domenica 9 febbraio 2014

pedate e democrazia

Chi si  diverte come il vostro amico etrusco a seguire la palla che rotola deve pure porsi delle domande. Ed in certi casi non tutte le risposte hanno un sapore piacevole.
Praticamente dalla nascita sono tifoso del Napoli, dei suoi colori ed ho assistito alle alterne fortune della mia squadra, seguendola persino con un abbonamento in serie "B".
Ho una personalissima concezione di questa mia passione, per quanto possibile lontana dai visceralismi che pare siano una caratteristica immancabile dell'essere "tifoso".
Il mio Napoli non è quello dei momenti d'oro, la sua immagine non combacia con quella dello squadrone che ha vinto molto alla fine degli anni '80. Resto legato alla squadra media, con molti ragazzi del posto come giocatori, che a fine campionato godeva di qualche rigore in più ed era salva. Si, non lo nego, ho nostalgia per quelle formazioni un po' sbilenche dove il cuore valeva tanto e molto meno le considerazioni commerciali e di portafoglio. 
Atleti simbolo che si potevano chiamare Vinicio, leone che segnava anche da zoppo; Iuliano, nippo-partenopeo quanto a fatica impegno e voglia di sudare; Swoch, tenace punta  di caratura media, che però non mollava mai e dava l'esempio ai compagni neghittosi. 
Non ho nominato altri più celebri interpreti, magari innalzati al rango di divinità cittadine, forse perché incarnano  meglio di tanti approfondimenti sociologici il bene ed il male di questa povera città.
Tornando ai tempi nostri, l'attuale dirigenza ha meriti innegabili. 
Alla fine di un ciclo penoso, prende uno straccio di squadretta in serie "C": Squadra? un favore a chiamarla così! Non aveva più niente da offrire, nemmeno i palloni ed il materiale per gli allenamenti. Tanto che Montervino e Montesanto, due militi ignoti passati sotto le bandiere azzurre, anticiparono di tasca loro i quattrini per poter comprare quanto serviva. 
Dicevamo del cinepanettonaro alla guida della società. Da subito  impone il suo stile, assolutamente discutibile per arrogante cialtroneria, ma riesce ad affermarlo, senza tentennamenti. Che volete che importi se ogni sua esternazione meriterebbe una sequela di paccheri? Tiene comunque la barra dritta, negando il diritto di parola agli altri e riesce a ridare credibilità al club, sia pure alle sue regole.
I sedicenti tifosi, che si sentono esclusi da questa atmosfera da organizzazione modello, iniziano una martellante campagna denigratoria, rivolta al presidente, ma attualmente indirizzata principalmente al tecnico. Che, a loro modo di vedere, non è adeguato, troppo sfrontato a volte, timoroso altre.
La dirigenza De Laurentiis sta dando dimostrazione, se bisogno ne avevamo, di come sia necessario  gestire le cose in questa città, che si tratti di pallone o della amministrazione civica. Una città che si nega volontariamente alla crescita democratica, preferendo la concezione del favoritismo di piccolo cabotaggio, del familismo amorale, di tutte le scorciatoie apparentemente furbe, purché nulla cambi.
E allora ecco che il primo ducetto da sberleffi si prende la scena e diventa protagonista di cicli virtuosi, perché stronca sul nascere  qualsiasi idea diversa dalla propria.

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