lunedì 11 novembre 2013

la farsa del derby e i falsi maestri di pensiero

Per mia fortuna ho tra gli amici di Facebook alcuni giovani, uomini e donne. Che invece di ignorarmi e di non filarmi manco di striscio mi riservano attenzioni  affettuose. 
Attraverso questo strano incrocio di "amici ed amici degli amici" leggo talvolta commenti che mi lasciano quanto meno perplesso. Parlo delle invettive contro squadre di calcio diversa dalla propria, ovvero di "santioni" (leggasi bestemmie) altissimi, spediti all'indirizzo dei tifosi di altra fede. Ad inquietarmi tanto è  la qualità, vera o presunta, di chi si lascia andare così pesantemente. In alcuni casi professionisti con ottimo pedigree, che vorrei immaginare a fronteggiare e superare i mali di pancia calcistici e che invece impegnano tutta la loro indignazione a censurare i supporters avversari, ovvero peggio ad augurare loro ogni sorta di male, senza esclusione di gravità o localizzazione.
E' mai possibile che il "tifo" possa ottundere  così gravemente la capacità di ragionamento, impedendo di attivare quelle normali forme di contenimento della propria rabbia? Ripetere senza tregua che una certa squadra ruba, oppure invocare fuochi e vulcani purificatori su intere popolazioni ha un senso umano? O non si tratta piuttosto di manifestazioni scomposte e fanatiche che ci portano a pensare che quelle stesse persone potrebbe partecipare a squadroni della morte ovvero teorizzare la saponificazione dei "nemici"? Spero di esagerare.
Qualcuno ha osservato che con il tramonto delle ideologie politiche che hanno diviso le masse  nel secolo precedente residuerebbero soltanto queste passioni sportive ad accendere gli animi, ahinoi diversamente piuttosto smorti, di giovani e meno giovani.
Leggo persino un aspirante "maitre à penser" il quale, piuttosto che riportare a regime i personali livelli di scoramento  sportivo post sconfitta, approfitta dello spazio che la stampa gli concede per avviare una rancorosa campagna di invettive contro gli striscioni o i cori contrari alla propria squadra del cuore.
Non mi pare che faccia un buon uso della notorietà, peraltro  legittimamente conquistata, nonché dei conseguenti spazi mediatici messi a sua disposizione.
Dovrebbe utilizzare quelle opportunità per tentare un rasserenamento generale di quell'ambiente sempre più imbecille che si sta raggrumando intorno alle vicende del calcio.
Non possiamo poi sorprenderci o ipocritamente censurare i fatti se arriviamo ai blocchi di partite da parte degli ultras. Si tratta di masse pilotate da pochi, al soldo degli  interessi di pochissimi, capaci anche di delinquere o minacciare o rendere la vita difficile agli atleti di cui si dicono supporters.
Ma, si potrà dire, ci troviamo in settori di ignoranza e di sottocultura, in zone dove la palla che rotola è rimasta la sola cosa attraente e come esclusivo argomento di conversazione.
Chi invece  ha cervello e aperture mentali li dovrebbe necessariamente impiegare per riuscire a sdrammatizzare anche la delusione di una gara storta. Così ci si accredita come persone di cultura e di spessore. Diversamente si resta a starnazzare nell'ampio cortile di casa,  impersonando una delle tante macchiette da vernacoliere.