinia e del potentino l’utilizzo improprio dei fondi per la ricostruzione è davanti agli occhi di tutti. A ricordo imperituro di quella convulsa fase storica, restano opere di restauro monumentale ed inserimenti di arredo urbano dai toni surreali e spessissimo avulsi da ogni collegamento con la storia, per quanto minima, del centro che li ospita. Perché in quel periodo la corsa all’accaparramento dei fondi della ricostruzione assunse toni grotteschi: gli amministratori locali non potevano in alcun modo perdere l’occasione per appropriarsi di rivoli di finanziamenti che, in caso di inerzia, sarebbero andati perduti o peggio destinati all’odiato Paese vicino. E anche quando il patrimonio architettonico era modesto, “un rudere,” ripetendo la definizione del prof. Pagliara a proposito del castello di Bella, non meritava l’accanimento recuperatorio con il quale è stato definitivamente profanato. Occorreva piuttosto una ricerca sulla storia di quel Paese degna di tal nome per dare a quelle pietre il decoro che meritavano, non di più o di meno. Sempre ricordandosi tutti che oggetto dell’intervento era un bene patrimonio della collettività, da recuperare a beneficio diretto o indiretto dei cittadini. Quanto ai finanziamenti pubblici di cui si lamenta la misura misera e la lentezza di erogazione, è elemento di comune sapere che avendo come committenti gli Enti territoriali si è esposti a questi fattori di rischio. E proprio per queste circostanze speciali i progettisti chiamati ad operare devono fornire non solo prova di capacità tecnica, ma principalmente di senso di responsabilità e della misura per evitare di dare vita a mausolei incompiuti. Purtroppo i fatti restano incontestabili. Una rilevante quantità di denaro pubblico è andato sprecato, senza centrare alcuno degli obiettivi. Né quello di miglioramento del patrimonio monumentale, né quello di offrire alla collettività una struttura fruibile. Per fare opera così modesta non occorreva scomodare un cattedratico di chiara fama. Bastavano i tecnici locali.

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