giovedì 14 novembre 2013

di ignoranza non si muore

I tempi dell'attesa in un qualunque ufficio. Mi raggiunge una signora che amabilmente mi rimprovera di non averla riconosciuta, ma mi saluta con un bacio. Collega più giovane, non ancora cinquantenne, che ricordo bene, poco più che ragazzina, agli esordi dell'esperienza lavorativa. Poi percorsi comuni politico sindacali che per lei continuano, mentre io, da oltre dieci anni, sono fuori dall'ambiente. 
Qualche convenevolo di reciproco conforto sul come affrontiamo bene l'età. Vabbe.. E poi una lunga stimolante conversazione sui percorsi di vita e di ricerca personale. In due occasioni la mia interlocutrice, che mi aveva appena detto di essere diventata "counselor", sostiene che il mio approccio esistenziale è di stampo "rogeriano". 
Devo aver fatto una di quelle facce beote - che mi riescono benissimo - quasi  a dire: "e che me lo dici a fare? Io e il signor Rogers siamo una cosa". Ovviamente non so chi sia e nemmeno quale sia o sia stata la sua specialità  Devo presumere che si tratti di uno psicologo, terapeuta, ma di quelli importanti. Lei mi sgama e mi illustra in breve chi sia Carl Rogers. Ora, attraverso le parola della signora, so di essere, assai involontariamente, un seguace delle teorie di questo quasi Nobel, una specie di Roberto Vecchioni, almeno quanto a riconoscimenti mancati. 
Concludo  il cordiale incontro e penso con sgomento alla quantità di cose che ignoro. 
D'accordo, non si può sapere tutto, né pretendere l'impossibile dalla propria testa. Ma volete mettere il disagio di sapere che c'è uno scienziato che la pensa proprio come te? Mentre tu ignori completamente della sua opera e rimpiangi magari quanto ti avrebbe fatto bene leggere qualche pagina decente in più. 
Sacrificando ad esempio qualche ora dedicata al sempre più patetico tennis. Che ormai è diventato per me, che gioco quasi esclusivamente il doppio, una specie di passatempo da anziane signore. 
Ma invece di svolgersi davanti ad una tazza di tea e pasticcini di buona fattura, lo svago si sviluppa su un campo di terra rossa. Con altri tre anziani, travestiti da tennisti, pronti a sfottersi per ogni palla che, colpita in modo sempre più improprio e fortuito, termina la sua corsa in modo favorevole, guidata dal caso, piuttosto che dalle nostre intenzioni. 
Pare che anche questo tipo di impiego del proprio tempo abbia aspetti positivi. E possa servire a raggiungere quel  "rogeriano" progetto di "autorealizzazione", attraverso un accordo tra la valutazione/accettazione dei valori suggerita dall'esterno e quelli conformi alla richiesta di autorealizzazione.
Per fortuna c'è Wikipedia: ma comunque, a dirla tutta,  tra il mio goffo dritto e le sempre meno mobili mie gambe io vedo accordo decrescente. Chissà che non stia diventando, sempre inconsapevolmente, un oppositore di Carl Rogers. E che mi possa ritrovare, come già in passato De Lorenzo e Scilipoti, ad essere un candidato al premio Nobel. Una promessa, in quel caso sono pronto a portare a Stoccolma, a spese mie, tutti gli amici!

1 commento:

mariano ha detto...

Carl Rogers lo conosco, ma per averlo incrociato durante i miei studi da psicologo prima e da psicoterapeuta poi, non per altro!